Sindrome da stanchezza cronica: nuovi criteri diagnostici per una malattia 'fraintesa'
di Maria Rita Montebelli
Un panel di esperti dell’Institute of Medicine ha appena pubblicato i nuovi criteri diagnostici per questa malattia. E visto che il suo nome risulta fuorviante e penalizzante per i pazienti, è stato proposto di ribattezzarla con un altro che ricordi più da vicino la sua natura organica: Systemic Exertion Intolerance Disease. Ancora sconosciute le cause, ma sono milioni le persone interessate
11 FEB - Ci sono malattie che nascono col nome sbagliato. Fatto questo che ne condiziona non solo il tempestivo riconoscimento e trattamento, ma che può finire addirittura con il ghettizzarle in un limbo di indifferenza o di sottovalutazione.
È il caso ad esempio della
chronic fatigue syndrome (il cui nome completo è
Myalgic Encephamomyelitis/Chronic Fatigue Syndrome o ME/CFS), una delle malattie probabilmente più fraintese della storia. Il nome che le è stato attribuito infatti rimanda nella migliore delle ipotesi ad un disturbo psicologico, che facilmente si ammanta di sfumature negative; di qui il pregiudizio che il paziente affetto da CFS sia un soggetto lamentoso, ma sostanzialmente in buona salute.
Nulla di più falso, tuonano i componenti del
panel dell’
Institute of Medicine (IOM), che ha appena rivisto i criteri diagnostici e le caratteristiche cliniche di questa sindrome, su richiesta del
Department of Human and Health Services e di altre cinque agenzie federali americane.
E tanto per cominciare, per uscire dall’equivoco di questo nome, che si presta così tanto ad essere frainteso, gli esperti di cui sopra hanno già pensato ad un’altra denominazione, che richiami più da vicino la natura del disturbo:
Systemic Exertion Intolerance Disease (SEID). A questa nuova definizione il
panel dell’IOM chiede anche che venga assegnato un codice
ad hoc all’interno della decima edizione della classificazione internazionale delle malattie (ICD-10).
Un’importante caratteristica clinica di questa malattia è il profondo malessere che il paziente presenta dopo uno sforzo (
Post-Exertional Malaise o PEM). Uno sforzo anche leggero può scatenare un ‘collasso’ o una ‘recidiva’ di questo malessere profondo, che può arrivare a durare diversi giorni o settimane. La nuova definizione proposta, contenendo già in sé il concetto di PEM, descriverebbe dunque meglio la malattia.
La revisione dei criteri diagnostici della ME/CFS è stata effettuata sulla base dell’
expertise clinica dei membri del
panel e della revisione della letteratura in materia.
Secondo i nuovi criteri, per poter far diagnosi di
Systemic Exertion Intolerance Disease è necessario che il paziente presenti almeno i tre seguenti sintomi, che devono essere presenti per almeno la metà del tempo, con un’intensità da moderata a grave:
1) una sostanziale riduzione o incapacità di svolgere lo stesso livello di attività personali, sociali, educative o lavorative di prima della comparsa della malattia, che duri da oltre 6 mesi e sia accompagnato da
fatigue, spesso profonda; questo sintomo deve essere di nuova comparsa, non deve essere il risultato di uno sforzo eccessivo e non deve essere sostanzialmente alleviato dal riposo.
2) Malessere successivo ad uno sforzo
3) Sonno non ristoratore
Per la diagnosi deve essere inoltre presente anche una delle seguenti manifestazioni:
1) Alterazioni cognitive o
2) Intolleranza ortostatica
Oltre ai sintomi inclusi nei criteri diagnostici, i pazienti con ME/CFS presentano spesso anche dolore, problemi gastro-intestinali e genitourinari, dolorabilità a livello del linfonodi ascellari e cervicali, ipersensibilità agli stimoli esterni; alcune infezioni possono fungere da
trigger.
La ME/CFS è una condizione debilitante che interessa milioni di persone nel mondo e che è caratterizzata, come visto, da profonda stanchezza, alterazioni cognitive, alterazioni del sonno, dolori e altri sintomi che peggiorano in seguito a sforzi di qualunque tipo. Una malattia dunque che causa disabilità, anche grave (un paziente su quattro, ad un certo punto del decorso della malattia si trova costretto a letto o non riesce più ad uscire di casa) e che genera un danno economico importante (le stime per gli Usa sono di 17-24 miliardi di dollari l’anno, in costi diretti e indiretti). Questa malattia non risparmia neppure l’età pediatrica, nell’ambito della quale la prevalenza stimata varia dallo 0,03 all’1,29%. Molti dei bambini non diagnosticati, vengono erroneamente etichettati come soggetti con ‘rifiuto della scuola’ o ‘fobia della scuola’.
Arrivare a formulare una diagnosi precisa di questa malattia non è compito facile; possono passare molti anni prima che un paziente riceva la diagnosi corretta e, a tutt’oggi, si stima che in assoluto questa condizione venga riconosciuta in meno del 10% dei casi.
La CFS malattia ricordano gli esperti è spesso sconosciuta sia al grande pubblico che ai medici; viene infatti trattata in meno di un terzo dei corsi di medicina negli Stati Uniti e meno della metà dei testi di medicina contiene informazioni su questa patologia.
L’auspicio del
panel di esperti dell’IOM è dunque che questo documento serva a far conoscere meglio questa condizione e a far capire che rappresenta una grave malattia sistemica; questo dovrebbe consentire di arrivare più rapidamente alla diagnosi e dunque al trattamento.
Maria Rita Montebelli
11 febbraio 2015
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Scienza e Farmaci