Epatite C. Uccide 30 italiani al giorno. Le associazioni: “Che fine ha fatto il Piano nazionale? Subito i nuovi farmaci anche in Italia"
“I nuovi prodotti sono già in commercio in altri Paesi. Da oggi ogni morto in Italia per epatite C è una sconfitta per tutti”, ha affermato Ivan Gardini, presidente di EpaC, in occasione di un convegno promosso ieri. Al Governo le associazioni chiedono anche di sapere in quale modo sarà finanziato il Piano. In Italia 2 milioni e mezzo di persone sono colpite da epatite B e C.
25 GIU - Approvare urgentemente i nuovi farmaci già in commercio in altri paesi ed evitare che i pazienti muoiano per eccesso di burocrazia. È quanto hanno chiesto ieri le associazioni dei pazienti nel corso del convegno “Epatiti virali: un piano nazionale innovativo come punto di riferimento per l’Europa” promosso al Senato dall’Alleanza Contro l’Epatite (ACE) – realtà nata dalla collaborazione tra la Fondazione Italiana per la Ricerca in Epatologia (FIRE Onlus) e l’Associazione pazienti affetti da epatite (EpaC Onlus) - per discutere con istituzioni, medici specializzati in epatiti virali, pazienti e cittadini sullo stato di avanzamento del Piano Nazionale per la Lotta alle Epatiti Virali (PNEV), presentato nel 2012 e ancora in attesa di approvazione.
L’epatite in Italia, del resto, è un’emergenza e i numeri parlano chiaro. In Italia 2 milioni e mezzo di persone sono colpite da epatite B e C. Queste infezioni possono degenerare in cirrosi epatica e tumore del fegato: ogni giorno negli ospedali del nostro Paese muoiono circa 30 persone a causa di queste infezioni virali. L'epatite ha un costo sociale molto alto: ogni anno vengono ricoverate circa 34.000 persone, mediamente per 11 giorni di degenza, mentre il trapianto di fegato ha un costo sanitario di oltre 100mila euro (intervento, rianimazione, farmaci anti-rigetto). “Eppure di epatite si può guarire”, hanno evidenziato le associazioni spiegando che “ci sono nuovi e potentissimi farmaci in arrivo, in grado di aiutare i pazienti a guarire l'epatite cronica virale, aumentare l'aspettativa e la qualità di vita e ridurre notevolmente i costi per il Sistema Sanitario Nazionale nel lungo periodo, grazie alla diminuzione progressiva del numero di epatiti, cirrosi e tumori correlati. Ma l’accessibilità alle cure – denuncia l’Ace - resta ancora la principale criticità, soprattutto a livello regionale, nonostante il Servizio Sanitario Nazionale sia fondato sul principio di universalità”.
L’obiettivo dell’Alleanza Contro l’Epatite è dunque quello di risolvere quest'emergenza nazionale promuovendo un dialogo tra tutti gli stakeholder per individuare percorsi e soluzioni praticabili per garantire ai pazienti l’accesso ai nuovi farmaci fino all’eradicazione totale dell’epatite C nel nostro Paese.“Durante questo incontro ci aspettavamo una risposta dal Governo su alcuni interrogativi ad oggi in sospeso – ha dichiarato
Ivan Gardini, presidente di EpaC Onlus – come ad esempio in quale modo sarà finanziato il piano, se il Ministero stanzierà risorse aggiuntive per le nuove terapie oppure chiederà alle Regioni di trovarle autonomamente. I nuovi farmaci rivoluzionano la cura di questa patologia, con tassi di guarigione definitiva del 90-100% che porteranno enormi risparmi per il SSN: per questo motivo finanziare un piano nazionale non deve essere visto come un costo, ma un investimento in salute per il nostro Paese”.
Per Gardini, “da ora in avanti ogni persona che muore a causa dell’ epatite C è una sconfitta di tutti: delle istituzioni, dei medici, e delle associazioni di pazienti che non sono riuscite a far arrivare il farmaco ai pazienti che ne avevano bisogno”.
Le associazioni dei consumatori sono altrettanto preoccupate e pronte a intervenire, ha dichiarato l’Avvocato
Marco Ramadori in rappresentanza del Codacons che ha ricordato come il diritto alla salute sia il cardine fondamentale del nostro SSN. Gli ha fatto eco
Giulio Maria Corbelli, rappresentante della European AIDS Treatment Group che ha ripercorso le lotte degli attivisti contro l’HIV degli anni 80 evidenziando le similitudini con le quali molti pazienti con HIV sono deceduti perché i farmaci di allora non furono prontamente messi in commercio.
Nella lettera inviata al convegno (vedi approfondimento a fondo pagina) il Ministro della Salute
Beatrice Lorenzin ha comunque fatto sapere che presso il ministero “è stato istituito un gruppo di lavoro, che ha elaborato un Piano Nazionale per la lotta alle epatiti virali da virus B e C, che è nella fase di revisione finale e nel quale sono declinate le attività più appropriate per la realtà italiana, finalizzate al raggiungimento progressivo di obiettivi concreti per prevenire tali patologie e per fornire adeguata assistenza a coloro che ne sono affetti”.
Il Senatore
Renato Schifani, nel suo intervento ha sottolineato che il Governo non intende far mancare nulla a nessuno, ma è necessaria una attenta valutazione delle risorse disponibili, della necessità di uno “scaglionamento programmato” dell’accesso alle cure, e di una imprescindibile concertazione con le associazioni che rappresentano i pazienti cittadini. “La politica è molto sensibile ai temi dell'epatite e non vuole che l'Italia mantenga il primato dei decessi”, ha concluso.
L'On.
Vittoria d'Incecco, membro della XII commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, ha puntualizzato che “non è la prima volta che si parla di questo Piano Nazionale che non è ancora stato attuato: si discute di questo tema dal 6 luglio 2012, quando si è costituito il gruppo di lavoro che doveva implementarlo. Ora potremmo salvare le vite, eradicare il virus, ma stiamo ancora discutendo della sua mancata attuazione. Siamo uno degli ultimi paesi in Europa a non avere ancora approvato il piano. È una vergogna”.
La sen.
Manuela Granaiola, segretario XII commissione Igiene e Sanità del Senato, ha manifestato il suo sostegno all'azione dell'ACE: “All'alba del semestre europeo di presidenza italiana questo convegno è fondamentale per essere punto di riferimento in Europa per la lotta contro le epatiti. Posso assicurarvi che la commissione del Senato farà il possibile per fare pressione sul Governo per l'approvazione del piano”.
La posizione delle Regioni è riassunta dall'intervento della Dott.ssa
Giovanna Scroccaro, responsabile del Servizio Farmaceutico Regionale in Veneto: “Per curare i casi più urgenti possiamo utilizzare i soldi della Regione, ma per dare assistenza a tutti gli altri nei prossimi anni serviranno fondi straordinari eventualmente ripensando al meccanismo del tetto di spesa ospedaliera. Non si può reperire il denaro solo intervenendo sulle sacche di inefficienza: non sarebbe comunque abbastanza per far fronte all'emergenza”
ACE ha quindi ribadito di aspettare l’approvazione del piano Epatiti, così come è stato fatto con altre patologie come l'HIV. “Gli obiettivi strategici del piano nazionale – ha spiegato - sono cinque: accesso diffuso ed uniforme alle cure; maggiore conoscenza del profilo epidemiologico nazionale delle infezioni croniche da virus B e C; riduzione delle infezioni grazie a un programma di prevenzione, screening e vaccinazioni; sensibilizzazione delle categorie a rischio e formazione degli operatori; miglioramento della qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie”.
Per fare in modo che la strategia abbia successo, per l’Ace “è indispensabile il pieno coinvolgimento delle Regioni per garantire l’equità dell’accesso alle cure, sotto il coordinamento di una commissione nazionale presso il Ministero della Salute”.
Per
Antonio Gasbarrini, Ordinario di Gastroenterologia alla Cattolica di Roma, “si potrebbe anche seguire l’esempio degli Stati Uniti, che ha lanciato un programma di screening ad hoc per l’epatite C. La categoria di persone che potrebbe essere analizzata con più attenzione sono i baby boomers, cioè i nati tra il 1940 e il 1965, epoca in cui la trasmissione del virus era endemica nel nostro Paese. Prendiamo ad esempio una donna di 55 anni, una professionista ancora attiva sul lavoro, che fa gli esami di routine per tenere sotto controllo la menopausa. Scopre che ha le transaminasi alte e si sottopone ad un’ecografia con elastografia per capire se ha l’epatite. La diagnosi è di fibrosi moderata. Questa donna può aspettare a sottoporsi alle terapie, ma vivrà con il pensiero che questa malattia possa degenerare in un tumore al fegato. La sua qualità della vita è irrimediabilmente compromessa, rapporti sessuali compresi”. E conclude “arriveranno farmaci nel futuro che porteranno le cure da 24 a 8 settimane, ma se non garantiamo l'accesso uniforme su tutta la penisola ci porteremo dietro i morti di adesso”.
Il convegno è stata anche l'occasione per lanciare il primo video contest ACE sull'epatite virale per sensibilizzare il grande pubblico sul tema delle epatiti. L’iniziativa è aperta a videomaker professionisti e non, e a chiunque voglia parteciparvi (vedi approfondimento a fondo pagina). Il tema del concorso è
“Epatite C: crederCi, guarire, rinascere”. I video devono rappresentare come l’epatite C sia una malattia cronica altamente insidiosa, debilitante e fonte di discriminazione sociale, ma per la quale in un futuro molto prossimo la possibilità di guarire è una realtà, non più solo un sogno.
“Abbiamo deciso di lanciare questo video contest con l’obiettivo di dare risalto ad una malattia che può essere silenziosa per decenni e poi esplodere con conseguenze devastanti per la vita del paziente – ha spiegato
Stefano Fagiuoli, Direttore USC Gastroenterologia ed Epatologia dei Trapianti, Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo - raccontare tutto ciò con immagini, parole e musica è quello che chiediamo a chi è colpito direttamente dalla malattia, ma anche a chi la può vivere indirettamente come familiari, operatori sanitari e tutti coloro che in qualche modo sono interessati a rappresentarla. Con un video, anche di pochi minuti, si possono raccontare anni di sofferenze. Abbiamo deciso di chiamare il concorso “Epatite C: crederCi, guarire, rinascere” per far capire che con cure adeguate e un piano sanitario nazionale è possibile tenere sotto controllo la malattia e anche guarire definitivamente”.
25 giugno 2014
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