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Lotta all’obesità: ora ci si prova anche con i batteri ‘ammaestrati’

di Maria Rita Montebelli

La somministrazione di batteri OGM, cioè ingegnerizzati a produrre sostanze anoressanti e regolatrici del metabolismo, potrebbe essere una nuova possibilità di terapia per l’obesità. E’ una nuova frontiera, proposta da un gruppo di ricercatori americani, che l’hanno testata su un modello murino di obesità poligenica

25 GIU - Uno studio appena pubblicato su Journal of Clinical Investigation, dimostra che alterando la composizione della flora batterica intestinale, si riesce a prevenire o addirittura a combattere l’obesità. Il lavoro della Vanderbilt University di Nashville è stato condotto su animali da esperimento (topi con modello poligenico di obesità), ai quali sono stati somministrati con l’acqua dei batteri ingegnerizzati a produrre N-acil-fosfatidiletanolamina (NAPE); i topini così trattati tendono a consumare meno cibo e questo contribuisce alla perdita di peso.

I tassi di obesità, una condizione che predispone al diabete e alle patologie cardiovascolari, sono aumentati in maniera drammatica negli ultimi 25 anni e non accennano a ridursi. Al momento non esistono presidi farmacologici validi per contrastare questa pandemia e il ricorso agli interventi di chirurgia bariatrica non è certo proponibile per i milioni di persone affetti da obesità.
La dieta richiede una compliance vita natural durante ma i suoi risultati sono spesso modesti e frustranti per il paziente perché possono essere inficiati dalle risposte compensatorie dell’organismo che, di fronte ad un taglio delle scorte energetiche, mette in campo dei meccanismi per difendere quelle che ha già in casa.
 
Anche per questo è necessario trovare delle alternative, battere strade diverse da quelle del passato. Tra i filoni di ricerca più interessanti c’è quello dei rapporti tra il microbioma intestinale e le malattie metaboliche. Il microbioma intestinale, come dimostrato dagli studi di ‘trapianto’ dei germi intestinali da un topo obeso ad uno senza flora batterica, influenza e condiziona il fenotipo metabolico. L’ipotesi di lavoro di questo studio pubblicato su JCI è dunque che, attraverso un’adeguata manipolazione del microbioma intestinale, si possa riuscire a trattare l’obesità. E i ricercatori l’hanno fatto somministrando agli animali da esperimento dei batteri ‘OGM’, dal DNA modificato in modo da produrre composti in grado di aumentare il senso di sazietà e la sensibilità a segnali quali la leptina.
 
La N-acil-fosfatidiletanolamina (NAPE) risponde appunto a questi requisiti; è un composto naturale, prodotto dalle cellule della parte prossimale dell’intestino tenue in risposta al cibo ed ha un effetto anoressante. Le diete molto ricche di lipidi ne alterano la sintesi, mentre la somministrazione di batteri ingegnerizzati a produrla può rimettere le cose a posto. La NAPE è rapidamente sottoposta all’idrolisi della fosfolipasi D, che la converte nella sua forma attiva NAE. A sua volta la somministrazione cronica di NAE inibisce l’assorbimento dei grassi, ritarda lo svuotamento gastrico, riduce l’apporto di cibo e aumenta l’ossidazione degli acidi grassi. Il tutto, agendo attraverso tre recettori: PPAR alfa, TRPV1 e GPR119.

Per verificare la fattibilità e l’efficacia della terapia con i batteri ingegnerizzati, i ricercatori hanno incorporato in un ceppo di Escherichia coli i geni codificanti per una N-acetiltranferasi che catalizza la sintesi di NAPE. L’assunzione di cibo si è ridotta del 15% tra i topini trattati con questi batteri modificati, mentre i livelli di NAPE a livello del colon sono risultati aumentati di due volte; a livello epatico sono risultati aumentati invece i livelli di NAE, che non sono stati rinvenuti però nel circolo sistemico.
 
L’incorporazione dei batteri produttori di NAPE all’interno della flora batterica del colon, secondo gli autori dello studio potrebbe dunque indurre una ‘resistenza’ duratura all’obesità. Questo consentirebbe dunque di aprire la strada ad un nuovo trattamento dell’obesità, attraverso la somministrazione di batteri geneticamente modificati, in grado di produrre NAPE o altre sostanze anoressanti e regolatrici del metabolismo.
 
Maria Rita Montebelli

25 giugno 2014
© Riproduzione riservata

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