Giornata Mondiale contro l'Aids. L'epidemia in Europa non si arresta
di Laura Berardi
Sono stati 131mila i nuovi casi nel continente. Attenzione al dato della "vecchia" Europa (in tutto 29 mila nuovi casi, Italia esclusa) dove il 40% è costituito da "uomini che hanno rapporti con altri uomini". L'epidemia preoccupa soprattutto per l'età bassa dei contagiati. Ma il problema sono anche le ripercussioni a lungo termine delle cure e lo stigma che ancora colpisce le persone sieropositive
01 DIC - Sei informato/a sull'Hiv? Questa la domanda che campeggia sul sito ufficiale della Giornata Mondiale contro l'Aids,
www.worldaidsday.com. La domanda infatti è questa: quanto – a distanza di tre decenni dai primi casi della malattia – il pubblico generale sa dell'Hiv/Aids? È noto a tutti che una persona che ha contratto il virus ma sta seguendo con successo una terapia ha una possibilità praticamente nulla di contagiare il suo partner, anche in caso di rapporti non protetti? È noto a tutti che esistono tecniche per evitare la trasmissione della malattia da madre a figlio durante il parto? È noto a tutti che una persona sieropositiva correttamente curata avrà un'aspettativa di vita simile a quella di ogni altro cittadino?
Proprio per testare la propria conoscenza della materia e aumentare la consapevolezza della malattia nella pagina è linkato anche un
questionario online, per ora solo in inglese, che pone all'utente 10 domande sul tema Hiv/Aids. Lo scopo, tra gli altri, è anche quello di ridurre lo stigma e correggere la percezione della malattia nel pubblico generale.
Quale sia la situazione dei contagi e delle terapie ce lo dicono in questi giorni diversi report e studi. Il primo, su
The Lancet, ricorda come ad oggi nel trattamento delle persone con Aids prendono sempre più importanza le complicazioni a lungo termine della malattia cronicizzata. In altre parole, l'altra faccia della medaglia del migliorato accesso alle terapie antiretrovirali e al loro migliore funzionamento, con conseguente aumento dell'aspettativa di vita delle persone sieropositive, ha fatto sì che oggi la preoccupazione per questi pazienti siano le complicazioni come malattie cardiovascolari e cancro che possono arrivare in età più avanzata. Anche perché il trattamento non “cura” i pazienti, che comunque non vedono il loro sistema immunitario risanato, e anzi l'uso prolungato di farmaci antiretrovirali può avere nei decenni degli effetti tossici, con ripercussioni metaboliche o danni agli organi. Allo stesso modo, fanno più paura le comorbilità, per questi pazienti a cui si è aperta una possibilità inaspettata: quella di invecchiare.
Ma quanti sono, dunque, questi pazienti? I
nuovi dati pubblicati dallo European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) congiuntamente alla sezione Europa dell'Oms parlano chiaro: sono sempre di più. Nel 2012 ci sono state oltre 131 mila nuove infezioni nel continente, 10 mila in più che nell'anno precedente (+8%). Il pericolo Aids è dunque tutt'altro che debellato, e il trend di contagi in continua crescita, seppure asimmetrica, visto che a crescere di più sono le regioni dell'Est europeo e dell'Asia centrale (+9%) e meno quelle dell'Unione europea e della European Economic Area (+1%). In numeri assoluti questo si traduce in quasi 102 mila nuove infezioni nella prima area, e oltre 29 mila nella seconda.
E anche per quanto riguarda i casi di Aids conclamata non c'è da stare tranquilli: se nell'Area Economica Europea il numero di casi è diminuito ininterrottamente dal 2006 al 2012 (-48%), nella parte più orientale della regione i malati di Aids sono aumentati nello stesso periodo del 113%. Un aumento legato a doppio filo con la bassa copertura della campagne di prevenzione e di trattamento con gli antiretrovirali: sebbene il numero di pazienti in cura con questi farmaci sia aumentato dal 2011 al 2012, chi è in trattamento è ancora solo uno su tre, rispetto a chi ne avrebbe bisogno.
E in più le diagnosi arrivano troppo tardi. “I dati mostrano che una persona su due (49%) ha una diagnosi tardiva, che arriva solo quando il sistema immunitario sta già cominciando a collassare”,ha detto
Marc Sprenger, direttore degli ECDC. “Ciò, evidentemente, vuol dire che dobbiamo fare degli sforzi molto maggiori per disseminare l'abitudine a fare il test, oltre che le campagne di prevenzione. E poi bisogna assicurare che a una diagnosi precoce sia subito affiancato un trattamento efficace”.
Soprattutto, a dover essere tutelata, sembra essere quella della categoria definita come “uomini che hanno rapporti con uomini” (MSM), soprattutto se giovani. La percentuale più alta dei 29 mila nuovi sieropositivi del 2012 è infatti in questa categoria (40%, 11877 casi), seguiti da persone eterosessuali (34%, 9944 casi). Molte meno, invece, sono state le persone che hanno contratto il virus a seguito dell'uso di droghe iniettate (6%, 1785 casi).
In particolare, dal 2003 i casi annui tra gli uomini che fanno sesso con uomini di età compresa tra i 20 e i 29 anni sono quasi raddoppiati, mentre sono diminuiti quelli per gli uomini più grandi, dai 30 ai 39 anni. Nelle 15 nazioni incluse nell'
ultima analisi di sorveglianza dell'ECDC (l'Italia non è compresa), i casi negli MSM sono aumentati del 36% passando da un totale di 4501 casi nel 2003 ai 6130 casi del 2012 (con un trend che è rimasto stabile fino al 2008, anno del picco maggiore di 6585 casi). Come già accennato la fascia di età più colpita è stata quella degli uomini tra i 20 e i 29 anni di età, nella quale i casi sono aumentati dell'81%. In percentuale, in realtà i casi sono aumentati maggiormente tra gli under 20, ma il numero di contagi è molto minore (erano poco più di 50 l'anno nel 2003, e sono stati 116 nel 2012).
L'accesso ai farmaci antiretrovirali diventa ora cruciale per tutte queste persone, ma è importantissimo per il futuro anticipare la diagnosi di ogni eventuale contagio. “Sappiamo che iniziare prima la terapia può permettere alle persone sieropositive di vivere più a lungo e in migliore salute, e di ridurre il rischio di contagiare gli altri”, ha spiegato
Zsuzsanna Jakab, direttore della sezione regionale europea dell'Oms. “Sebbene la fine dell'epidemia di Hiv in Europa sia ancora lontana, il goal di arrestare e invertire il trend di diffusione dell'infezione è raggiungibile nella maggior parte delle nazioni”.
Laura Berardi
01 dicembre 2013
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