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Fibrosi cistica. In Veneto orientale pochissimi bambini malati. Ecco perché. Intervista a Carla Colombo

di Edoardo Stucchi

Il risultato ottenuto grazie al test, offerto dall’Asl di Padova, che rivela se nel DNA dei futuri genitori c’è una mutazione del gene che può essere trasmesso ai figli. Purtroppo non esistono farmaci per la guarigione, ma quelli a disposizione sono assai efficaci per alleviare i sintomi, prevenire o trattare le complicanze e mettere in condizione il malato di vivere in maniera normale

12 NOV - Ogni anno, in Italia, un bambino su 3000 nasce affetto da fibrosi cistica,  la malattia genetica più diffusa nella popolazione di origine europea. Ma ciò non è vero per il Veneto orientale. Perché? Giriamo il quesito alla Professoressa Carla Colombo, responsabile del Centro di riferimento per la fibrosi cistica della regione Lombardia, alla Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.
 
“Sì, è vero – conferma la professoressa Colombo - , da qualche anno nel Veneto orientale nascono pochi bambini con la fibrosi cistica perché l'Azienda Ospedaliera di Padova ha offerto a chi vuole avere un figlio di sottoporsi al test del portatore, un esame del sangue che rivela se nel DNA dell’individuo c’è una mutazione del gene che può essere trasmesso ai figli. La fibrosi cistica è una malattia ereditaria che è trasmessa quando i due genitori sono portatori sani. In questo caso, ad ogni gravidanza, c’è il 25% di probabilità che nasca un figlio malato;  il 50% di probabilità che nasca un figlio portatore sano come i genitori e un 25% che nasca un figlio sano e senza mutazioni del gene della fibrosi cistica nel suo DNA.  E’ sufficiente, quindi, che uno dei genitori non sia portatore per avere la certezza che nasca un bambino non affetto da fibrosi cistica. Questo test è comunque un esame che riguarda la coppia e ai componenti di ciascuna coppia si può solo dire di quali mutazioni siano o meno portatori. Ora questa procedura è stata estesa a tutta la regione Veneto e fra qualche anno si dovrebbe osservare un numero sempre più basso di person e che nascono affette da fibrosi cistica”.
 
Sulla base dei risultati dell’esperienza padovana, la professoressa, intervenuta all’incontro del Laboratorio interattivo sulla fibrosi cistica nell’adolescenza (L.IN.F.A.) spiega che è possibile, per chi lo voglia, sottoporsi al test del portatore. Questo può consentire a diverse coppie di evitare la nascita di un bambino con fibrosi cistica. È impossibile dare la garanzia di un figlio sano, è però possibile per le coppie sapere se nel loro DNA esistono alcune mutazioni che causano la malattia.
 
“La fibrosi cistica, infatti - aggiunge l’esperta - si presenta con centinaia di mutazioni, la cui frequenza può variare da regione a regione. Quindi per ogni coppia bisogna valutare la provenienza geografica per fare una ricerca di mutazioni più mirata. Il test per lo stato di portatore sano del gene fibrosi cistica viene abitualmente effettuato in caso di infertilità di coppia. Molti ginecologi lo raccomandano, ma occorre rivolgersi a strutture in grado di dare risultati affidabili, proprio in considerazione dell'altissimo numero di mutazioni che si possono riscontrare nel gene. Quindi bisogna essere cauti e ben consigliati dal proprio medico o ginecologo prima di spendere magari molto denaro senza affidabilità del risultato”.
 
Nel caso che la coppia fosse a rischio di generare un figlio malato, che cosa si può fare?“Le strade sono diverse – spiega la professoressa Colombo – e a decidere possono essere solo i futuri genitori. Prima di tutto possono decidere di non avere figli, oppure possono decidere di procreare e di sottoporre il feto a test prenatale, con l’esame dei villi coriali. Nel caso il feto risulti affetto la coppia deve aver già deciso la propria posizione in merito al proseguimento o meno della gravidanza. Alcune coppie a rischio di generare figli con fibrosi cistica decidono di avvicinarsi all’inseminazione artificiale che consente di ottenere embrioni senza la malattia. Oggi, la legge 40 consente la selezione degli embrioni anche nel caso della fibrosi cistica, in modo da impiantare soltanto quelli sani”.
 
Ma le terapie in atto per la fibrosi cistica non bastano a tenere lontano la malattia?“La malattia può essere controllata – prosegue la professoressa – non esistono farmaci per la guarigione, ma quelli a nostra disposizione sono assai efficaci per alleviare i sintomi, prevenire o trattare le complicanze e mettere in condizione il malato di vivere in maniera normale, come gli altri, sia pure con un carico terapeutico impegnativo sia per la persona con fibrosi cistica, che per i suoi familiari. Recentemente sono in fase di valutazione farmaci che correggono il difetto di base e ne è per ora disponibile uno  che potenzia la proteina alterata riducendo gli effetti della malattia. Questo farmaco (Ivacaftor) si può per ora utilizzare in pazienti che hanno una mutazione in Italia molto rara.  Essendo farmaci modellati per riparare i danni connessi alle diverse categorie di mutazioni, la strada per giungere al controllo della malattia è ancora lunga nonostante stiamo ottenendo alcuni risultati molto soddisfacenti”.
 
Edoardo Stucchi

12 novembre 2013
© Riproduzione riservata

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