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Infezioni e tumori. Come fanno a eludere le difese dell'organismo?


Tenterà di scoprirlo una ricerca slovacca finanziata dal Cer. Per farlo si sta seguendo un nuovo metodo che combina lo studio degli zuccheri negli organismi con sensori basati su nanoparticelle e nanotubi. Obiettivo, capire come batteri, virus e tumori abbiano sviluppato sotterfugi per aggirare le prime linee di difesa del corpo.

08 AGO - È una sorta di “guerra fredda” cellulare quella che sta conducendo Ján Tkáč a Bratislava: presso l'Istituto di chimica dell'Accademia slovacca delle scienze, il ricercatore sta infatti tentando di combinare la glicomica (lo studio degli zuccheri negli organismi) con i sensori biochip basati su nanoparticelle e nano tubi. Lo scopo? Quello di riconoscere in che modo agenti patogeni e malattie riescano ad eludere la prima linea di difesa del nostro organismo, i glicani. La ricerca è condotta grazie al sostegno della prima sovvenzione del CER assegnata in Slovacchia.
 
I glicani sono molecole di zuccheri che contengono le informazioni necessarie alle cellule umane per rimanere in buona salute e combattere le infezioni. Ricchi di informazioni e con sofisticati comandi di deposito e codifica, sono un sistema di allarme precoce di vitale importanza per l'attivazione dei sistemi di difesa naturali di un organismo al primo segno di attacco. Non sorprende, quindi, che gli agenti patogeni infettivi come batteri e virus, e le malattie cellulari come i tumori, abbiano sviluppato sotterfugi per aggirare questa prima linea di difesa. Così i virus HIV, ad esempio, riescono a decifrare il codice molecolare del glicano e a rubare la sua identità, permettendo al patogeno di non essere riconosciuto dalle cellule fino a quando l'infezione è in fase avanzata. Con il progetto ELENA il team di ricerca slovacco sta sviluppando biochip innovativi in grado di rilevare i cambiamenti nella "glicosilazione", dei glicani attaccati a una proteina o altre molecole organiche e che possono indicare patologie quali il cancro.
 
Un biochip tipico di ELENA parte da un substrato di vetro placcato oro: sulla superficie d'oro sono poi depositate delle nanoparticelle, seguite da uno strato di lectina (una proteina che riconosce i glicani).  Infine, sopra la lectina viene depositato uno strato di glicoproteina dopo incubazione con un campione. Quindi possono essere rilevate le interazioni tra gli strati di lectina e glicoproteina, tramite i cambiamenti nella resistività elettrica dell'assemblaggio biochip. "L'importanza delle nanoparticelle sta nella loro dimensione”, ha spiegato Tkáč. “Sono abbastanza piccole da permetterci di studiare le interazioni a livello cellulare e molecolare, offrendo limiti di rilevazione notevolmente migliorati. In effetti, i primi nano-biochip di ELENA si stanno dimostrando più sensibili a fattori che vanno da 1 milione a 1 miliardo rispetto ai biochip fluorescenti attuali. Siamo in grado di identificare le malattie in anticipo, con la possibilità di trattarle più efficacemente in futuro", ha continuato. "Inoltre, l'alta sensibilità significa che i biochip possono essere piccoli e questo apre possibilità di misurazione in vivo, con la prospettiva di mettere il biochip all'interno del paziente. Questa tecnologia contribuisce fortemente alla lotta contro le malattie che si mascherano bene, come ad esempio le varie forme di cancro, e che impediscono alle cellule del nostro corpo di individuarle e combatterle".
 
Oltre al rilevamento più veloce e più sensibile, ELENA intende anche create nano-biochip più precisi. I metodi di laboratorio attuali usano "etichette" per contribuire a rilevare le interazioni, come ad esempio i coloranti fluorescenti. Ma queste "etichette" possono influenzare l'ambiente circostante e le proprietà delle proteine e molecole di glicani, producendo in alcuni casi risultati falsi. "Con il monitoraggio delle interazioni misurando i cambiamenti di resistività elettrica, la nostra tecnologia è "libera da etichette". Siamo pertanto in grado di preservare un modo molto più naturale di interazione, più vicino a quello dell'organismo, e questo renderà le nostre misurazioni e diagnosi non solo più veloci e più sensibili, ma soprattutto più precise", ha spiegato il ricercatore.
 
“La complessità delle molecole di zucchero aveva finora frenato lo sviluppo della glicomica, che oggi è tuttavia uno dei campi scientifici in più rapido sviluppo”, ha concluso. "Si tratta tuttavia di una ricerca fondamentale, in quanto vi è una crescente evidenza dell'importanza dei glicani in molti aspetti della fisiologia e patologia cellulare. Qui all'Istituto siamo stati molto contenti di ricevere il premio ERC perché, dopo i graditi investimenti dell'UE per le infrastrutture, questa sovvenzione quinquennale per la ricerca innovativa ci dà la stabilità a lungo termine di cui abbiamo bisogno per sviluppare il nostro team di giovani ricercatori e raggiungere una reale eccellenza nella glicomica".
Tkáč impiega attualmente quattro studenti di dottorato e un post-doc nel suo gruppo di ricerca, con il supporto della sua sovvenzione del CER.

08 agosto 2013
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