Alzheimer. Alti livelli di scolarizzazione e occupazione prevengono la neurodegenerazione
La biochimica del cervello è influenzata dalla riserva cognitiva e funzionale. Secondo uno studio del San Raffaele allenare il cervello aumenta le difese non solo contro i processi di invecchiamento, ma anche contro la possibilità di sviluppare malattie cerebrali.
06 AGO - Vai a scuola e poi all’università, fai un lavoro impegnativo dal punto di vista intellettivo e scamperai la malattia di Alzheimer. O quantomeno proteggerai maggiormente i neuroni dalla degenerazione. A dirlo uno studio pubblicato su
Neurobiology of Aging dai ricercatori dell’ Università Vita-Salute San Raffaele e dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, che nello specifico ha dimostrato per la prima volta come nei pazienti con la malattia di Alzheimer che il sistema colinergico, importante per la memoria e per tutti i processi cognitivi, venga potenziato nei soggetti con alti livelli di scolarità e occupazione.
In altre parole, con questo lavoro, il gruppo di ricerca del San Raffaele coordinato dalla professoressa
Daniela Perani, docente presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, ha mostrato che nei soggetti con malattia di Alzheimer, sia in fase iniziale sia in fase conclamata, la biochimica del cervello è influenzata dalla riserva cognitiva e funzionale, che viene costruita e potenziata durante tutta la vita con le attività mentali quotidiane. Questa “riserva” ha una base neurobiologica, che si esprime mediante l’arricchimento delle connessioni sinaptiche, del numero di neuroni e dell’attività cerebrale.
Nella malattia di Alzheimer – che colpisce in Italia 850.000 persone e corrisponde al circa il 50% di tutte le demenze – si evidenzia clinicamente, anche nelle fasi più precoci, una diminuzione delle capacità cognitive, causata dalla distruzione delle connessioni cerebrali e dalla morte dei neuroni indotte dalla malattia. I sintomi iniziali sono rappresentati da disturbi delle funzioni cognitive, in particolare della memoria. Queste alterazioni sono conseguenza di modifiche molecolari della proteina amiloide e della conseguente disfunzione e morte dei neuroni, tra cui quelli del sistema colinergico. Ad oggi la terapia più utilizzata si basa su farmaci che stimolano il sistema colinergico o ad attività colinergica. “Oggi dobbiamo essere consapevoli di un’arma per contrastare la neurodegenerazione neuronale, cioè l’accesso a buoni livelli di scolarità ed educazione culturale e la possibilità conseguente di ottenere un lavoro impegnativo e stimolante”, ha commentato Perani. “Questo significa un costante e complesso esercizio per il nostro cervello, sotto forma di stimolazione cognitiva, che ci consente di costruire durante la vita una difesa delle nostre capacità mentali, non solo contro i processi di invecchiamento, ma anche contro la possibilità di sviluppare malattie del cervello”.
Mediante l’utilizzo della PET, tomografia a emissione di positroni, i ricercatori hanno potuto valutare diversi soggetti con malattia di Alzheimer, anche in fase iniziale, evidenziando come solo in quelli con alta scolarità fosse presente un aumento della attività colinergica, fondamentale sistema biochimico della memoria: ciò favorirebbe le funzioni cognitive, esercitando un effetto protettivo rispetto al processo di degenerazione neuronale. Grazie alla PET, che consente di effettuare le misure molecolari delle attività dei sistemi di neurotrasmissione, è stato possibile definire il funzionamento della biochimica cerebrale di ciascuno degli individui esaminati. I dati emersi sono stati correlati poi con gli anni di scolarità e i livelli occupazionali. “I risultati di questa ricerca contengono importanti messaggi: in individui con la malattia di Alzheimer, con le tecniche PET molecolari, si evidenziano le modulazioni dei sistemi di neurotrasmissione indotte da esperienze di vita”, ha detto la ricercatrice. “È possibile che la maggior riserva biochimica, cioè il miglior funzionamento del sistema colinergico, grazie alla riserva cognitiva e funzionale costruita durante la vita, possa rallentare gli effetti della neuro degenerazione e possa essere collegata ad una miglior risposta alle terapie farmacologiche di stimolazione colinergica, attualmente gli unici farmaci utilizzati in clinica per contrastare i deficit cognitivi nella malattia di Alzheimer”.
06 agosto 2013
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