Emergenza Epatiti. Il Piano nazionale è pronto. Ma dal ministero non arriva l'ok. Perché?
di Giovanni Rodriquez
Il documento, presentato lo scorso novembre, non ha ancora ricevuto l’approvazione del Ministero. Il nostro è il Paese europeo occidentale con il maggior numero di Hcv positivi e con il primato di mortalità per tumore al fegato. Se ne è parlato oggi a Roma ad un incontro promosso da Ace.
26 GIU - Dati precisi sull’epidemiologia, un accesso diffuso alle cure su tutto il territorio nazionale e soprattutto lo stanziamento di fondi ad hoc: sono questi i cardini principali del il Piano Nazionale per la Lotta alle Epatiti Virali (Pnlev). Se ne è parlato oggi a Roma all’incontro “Epatiti virali. Screening e accesso alle cure. Un Piano nazionale per sconfiggere la malattia”, promosso da Ace (Alleanza contro l’Epatite) per fare il punto sullo stato dell’arte del Piano in un contesto di cambiamenti politici ed istituzionali, di fronte a tutti gli attori chiave del Sistema sanitario nazionale.
“Ad oggi la nostra priorità è inserire l’emergenza creata dalle epatiti virali croniche nel Piano sanitario nazionale. Il gruppo di esperti ha lavorato per oltre un anno ad un Piano nazionale epatiti ed ora necessitiamo dell’approvazione del Ministero della Salute e del conseguente finanziamento, tramite lo stanziamento di fondi specifici per le attività previste – ha affermato Ivan Gardini, Presidente Comitato EpaC – Questa è l’occasione per ribadire ancora una volta l’urgenza di un Piano strategico, condiviso con le regioni e in considerazione dell’emergenza epatiti virali che tutt’oggi sussiste in Italia”.
Il nostro è il paese europeo occidentale con il maggior numero di Hcv positivi e detiene il triste primato di mortalità in Europa per tumore al fegato. I dati attuali danno una prevalenza per l’Hcv superiore al 3% nei soggetti nati prima del 1950 e più bassa tra i giovani, seppure pratiche come tatuaggi e piercing comportino il rinnovarsi del rischio. Si tratta però di studi risalenti a 10 anni fa e realizzati solo in alcune regioni italiane. Sono le epatiti virali croniche a rappresentare la vera e propria criticità per il Sistema Sanitario Nazionale e non quelle acute. Le prime costituiscono, infatti, un’epidemia subdola e asintomatica: quando l’organo dà i primi sintomi è già troppo tardi, in quanto la malattia è oramai ad uno stadio troppo avanzato. “L’identificazione precoce della malattia è essenziale per un trattamento tempestivo, mirato a prevenirne l’evoluzione. È fondamentale puntualizzare che molti pazienti, se non adeguatamente curati, vanno incontro alle inenarrabili sofferenze delle scompenso epatico, al decesso o al trapianto di fegato per i più fortunati, con notevole dispendio di denaro pubblico nel medio-lungo periodo”, ha precisato Antonio Gasbarrini, Professore Ordinario di Gastroenterologia, Università Cattolica - Policlinico Gemelli di Roma e Presidente della Fondazione italiana ricerca in epatologia (Fire). Ma quali sono i punti cardine del Piano? Cinque le priorità indicate nel documento: maggiore conoscenza del profilo epidemiologico nazionale delle infezioni croniche da virus B e C (è fondamentale la realizzazione di un vero studio epidemiologico nazionale per capire la reale prevalenza nella popolazione generale e l’incidenza tra i soggetti a rischio); riduzione delle infezioni grazie a un programma di prevenzione, screening e vaccinazioni; sensibilizzazione delle categorie a rischio e formazione degli operatori; accesso diffuso alle cure; miglioramento della qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie.
“L’accesso uniforme alle terapie su tutto il territorio nazionale è sicuramente l’aspetto che ci interessa maggiormente, affinché tutti i pazienti possano godere dei benefici di cura con pari opportunità. Per questo auspichiamo che ci sia un indirizzo strategico da parte del Governo centrale verso le Regioni, affinché vengano adottati provvedimenti adeguati in grado di salvaguardare la salute del cittadino, riducendo contemporaneamente i costi sanitari – ha affermato Ferruccio Bonino, Professore Ordinario di Gastroenterologia presso l'Università di Pisa – È infatti possibile un'ottimizzazione della spesa sanitaria: oggi è disponibile una terapia in grado di guarire l'epatite cronica virale restituendo al malato l'aspettativa e la qualità di vita del soggetto sano. Ciò riduce contemporaneamente in modo esponenziale i costi per la conseguente progressiva riduzione del numero dei casi di cirrosi e epatocarcinoma”.
“Le epatiti virali comportano un carico importante in termini di anni di vita persi e di qualità della vita – ha spiegato Fabrizio Oleari, Presidente dell’Istituto superiore di sanità – Il Piano rappresenta un progetto innovativo, frutto di un approccio integrato di salute pubblica attraverso la cura precoce e sistematica delle epatiti croniche virali". Presenti all'incontro anche diversi rappresentanti della politica. Tutti hanno sottolineato l'importanza del tema, approfittando della mattinata anche per rilanciare questioni "fondamentali" per la sopravvivenza del nostro Ssn come quelle della prevenzione e del ritorno ad una logica di investimenti nel settore.
Per il presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato, Emilia Grazia De Biasi (Pd), sarà urgente "approvare il nuovo Piano nazionale per individuare percorsi diagnostico-terapeutici regionali che siano in grado di affrontare il problema garantendo una omogeneità dell'assistenza su tutto il territorio nazionale. Troppo spesso, infatti - ha proseguito - le Regioni sono diventate delle monadi che non riescono a rispondere alla stessa maniera a quel principio di equità dell'accesso alle cure che dovrebbe essere garantito dal Ssn". Un ruolo centrale per arginare e meglio affrontare questa patologia, secondo Annalisa Silvestro (Pd), dovrà essere affidato all'informazione, "in modo da poter favorire quella prevenzione attiva e consapevole che può portare importanti risultati anche in termini di risparmio, oltre che di salute per i cittadini. Sarà inoltre importante - ha concluso - avviare una seria riflessione sui Pdta, in modo da garantire una migliore omogeneità assistenziale nel Paese".
Sulla stessa lunghezza d'onda, in tema di prevenzione, Andrea Mandelli (Pdl), che ha però aggiunto l'esigenza di un "cambiamento di mentalità riguardo il settore sanità". "Dobbiamo sforzarci di capire - ha detto - che, nonostante la crisi e la limitatezza di risorse, è necessario tornare a puntare sulla sanità vedendola non più solo come una spesa, ma anche e soprattutto come un investimento". Infine, Maria Rizzotti (Pdl), ha voluto sottolineare l'urgenza di un intervento su questa patologia che, anche in termini economici, costa allo Stato più di 1,5 mld di euro l'anno. "L'Italia è uno dei Paesi con il tasso più alto riguardo le infezioni, non si può più rimandare l'attivazione di percorsi diagnostico-terapeutici ad hoc", ha concluso.