Industria farmaceutica. "Vale l'1,5% del Pil e oltre il 4% dell'export"
L'Istituto per la competitività ha presentato una ricerca da cui emerge che, tra 2001 e 2011, il peso della farmaceutica è cresciuto dall’1,8% al 2,7% della produzione. D'Ambrosio Lettieri (Pdl) e Grillo (5Stelle): "Servono semplificazione e nuovi meccanismi di premialità".
21 GIU - Ricollocare il settore farmaceutico al centro della politica industriale italiana e renderlo uno dei vettori per costruire una nuova fase di crescita. E’ l’appello lanciato nel corso del simposio tenutosi a Roma presso la sede I-Com, Istituto per la competitività. Nel corso dell’incontro è stata presentata una ricerca dell’istituto, curata da
Stefano da Empoli e da Davide Integlia, da cui emergono dati eloquenti. La farmaceutica conta l’1,5% del Pil, oltre il 4% dell’export e il 6,5% degli investimenti in ricerca e sviluppo.
Nel periodo 2000-2011 il peso della farmaceutica è cresciuto dall’1,8% al 2,7% della produzione e dal 3% al 3,5% del valore aggiunto del settore manifatturiero. La produzione farmaceutica italiana, che nel 2007 era al quarto posto in Europa, è salita nel 2008 al terzo e nel 2010 al secondo dopo la Germania, superando prima il Regno Unito e poi la Francia. E in termini di produzione e di valore aggiunto, l’industria farmaceutica vale nel 2011 rispettivamente il 46,7% e il 52,1% dell’hi-tech manifatturiero.
Una crescita notevole, concretizzatasi nonostante gli investimenti in ricerca e sviluppo siano inferiori alla media europea. Secondo un’elaborazione I-Com, l’aggancio degli investimenti R&D alla media europea porterebbe a un incremento di PIL quantificabile in 2 miliardi di euro, un aumento del gettito fiscale di 400 milioni e la creazione di 36.000 posti di lavoro aggiuntivi.
Per generare nuove opportunità di sviluppo, i nuovi investimenti non devono però limitarsi all’ambito della ricerca. Un aumento del 10% degli investimenti fissi, che generasse un incremento proporzionale della produzione, garantirebbe complessivamente, in via indiretta e grazie alla maggiore spesa attivata, 1,1 miliardi di valore aggiunto extra ogni anno, 19mila occupati in più e un gettito fiscale addizionale pari a quasi 300 milioni di euro.
I problemi e le questioni in campo sono però molteplici. Nel periodo 2001-2011 i prezzi dei farmaci, stabiliti dallo Stato, sono calati in termini nominali mediamente del 27,6%, segnando la peggiore performance tra i Paesi europei esclusa la Spagna. A questo dato si aggiunge poi la necessità di ricreare un equilibrio tra remunerazione dei farmaci innovativi e di quelli maturi e la costante instabilità normativa e regolatoria.
“L’industria farmaceutica in Italia è un settore con ampi spazi di crescita, e che può dare nuovo slancio verso una reindustrializzazione del Paese in uscita dalla crisi economica - ha commentato
Stefano da Empoli, Presidente I-Com - Un settore, quello del pharma, ad alto tasso di innovazione e valore aggiunto e che soffre relativamente la concorrenza dei Paesi emergenti, il cui insediamento va favorito garantendo stabilità del sistema normativo, ma anche con azioni più mirate come l’innesco di un sistema di premialità per le aziende che convogliano risorse importanti sul nostro territorio”.
Ed è proprio per cercare di sciogliere i nodi più urgenti, che nel corso del simposio gli studiosi si sono rivolti ad esponenti politici attivi nel settore.
Giulia Grillo, deputata del Movimento 5 Stelle, ha sottolineato l’importanza di “riconoscere e valorizzare le realtà virtuose e in particolare quelle italiane. E’ quindi necessario costruire meccanismi che premino i soggetti che generano occupazione giovane e qualificata”. In quest’ottica servono “maggiori e migliori meccanismi di controllo per verificare efficacemente i risultati raggiunti, anche sulla base delle risorse a disposizione”. Altra questione aperta è legata alla semplificazione burocratica, “sempre più urgente per evitare che gli investitori vadano altrove. Una dinamica che riguarda soprattutto i protocolli di sperimentazione, che senza uno snellimento verranno effettuati all’estero”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche
Luigi D’Ambrosio Lettieri, senatore Pdl, che ha posto l’accento sulla necessità di “aiutare le imprese, nazionali e multinazionali, a non scappare dal Paese. Condivido pienamente l’importanza di semplificare l’iter di accesso ai farmaci su tutto il territorio”. E’ comunque necessario tener conto del quadro complessivo, dinamico e in costante mutamento, “che ha modificato la base dell’attività produttiva e di ricerca, che non è più italiana come un tempo. Su questa dinamica hanno inciso anche le scelte politiche degli ultimi quindici anni, spesso colpevoli di aver allontanato gli investitori dal comparto”. Serve quindi “una svolta, perché l’industria farmaceutica ha tutte le carte in regola per fungere da traino per il nostro sistema economico”. Senza i necessari accorgimenti, infatti il rischio è che l’Italia diventi soltanto un mercato di sbocco commerciale e nel nostro Paese vengano progressivamente meno la ricerca e la produzione.
21 giugno 2013
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