Farmindustria: “Il futuro è biotech e Italia ha grande chance”
Un valore per il presente e per il futuro. Le imprese del farmaco biotech che operano nel nostro Paese rappresentano il 43% del totale e incidono per l’85% sul fatturato complessivo dell’intero comparto biotech. A l’Aquila una due giorni di Farmindustria per svelare tutte le potenzialità del comparto. Quagliariello: “Settore su cui bisogna puntare per ripresa”.
11 GIU - Mille addetti cui se ne aggiungono 300 nell’indotto, una produzione che ammonta a 1 miliardo di euro, un export che pesa per il 32% sul totale manifatturiero e per il 48% sul totale hi tech. È la fotografia dell’industria farmaceutica a L’Aquila, tra i poli più importanti in Italia.
Una realtà manifatturiera e di Ricerca di assoluto rilievo che ospita una “due giorni” sul biotech promossa da Farmindustria. Evento che arriva nel capoluogo abruzzese, dopo aver toccato nei mesi scorsi Reggio Emilia e Bari. La “due giorni” vuole contribuire alla presentazione del biotech, settore dalle grandi capacità innovative, nel quale, a livello nazionale, emergono le tre imprese del farmaco con sede a L’Aquila (Dompé, Menarini, Sanofi). Aziende che, proprio a L’Aquila, nel 2012, a fronte di 80 milioni di spesa pubblica, ne hanno generati 115, dei quali 100 direttamente (25 milioni di investimenti, 60 per stipendi e contributi, 15 di tasse) e 15 con l’indotto, con un tasso di rendimento del 45%.
Risultati di primo piano per una Regione che può contare anche su altre realtà importanti – come l’Angelini a Pescara e a Chieti e l’Alfa Wassermann a Pescara – che pongono Abruzzo e industria farmaceutica in un rapporto di continua simbiosi.
Ad aprire l’assise il
ministro per le Riforme Gaetano Quagliariello che ha subito ricordato come “fra le eccellenze italiane quella della farmaceutica è particolarmente significativa, perché comprende una importante componente di ricerca e innovazione, specie nell’ambito delle biotecnologie. Le cifre ci dicono che nel settore del farmaco biotech gli investimenti in ricerca e sviluppo sono aumentati anche nell’ultimo anno, nonostante la diminuzione delle imprese. E’ un settore su cui bisogna puntare per la ripresa economica del Paese. Ovviamente in questo pezzo d’Italia la ripresa ha un significato ancora più forte perché s’innesta in una situazione di crisi che dev’essere sentita come crisi nazionale”.
Quagliariello ha poi toccato nello specifico il tema del biotech. “E’ un mondo che corre velocemente, a ritmi che la politica e nuove applicazioni, ma soprattutto quando queste novità, pur positive, creano condizioni e circostanze inedite, che richiedono una nuova governance, nuovi strumenti di gestione, di controllo, di sviluppo, di valutazione, per i quali a volte siamo impreparati”.
Il ministro per le Riforme infine è entrato nel vivo di quelle che sono le sue competenze parlando di riforma del titolo V e federalismo fiscale. “Realtà come quella farmaceutica rappresenta un ulteriore e importante stimolo a una riflessione sulla nostra forma di Stato e sulle riforme di cui necessita dopo gli errori commessi sul titolo V e la grande incompiuta del federalismo fiscale. Proprio il settore sanitario, nel quale l’Italia ha saputo esprimere il meglio e il peggio, l’apoteosi dello spreco e il massimo dell’efficienza, l’abisso del disservizio e il vertice dell’eccellenza, testimonia infatti quanto inscindibile debba essere il binomio autonomia-responsabilità”.
Il decentramento all’italiana per il Ministro ha scontato fin qui due “tendenze nefaste. Da un lato un’autonomia irresponsabile difficilmente controllabile nel suo concreto esercizio a causa di un’opaca e imperscrutabile rendicontazione di costi e risultati”. Dall’altro lato “una responsabilità non sufficientemente supportata da adeguati strumenti decisionali, e di fatto mortificata in un sistema nel quale il demenziale criterio della spesa storica, invece di rendere le gestioni virtuose un modello da imitare, ne ha vanificato gli sforzi, scaricando il frutto dei sacrifici degli uni nelle voragini di bilancio degli altri”.
“Il futuro è biotech. E l’Italia – ha precisato
Eugenio Aringhieri, Presidente del Gruppo Biotecnologie di Farmindustria – ha una grande chance. I farmaci biotecnologici sono già oggi il 20% di quelli in commercio e il 50% di quelli in sviluppo. In molti casi rappresentano l’unica possibilità di cura per patologie rilevanti e diffuse come anemia, fibrosi cistica e alcune forme di tumore. E sono tra le principali risposte alle malattie rare, perlopiù di origine genetica.
Il nostro Paese ha tutti i presupposti per rivestire un ruolo da protagonista nel biotech: in primis con le competenze, per poi proseguire con i 109 farmaci disponibili, i 67 progetti discovery e i 359 prodotti in sviluppo. Le imprese del farmaco biotech che operano nel nostro Paese rappresentano il 43% del totale e incidono per l’85% sul fatturato complessivo dell’intero comparto biotech.”
11 giugno 2013
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