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Arsenico. Allarme Oms per la salute pubblica: ecco come limitare il rischio


Mentre in molti comuni nel Lazio dal 1° gennaio non si può più bere l’acqua del rubinetto perché contenente arsenico in quantità superiori ai limiti stabiliti dalla legge, dall’Oms arriva un documento che spiega perché e quando usare acqua contaminata fa male e dà qualche consiglio per prevenire i rischi, sia ai cittadini che ai governi.

07 GEN - Sembra quasi accompagnare l’emergenza del centro Italia, il nuovo allarme lanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sui rischi per la salute che può comportare bere acqua che contiene al suo interno una concentrazione troppo alta di arsenico. Dopo che dal 1° gennaio 2013 diversi comuni nel Lazio (e in particolare in provincia di Viterbo) hanno dovuto vietare ai cittadini di bere dai rubinetti di casa proprio per via dei pericolosi livelli di questo elemento nell’acqua corrente, arriva un documento dall’Oms che spiega perché bere acqua contaminata fa male all’organismo e come fare per prevenire i rischi.
 
L’Oms definisce l’arsenico una delle 10 sostanze più pericolose per la salute pubblica: seppure si tratti di un componente naturale della crosta terrestre e si trovi nell’ambiente sia nell’aria, che nell’acqua, che nel terreno, nella sua forma inorganica è una sostanza altamente tossica e cancerogena. La principale causa di esposizione pericolosa consiste proprio nel bere acqua proveniente da falde acquifere contaminate, ma la sostanza può essere ingerita in diversi modi: mangiando cibi nella cui preparazione o coltivazione è stata usata acqua inquinata, o anche consumando pesce, carne e prodotti caseari direttamente contaminati, anche se questo tipo di esposizione è molto minore di quella direttamente collegabile all'ingestione continuata di acqua con livelli di arsenico troppo alti.
La sostanza, inoltre, è presente anche nel tabacco (per lungo tempo è stata addirittura usata come pesticida), e usata nei processi industriali come legante nella lavorazione di vetro, pigmenti, carta, tessuti, metalli, legno e proiettili.
 
A seguito dell’esposizione, possono avvenire dei veri e propri episodi di avvelenamento acuto, che provocano vomito, dolori addominali, diarrea, seguiti da formicolio nelle estremità, crampi e – in casi estremi – morte. Tuttavia, il rischio forse maggiore per la salute pubblica deriva da un’esposizione prolungata ad alte concentrazioni di arsenico inorganico, i cui primi sintomi si riconoscono sulla pelle dopo un’esposizione consecutiva di almeno cinque anni: cambiamento di pigmentazione del derma, lesioni, indurimento di alcune zone sul palmo della mano o sulla pianta del piede (ipercheratosi).
La conseguenza più tragica è lo sviluppo di cancro della pelle, ma l’esposizione a lungo termine potrebbe anche essere causa di altri tipi di tumore, come quello della vescica o dei polmoni, o di altre patologie, come problemi allo sviluppo, malattie cardiovascolari, diabete e neurotossicità.
 
Per prevenire il problema l’unico modo è quello di sospendere l’esposizione al più presto, bevendo acqua “pulita”, e usando solo questa per la preparazione e la coltivazione degli alimenti. In particolare, la stessa Oms raccomanda di sostituire l’acqua proveniente da falde acquifere con livelli troppo alti di arsenico con quella a basso contenuto, ricavata da sorgenti microbiologicamente sicure come la pioggia e purificata: questa può essere sia bevuta che usata per altri scopi, mentre quella ad alto contenuto della sostanza tossica può essere tranquillamente usata per lavarsi o per il bucato e ingerita solo se mischiata ad acqua pulita in modo da limitarne in maniera sostanziale la pericolosità.
Ma non solo. Le stesse popolazioni a rischio dovrebbero anche essere istruite a riguardo dei rischi dell’esposizione all’arsenico e invitate a testare la propria acqua corrente, nonché, dove possibile e necessario, ad istallare purificatori, sia nelle case che direttamente nei comuni colpiti. Chiaramente poi, spiega l’Oms, “i governi nei territori che presentano il problema dell’arsenico dovrebbero anche predisporre misure per ridurre l’esposizione dei lavoratori dell’industria alla sostanza”, ove questa venga usata come legante. Nonché, “monitorare la popolazione a rischio alla ricerca dei segni precoci dell’avvelenamento”.
 
Laura Berardi

07 gennaio 2013
© Riproduzione riservata

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