Responsabilità familiari e impegni: un difficile equilibrio da gestire per le donne italiane, soprattutto per le over 30, che in Italia trovano poco tempo per donare.
È quanto emerge da “Globuli Rosa”, un‘indagine commissionata dal Centro Nazionale Sangue, nell’ambito della campagna “Dona vita, dona sangue”, promossa dal Ministero della Salute in collaborazione con il Cns e le principali associazioni di donatori (Avis, Croce Rossa, Fidas, Fratres e DonatoriNati), per indagare le ragioni che portano le italiane a donare meno rispetto alle donne di altri paesi europei.
Questa iniziativa, che oltre all’indagine, ha dato origine ad una vera e propria campagna di sensibilizzazione, mira a identificare le barriere che impediscono alle donne di donare sangue e sviluppare soluzioni perché la donazione diventi una pratica comune.
L’indagine qualitativa, realizzata tra maggio e luglio 2024, è stata condotta attraverso due modalità ovvero la realizzazione da parte di Doxa di focus group composti da non donatrici o ex donatrici (divise in gruppi a seconda della fascia di età: 30-45 anni e 46-55 anni), e una survey sul portale donailsangue.salute.gov.it, che ha raccolto opinioni ed esperienze personali di 3.947 donne over 30 sul tema della donazione del sangue, allo scopo di instaurare un dialogo diretto e un ascolto attivo delle intervistate e comprendere più nel dettaglio le motivazioni profonde che si celano dietro la mancata donazione.
I focus group evidenziano come, nonostante la donazione di sangue sia percepita positivamente come un gesto altruistico e generoso, questa pratica non trova particolarmente spazio nella routine delle donne over 30. Essendo al centro delle dinamiche familiari e spesso responsabili della cura domestica, dei figli e degli anziani, le protagoniste dell’indagine indicano tra le principali motivazioni della mancata donazione di sangue, la moltitudine di impegni e responsabilità a cui sono tenute a rispondere e la mancanza di tempo che ne deriva. Sentendosi sovraccariche di “doveri” le donne faticano a considerare l’atto della donazione come prioritario.
All’interno di questo contesto infatti, donare sangue è percepito come un gesto complicato a più livelli, non particolarmente chiaro nell’iter e che non riesce a trovare, come dice il rapporto, spazio nel “cuore” (poiché l’impegno emotivo è già destinato alla famiglia), nella “mente” (creando ulteriore disordine e fatica), e nella “vita”, essendo difficile riuscire a collocarlo tra i vari impegni.
A questo fattore si aggiunge la mancanza di supporto che fa sentire la donna socialmente sola: una condizione questa, che appare profondamente diversa rispetto ad altre realtà europee. Il lavoro fragile e privo di un adeguato sistema di welfare infatti, costringe le donne a evitare ulteriori assenze, preferendo utilizzare permessi e ferie per le necessità familiari e personali, piuttosto che per iniziative sociali.
La mancanza di tempo è un “leitmotiv” che emerge anche nella seconda indagine qualitativa, quella relativa alla compilazione della survey. Questa, grazie alle numerose testimonianze (1446 donatrici,1615 non donatrici e 886 ex donatrici), evidenzia, oltre alla mancanza di tempo, che si attesta anche in questo caso al primo posto come freno principale alla mancata donazione (36,8%), altri temi quali la gravidanza e l’allattamento, individuati come due momenti che portano a interrompere le donazioni di sangue e riprenderle con difficoltà in un secondo momento (18,5%). Inoltre, i problemi di salute, reali o percepiti, sono frequentemente citati come motivazioni che ostacolano significativamente questa pratica (14,5%): le donne in Italia spesso pensano di non avere i requisiti per donare, anche se, all’interno del panorama europeo si distinguono per l’ottimo livello di salute di cui godono1. La scarsa informazione (13,6%) in questo senso può contribuire a far sì che erronee convinzioni e pregiudizi ostacolino a priori la spinta a effettuare la donazione.
Infine, ma non per importanza, vengono indicate la mancanza di informazione sul tema (13,6%), paura e preoccupazioni (7,7%) e la percezione negativa del sistema sanitario (2,8%), rinforzata da vissuti ed esperienze passate.