La sclerosi tuberosa complessa è il tema affrontato dagli esperti nella nuova puntata di The Patient’s Voice, il format di Sics e Popular Science dedicato alle storie dei pazienti. Parliamo di una malattia genetica, rara, grave e dalla gestione complessa, poiché colpisce diversi organi. La patologia è caratterizzata dalla formazione di masse simili a noduli (gli amartomi) in diversi organi o tessuti, e da manifestazioni neurologiche, la più comune delle quali è l’epilessia.
La sclerosi tuberosa è anche associata a un'ampia gamma di disturbi neuropsichiatrici che vengono indicati con un termine di uso piuttosto recente: TAND (TSC–Associated–Neuropsychiatric–Disorders). L’acronimo descrive le manifestazioni funzionali e cliniche correlate delle disfunzioni cerebrali nella TSC, inclusi disturbi dello spettro autistico, disabilità intellettive, disturbi psichiatrici, deficit neuropsicologici, difficoltà scolastiche e lavorative. Ne abbiamo parlato con Flavio Villani, direttore dell'Unità Operativa Complessa di neurofisiopatologia e del centro regionale per l’epilessia, IRCSS Ospedale Policlinico San Martino di Genova, e con Carla Fladrowski, copresidente dell'Associazione Sclerosi Tuberosa.
Una malattia rara e dalla gestione complessa
“Da un punto di vista epidemiologico, si registra circa un caso ogni 6.000 nati. In Italia, attualmente, si contano più o meno 10.000 persone affette da questa patologia”, spiega il dottor Flavio Villani. L’esperto precisa che, per quanto si tratti di una malattia genetica, questo non vuol dire che sia ereditaria. Sappiamo che le mutazioni a carico dei geni TSC1 e TSC2 sono associate alla patologia. Queste possono essere ereditarie o manifestarsi de novo, come avviene nell’80% dei casi. “Le mutazioni provocano l’alterazione di una via metabolica (mTOR) particolarmente importante per i processi di proliferazione e differenziazione delle cellule e questa via è ubiquitaria. Per questo non è interessato un solo sistema d’organo ma più sistemi. Il sistema nervoso centrale, certo, ma anche la cute, i reni, i polmoni, l’occhio”. La malattia insorge in età infantile, le sue manifestazioni durano per tutta la vita e, come ricorda Villani, variano nelle diverse fasce d’età. Per questo la gestione della sclerosi tuberosa è complessa, e necessita della partecipazione di molti specialisti diversi.
La paura nella diagnosi e l’incertezza per tutta la vita
La Dottoressa Carla Fladrowski è copresidente dell'Associazione Sclerosi Tuberosa e mamma di un ragazzo affetto dalla patologia. Racconta la sua esperienza, iniziata durante la gravidanza, la paura e le incertezze comuni a tante famiglie. “Ventisei anni fa, durante la gestazione, ho ricevuto la diagnosi di sclerosi tuberosa di mio figlio. Ricordo ancora la paura, mentre mi comunicavano la presenza di una malattia con un linguaggio che mi era completamente sconosciuto. Questa sensazione è presente ancora oggi, nei genitori che contattano l’associazione per chiederci informazioni sulla malattia”.
Carla Fladrowski continua: “Mio figlio ha sofferto di epilessia farmaco-resistente, ha affrontato un’operazione chirurgica al cervello ma le crisi non sono passate. Non esiste una cura definitiva. Ora altre famiglie con neonati affetti vivono le crisi epilettiche, le degenze ospedaliere che li portano lontani dai propri cari. Ma ricordiamo che questa malattia resta sempre un’incognita per tutti noi, i sintomi variano da persona a persona e si trasformano nel corso della vita del singolo”.
Il coinvolgimento del sistema nervoso centrale
“Le manifestazioni più evidenti della patologia riguardano il sistema nervoso centrale”, osserva Villani. “Tanto più è grave l'interessamento del cervello tanto maggiori saranno le problematiche ad esso connesse”. L’esperto spiega che circa il 90% dei pazienti affetti soffrono di epilessia e che in circa il 70% degli individui questa ha un esordio nel primo anno di vita. “Tali crisi hanno naturalmente un impatto importante sullo sviluppo cognitivo e sul comportamento dei pazienti, inoltre il controllo delle crisi richiedono l’uso di farmaci, che oggi vengono definiti anti-crisi (un tempo venivano chiamati anti-epilettici) che sono solo dei sintomatici”. Aver scoperto qual è il meccanismo biologico alla base della malattia, la via metabolica di mTOR, come dicevamo, ha permesso però di sviluppare dei farmaci che possono agire su tale meccanismo tenendo sotto controllo la via metabolica. “Si tratta di un passo avanti non indifferente: possiamo dire che, nella gestione di alcuni aspetti della malattia, l’uso di questi farmaci ha fatto la differenza rispetto al passato”.
Ci sono poi i TAND, i disturbi neuropsichiatrici, che dipendono in parte dalle crisi, ma non solo. “Questi sono collegati ai meccanismi propri della malattia. Il fatto che questi disturbi evolvano nel corso della vita li rende particolarmente difficili da approcciare: testare un lattante, un bambino in età scolare o un adolescente è molto diverso e per ogni fascia d’età serve un’expertise specifica”
Il passaggio dalle cure pediatriche alle cure dell’adulto
Il neurologo individua in particolare una difficoltà nella gestione della malattia nel tempo: il passaggio tecnicamente definito come transizione dalle cure pediatriche alle cure dell’adulto. “Questo in realtà è un problema che riscontriamo in molte condizioni croniche che hanno inizio in età infantile”, dice. E spiega: “il neuropsichiatra infantile affronta sia la gestione dell’epilessia sia la gestione dei TAND. Nell’adulto invece si verificano spesso problemi di expertise sulla gestione clinica farmacologica degli aspetti cognitivo comportamentali e dell’epilessia. Sarebbe quindi necessaria un’armonizzazione della presa in carico di questi pazienti e del passaggio dalle cure pediatriche alle cure dell’adulto”. Villani identifica anche un problema di formazione universitaria dei medici specializzati in neurologia dell’adulto, che conoscono poco le patologie infantili. D’altra parte, una formazione su tali malattie è necessaria perché gli specialisti possano gestirle e sapere quali farmaci usare e come.
Servono: reti di specialisti, diagnosi precoce e tanta, tanta ricerca
Manca poi, come nota Fladrowski, una rete di medici dedicata alla sclerosi tuberosa. Attualmente i malati sono presi in carico da singoli medici che si interessano della malattia, ma questo non è abbastanza. “Se questi medici vengono a mancare si sgretola ogni cosa. I nostri pazienti ci raccontano di viaggi in giro per tutta l’Italia alla ricerca di medici che possano curarli anche nell’età adulta: questo non va bene”, dice.
Molte Regioni si stanno attrezzando per costruire delle reti di specialisti per patologia. Villani, per esempio, come rappresentante (segretario) della Lega Italiana contro l’Epilessia (LICE), ha lavorato e sta lavorando tanto alla costituzione di una rete fra centri di epilessia per la presa in carico dei pazienti. “La creazione di reti per patologie in cui i centri dialogano e in cui c'è comunicazione fra la parte pediatrica e la parte degli adulti, secondo me, è ciò che può fare la differenza”, dice Villani. Fladrowski aggiunge che servirebbe anche uno screening neonatale della malattia, nonché una presa in carico a 360° dei pazienti: anche da un punto di vista psicologico e sociale. “E per finire serve ricerca, altra ricerca e ancora più ricerca. Perché vogliamo che si trovi una cura definitiva per questa malattia”.