In Italia nel 2020 sono stati registrati, 76.890 ricoveri per acuti in regime ordinario per ictus (Emorragia intracranica o infarto cerebrale) e 57.631 decessi per malattie cerebrovascolari (23.139 maschi e 34.492 femmine), che rappresentano il 7,7% di tutti i decessi verificatisi nel nostro Paese in quell’anno in cui peraltro iniziò la pandemia di Covid-19. Eppure il 90% dei casi di ictus potrebbe essere prevenuto agendo sui fattori di rischio modificabili.
Questi i numeri emersi in occasione della Giornata mondiale dell’ictus (World Stroke Day), che si è celebrata ieri 29 ottobre. Come ricorda il ministero della Salute l’Ictus rappresenta un’importante problematica di salute pubblica per la sua diffusione nella popolazione, per la gravità delle conseguenze sulle persone colpite e sui familiari del paziente coinvolti, e per i rilevanti costi economici e sociali. 1 persona su 4 avrà un ictus nel corso della vita, avverte la World stroke organization, ma quasi tutti gli ictus possono essere prevenuti. E, il primo passo è appunto capire quali sono i fattori di rischio individuali
La mortalità per ictus - malattia cerebrovascolare acuta causata dall’improvvisa ostruzione (da parte di un trombo o di un embolo; ictus ischemico) oppure dalla rottura (ictus emorragico) di un vaso sanguigno che irrora l’encefalo - è del 20-30% a 30 giorni dall’evento e del 40-50% a distanza di un anno, mentre il 75% dei pazienti sopravvissuti presenta qualche forma di disabilità che nella metà dei casi comporta perdita dell’autosufficienza. La prevalenza e l’incidenza dell’ictus aumentano con l’età, in particolare a partire dai 55 anni; dopo i 65 anni l’aumento dell’incidenza è esponenziale.
Ma grazie al miglioramento dell’efficacia delle misure preventive, terapeutiche e assistenziali dell’ictus e dei correlati fattori di rischio, inclusa la maggior diffusione su tutto il territorio nazionale dei Centri Ictus o Stroke Unit, negli ultimi decenni si è osservata una progressiva riduzione dell’incidenza e della mortalità per malattie cerebrovascolari.
I dati. A livello globale: si stima che nel 2019 l’ictus abbia causato 6,55 milioni di decessi (84,2 per 100mila), risultando la seconda causa di morte dopo la cardiopatia ischemica, con una incidenza di 12,2 milioni di casi (150,8 per 100mila) e una prevalenza di 101 milioni di casi (1.240,3).
Più frequente è la forma ischemica di ictus, che ha provocato 3,29 milioni di decessi (43,5 per 100mila) con una incidenza di 7,63 milioni di casi (94,5) e una prevalenza di 77,2 milioni di casi (951). Seguono l’emorragia intracerebrale, causa di 2,89 milioni di decessi (36 per 100mila) con una incidenza di 3,41 milioni di casi (41,8 per 100mila) e una prevalenza di 20,7 milioni di casi (248,8 per 100mila), e l’emorragia subaracnoidea, causa di circa 373 mila decessi (4,7 per 100mila) con una incidenza di 1,18 milioni di casi (14,5 per 100mila) e una prevalenza di 8,4 milioni di casi (101,6 per 100mila).
In Europa, come emerso dalla quinta edizione dello European Cardiovascular Disease Statistics, l’ictus rappresenta la seconda causa di morte, con 405.000 decessi (9%) negli uomini e 583.000 (13%) decessi nelle donne.
La prevenzione rappresenta l’arma più efficace per ridurre i casi di ictus e di altre malattie cardio-cerebrovascolari ricorda il ministero della Salute. Una prevenzione che si basa essenzialmente su; l’adozione e sul mantenimento di stili di vita salutari (non fumare e non consumare altri prodotti del tabacco; praticare regolarmente un’adeguata attività fisica; evitare il consumo rischioso e dannoso di alcol; seguire una sana alimentazione, varia ed equilibrata, prediligendo il consumo di frutta, verdura, cereali integrali e pesce e limitando l’assunzione di sale, carne rossa, grassi di origine animale e zuccheri; mantenere un peso corporeo ottimale); identificazione precoce e adeguata gestione di eventuali fattori che aumentano notevolmente il rischio di ictus, quali ipertensione arteriosa, dislipidemie, diabete mellito, fibrillazione atriale, cardiopatie e vasculopatie.
Ma se prevenire è fondamentale, è anche importantissimo sapere cosa fare in caso di improvvisa comparsa di sintomi riferibili all’ictus. L’ictus è una patologia “tempo-dipendente”: in corso di ischemia prima si interviene e più cellule cerebrali si possono salvare (“il tempo è cervello”), consentendo una migliore ripresa dall’ictus. La massima efficacia dei trattamenti di riperfusione si ottiene se vengono intrapresi entro 4.5-6 ore dall’esordio dei sintomi.
Pertanto, in caso di comparsa di uno o più sintomi riferibili all’ictus quali:
In questi casi è necessario chiamare immediatamente il 112/118 per il trasporto urgente al Pronto Soccorso di un Ospedale dove si eseguono le cure specialistiche per l’ictus (Stroke Unit). Non aspettare di vedere se i sintomi migliorano spontaneamente, non contattare il medico di medicina generale (MMG) o la Guardia Medica e non recarsi in Pronto Soccorso con mezzi propri, anche per evitare di presentarsi in un Ospedale dove non sia attiva una Stroke Unit.
L’acronimo FAST, usato dagli americani, consente di ricordare facilmente alcuni test da fare quando si sospetta che una persona sia stata colpita da ictus (Cincinnati Prehospital Stroke Scale):