I disturbi dell’alimentazione (anoressia nervosa, bulimia nervosa e binge eating disorder) sono patologie complesse la cui epidemiologia si è notevolmente modificata negli ultimi anni. L’anoressia e la bulimia nervosa esordiscono sempre più spesso prima dei 15 anni e si manifestano con frequenza crescente in soggetti maschi. Una condizione identificata in epoca abbastanza recente, il binge eating disorder (caratterizzata da abbuffate non accompagnate da pratiche di compenso volte ad impedire l’aumento di peso, come il vomito e l’uso di lassativi o diuretici), è oggi riconosciuta come il più frequente di questi disturbi, con una prevalenza lifetime (cioè, nel corso di tutta la vita) del 3.5% delle donne e del 2% degli uomini. Nel 13° Congresso della Società Italiana di Psichiatria Biologica (SIPB), in corso a Napoli (Hotel Royal Continental) dal 25 al 28 ottobre, viene fatto il punto sulla gestione appropriata di questi disturbi e sulle terapie la cui efficacia è oggi documentata dalla ricerca.
“La gestione appropriata dei disturbi dell’alimentazione richiede la disponibilità di quattro livelli: 1) terapia ambulatoriale specialistica, 2) terapia ambulatoriale intensiva o centro diurno, 3) riabilitazione residenziale, 4) ricovero ordinario” – afferma il Prof. Maj, Past-President della Società Mondiale di Psichiatria e Presidente del Congresso. “Nell’ambulatorio specialistico, il primo passo deve essere un’accurata valutazione psicopatologica e dello stato di nutrizione e la verifica della presenza di complicanze fisiche. Il secondo passo consiste nel motivare la persona alla cura. Il passo successivo è l’avvio di una psicoterapia validata dalla ricerca, a cui deve accompagnarsi l’intervento nutrizionale, l’approccio psicoeducativo avente per oggetto il rapporto del paziente con i genitori o il partner, e il trattamento delle complicanze fisiche”.
Nell’anoressia nervosa, la terapia basata sulla famiglia secondo il modello del Maudsley Hospital di Londra permette di ottenere la remissione in circa il 50% dei pazienti giovani con meno di tre anni di malattia. Negli altri casi, può trovare indicazione la psicoterapia cognitivo-comportamentale, che affronta i principali comportamenti (restrizione alimentare, episodi bulimici, esercizio fisico eccessivo, controllo del corpo) e i principali processi cognitivi (eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo) che caratterizzano la malattia. Nella bulimia nervosa, una variante della terapia cognitivo-comportamentale permette di ottenere una remissione nei due terzi dei pazienti che completano il trattamento. Un’utile alternativa è la psicoterapia interpersonale. Una forma adattata di terapia cognitivo-comportamentale è anche il principale intervento per il binge eating disorder. Il ruolo dei farmaci è limitato al controllo delle abbuffate, al trattamento delle patologie psichiatriche associate e alla gestione delle complicanze fisiche.
Il trattamento ambulatoriale intensivo (centro diurno) è indicato nei pazienti che hanno difficoltà a modificare le loro abitudini alimentari con la terapia ambulatoriale standard. Il trattamento comprende il pasto assistito (la persona viene assistita da un operatore durante i pasti, per superare gli ostacoli che le impediscono un’assunzione adeguata di nutrienti), la psicoterapia individuale, gli incontri con il nutrizionista, e gli incontri con i familiari. Allo scopo di supplire ad un’alimentazione carente in toto o per specifici nutrienti, possono essere utili i supplementi nutrizionali orali. Particolare attenzione va rivolta al trattamento delle complicanze fisiche, le quali, soprattutto nel caso dell’anoressia nervosa, possono interessare quasi tutti gli organi e sistemi (la cute e i suoi annessi, il cavo orale, l’apparato gastroenterico; i sistemi cardiocircolatorio, nervoso, scheletrico, muscolare ed endocrino; oltre ad una serie di alterazioni elettrolitiche, metaboliche ed ematologiche).
La prevenzione dei disturbi dell’alimentazione richiede una stretta collaborazione degli operatori della salute con i politici, i media, le scuole, l’industria alimentare e quella della moda. E’ documentata l’efficacia dei programmi scolastici di terza generazione, in cui alla componente informativa si accompagnano incontri multipli in piccoli gruppi, condotti da professionisti, focalizzati sull’accettazione del corpo. È essenziale il ruolo della diagnosi precoce, attraverso la sensibilizzazione degli insegnanti e delle famiglie (anche mediante siti Internet specifici), dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta. Esiste inoltre un consenso diffuso sulla necessità di intervenire su certe fonti pseudo-scientifiche che utilizzano i media per divulgare informazioni non corrette, nonché su quei siti web che incentivano le condotte alimentari distorte e promuovono il fascino della magrezza.