Fibrillazione atriale. I pazienti europei sono scontenti della terapia anticoagulante
Per trattare la condizione si assumono anticoagulanti orali, che necessitano costante monitoraggio e continua regolazione della dose. Ma il 60% dei pazienti vorrebbe ridurre lo screening, l’80% preferirebbe assumere i farmaci una volta al giorno. Ecco i risultati di una nuova indagine presentata al Congresso Esc.
02 SET - Oltre il 60% dei pazienti affetti da fibrillazione atriale (FA), condizione responsabile del 15-20 percento degli ictus ischemici, sarebbe felice di potere ridurre il regolare monitoraggio del trattamento anticoagulante, così come il 55% circa vorrebbe rivedere le modalità di assunzione dell’anticoagulante stesso che prevede un costante riaggiustamento delle dosi, e magari preferirebbe arrivare ad assumerlo una sola volta al giorno. Questo quanto emerge da un’indagine Daiichi Sankyo presentata al Congresso della European Society of Cardiology (Esc) di Monaco. La ricerca è stata condotta da un team internazionale - di cui fanno parte ricercatori dell’Università di Ramon y Cajal di Madrid, della Oxford PharmaGenesis e del NHS inglese – su un campione di 1.507 pazienti in Italia, Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna. Dagli stessi dati, emerge anche una certa insoddisfazione dei pazienti affetti da questa condizione in tutta Europa, ma soprattutto in Italia.
A dipingere questo quadro è infatti la 1a Indagine Paneuropea sui Pazienti con Fibrillazione Atriale (EUPS-AF). “L’obiettivo dell’indagine – ha dichiarato
José Luis Zamorano, direttore dell’Istituto Cardio-Vascolare all’Università di Madrid – era quello di cogliere il punto di vista del paziente sullo stato dell’arte del trattamento della FA, con riguardo alle aree in cui è possibile migliorare la sua soddisfazione e la sua aderenza alla terapia. È chiaro che i limiti attuali della terapia anticoagulante sono legati alla necessità di un continuo monitoraggio e aggiustamento della dose con il conseguente carico che ricade sul paziente. Adattare i sistemi di cura in funzione delle esigenze dei pazienti risulta cruciale per migliorare l’efficacia e la qualità dell’assistenza”.
Per giungere ai risultati, dunque, gli scienziati hanno intervistato gli oltre 1500 pazienti di età media di 70 anni, concentrandosi in particolare su quelli che assumono antagonisti della vitamina K come trattamento anticoagulante orale. Tra questi, addirittura il 61% avrebbe dichiarato di vedere di buon occhio la possibilità di ridurre i monitoraggi, per diverse ragioni: alcuni per questioni di tempo (28% del totale); altri per dover andare meno spesso nei centri specializzati (29%). Molti altri, inoltre, vorrebbero non dover continuamente aggiustare la dose dei loro farmaci (55%) e soprattutto sarebbero felici se potessero assumere le loro medicine solo una volta al giorno (80%).
Ma non solo. Una delle esigenze fondamentali dei pazienti con FA è la necessità di conseguire una maggiore consapevolezza rispetto al proprio regime di trattamento. Nonostante gli specialisti tentino di informarli adeguatamente in merito ai trattamenti disponibili e più appropriati, la soddisfazione generale in Italia è piuttosto bassa (37%), anche se in realtà l’insoddisfazione dei pazienti di FA è bassa anche altrove (basti pensare che il paese in cui è più alta è l’Inghilterra, e il “picco” è appena del 55%). Tra le altre cose i pazienti europei denunciano che spesso non sono informati di possibili controindicazioni dell’assunzione di questi farmaci insieme ad altri. In più, considerata la complessità della terapia della FA, i pazienti chiedono di essere maggiormente coinvolti nelle decisioni terapeutiche, per assumersi in prima persona la corresponsabilità nella gestione della propria malattia. “L’ipertensione e la fibrillazione atriale – ha sottolineato
Florian Abel, Medical Affairs Director Daiichi Sankyo Europa – sono entrambe patologie croniche con complessi meccanismi di trattamento, che richiedono un notevole impegno da parte del paziente; l’indagine EUPS-AF mostra che gli attuali livelli di soddisfazione dei pazienti con FA riguardo ai trattamenti e l’efficacia dell’assistenza sono sub-ottimali. Anche lo stesso controllo della pressione arteriosa, nonostante le opzioni terapeutiche disponibili, è risultato sub-ottimale. Per questo è fondamentale adottare in Europa standard clinici più avanzati per coinvolgere maggiormente il paziente con FA nella gestione più diretta e responsabile della terapia antipertensiva”.
02 settembre 2012
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Scienza e Farmaci