Disturbi alimentari. Durante la pandemia casi in crescita del 36%, +48% i ricoveri. L’allarme dei Neuro Psico Farmacologi
Uno studio dell’International Journal of Eating Disorder condotto su oltre 36 mila pazienti, attesta lo stretto binomio fra disturbi alimentari e disagio psichico. A rischio anche i pazienti italiani. Balestrieri (Sinpf): “Effetto domino confermato anche nei giovani italiani Potremmo definirla una ‘fame di cibo e dell’anima’”
02 MAG -
Un aumento del 36% dei sintomi associati a disturbi alimentari e boom di ricoveri, aumentati del 48%, in periodo di pandemia: è l’effetto domino che il Covid ha generato in pazienti con disturbi alimentari tra cui bulimia, anoressia nervosa e altre patologie cibo-correlate.
Sono i dati emersi da uno studio appena pubblicato dall’International Journal of Eating Disorder, una revisione di 53 ricerche condotte sul tema e che ha coinvolto complessivamente oltre 36 mila pazienti, con età media di 24 anni di cui oltre il 90% donne. L’alterazione delle abitudini alimentari - dal desiderio di ‘accaparramento’ di più cibo per timore di carestia legata al lockdown, a pasti poco strutturati, a sensibili aumenti di peso - è stata la punta dell’iceberg di una fragilità psico-emotiva rimasta sommersa: sentimenti di forte solitudine, abbandono e allontanamento dal contesto reale, peggioramento dell’umore, idee suicidarie, atti di autolesionismo, maggiori accessi al pronto soccorso. Uno scenario per altro anticipato e confermato da una indagine multicentrica condotta in Italia su persone con disturbi alimentari pubblicata sul Journal of Affective Disorders nel 2021.
Punta i riflettori su disturbi alimentari e pandemia la Società Italiana di Neuro Psico Farmacologia (Sinpf). “Potremmo definirla una ‘fame di cibo e dell’anima’, un male del fisico e della mente che conferma la stretta relazione fra cervello e intestino, cui i pazienti con disturbi alimentari più esposti a depressione e ansia sono maggiormente sensibili rispetto alla popolazione generale – spiega
Matteo Balestrieri, co-presidente della Sinpf e professore ordinario di psichiatria all’Università di Udine –. Ad aggravare il quadro della salute mentale e metabolica, anche la difficoltà di accesso alle cure, i contatti da remoto con i medici referenti, le incertezze correlate alla pandemia, i cambiamenti della normale routine, la perdita di punti fermi strutturale, e di contatti sociali, l’influenza negativa dei media”.
“I dati emersi da questo studio internazionale sono confermati anche in Italia, a carico soprattutto dei giovani – precisa
Claudio Mencacci, co-presidente della Sinpf e Direttore emerito di neuroscienze e salute mentale all’Asst Fatebenefratelli-Sacco di Milano – Una recente indagine multicentrica condotta in Italia su persone con disturbi alimentari, pubblicata sul Journal of Affective Disorders nel 2021, ha evidenziato che durante il lockdown vi è stato un aumento significativo di ansia (+20%), depressione (+20%), sintomi post-traumatici (+16%), panico (+30%) e insonnia (+18%). Dopo la prima fase acuta della pandemia (il lockdown) la gran parte di questi sintomi sono rimasti allo stesso livello, mentre i livelli ansia sono ulteriormente cresciuti (+10%) a testimonianza di un generale malessere e insicurezza generati dalla pandemia”.
“Rapporto alterato con il cibo, disagio psichico, limitazione di accesso alle cure – conclude Balestrieri – sono un ‘trinomio’ drammatico per i pazienti con disturbi alimentari. Lo vedevamo ogni giorno nella ‘real life’, oggi è confermato dagli studi: il contesto pandemico, l’isolamento, la perdita di punti fermi, l’incertezza del futuro hanno acuito le fragilità di questa classe di pazienti che nel quotidiano si sono tradotte nella ricerca di più cibo, quale atto compensatorio e premiante dell’incapacità di accettare e gestire il cambiamento repentino della routine e le conseguenze che Covid ha generato”.
02 maggio 2022
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