IPF. Le terapie
28 GIU - Durante l'incontro "Fibrosi Polmonare Idiopatica: una patologia rara non più orfana di terapia", organizzato da Osservatorio Malattie Rare O.Ma.R., con il contributo di InterMune, si è parlato delle attuali terapie della IPF.
Secondo i medici, nelle persone di età inferiore ai 65 anni, quando indicato, il trapianto polmonare rappresenta l'unica concreta terapia in grado di curare definitivamente la malattia.
“La terapia col farmaco pirfenidone, inoltre, la cui efficacia è stata confermata anche dal recentissimo studio multicentrico ASCEND, pubblicato sul
New England Journal of Medicine, deve essere iniziata quanto prima, quindi è fondamentale che la patologia sia diagnosticata il più precocemente possibile”, afferma l’Osservatorio Malattie Rare.
Ripercorrendo la storia del trattamento terapeutico della malattia, “fino a qualche anno fa le persone colpite da fibrosi polmonare idiopatica venivano curate ‘offlabel’ con farmaci a base di cortisone, in alcuni casi associati a farmaci immunosoppressori, come l'azatioprina e la ciclofosfamide o a farmaci come la N-acetil-cisteina, un mucolitico di cui si sfruttavano le capacità anti-ossidanti”, spiegano gli esperti. “Recenti studi randomizzati hanno dimostrato che tale approccio terapeutico risultava inutile e a volte addirittura dannoso per i pazienti trattati”.
“Il cambiamento epocale consiste nel passaggio da un trattamento non empirico a terapie basate su studi scientificamente ben condotti, che sono riusciti ad arruolare un elevato numero di pazienti e che hanno valutato l'efficacia di diversi farmaci”, ha sottolineato il Professor
Cesare Saltini, Direttore del centro Malattie respiratorie Policlinico Universitario di Tor Vergata, durante il dibattito organizzato da Osservatorio Malattie Rare. “Nonostante la malattia sia idiopatica, infatti, ci sono farmaci che agiscono sui meccanismi di formazione della fibrosi, riducendone la progressione”.
"Sono stati condotti diversi studi randomizzati, multicentrici, internazionali, randomizzati ed in doppio cieco, basati sull’arruolamento di un elevato numero di pazienti e che hanno valutato l'efficacia di diversi farmaci", proseguono gli esperti.
“Purtroppo la maggior parte di questi studi hanno dato esito negativo ma questo ha quanto meno permesso di fare chiarezza e di porre termine all'utilizzo di farmaci per i quali non esistono prove scientifiche di efficacia, spiegano gli esperti. “I farmaci che ad oggi possono svolgere un ruolo nella terapia di questa malattia sono:
-il
pirfenidone, cheè stato approvato da parte dell'EMA (Agenzia Europea del Farmaco) come primo farmaco indicato nella terapia della fibrosi polmonare lieve/moderata in Europa. Il farmaco è presente in commercio in Italia dal giugno 2013. In seguito alla pubblicazione nel Maggio 2014 di un ulteriore studio, chiamato ASCEND, che ha confermato e ampliato i risultati positivi degli studi preregistrativi CAPACITY, verrà sottoposta la richiesta di registrazione del farmaco all’FDA, per la commercializzazione di pirfenidone negli USA”, spiegano gli esperti.
“Oltre ai dati dello studio ASCEND, che conferma l’efficacia del pirfenidone, unico farmaco approvato per la patologia, lo studio osservazionale ‘Real Life’ che sarà presentato a settembre all’European Respiratory Society International Congress 2014, conferma che anche al di fuori di uno studio clinico e nella pratica clinica quotidiana pirfenidone è in grado di controllare la progressione della patologia. Lo studio condotto su 128 pazienti italiani con IPF è stato coordinato dal Dottor Sergio Harari dell’Unità Operativa di Pneumologia e UTIR Servizio di Emodinamica e Fisiopatologia Respiratoria dell’Ospedale San Giuseppe – MultiMedica di Milano”.
“In questo trattamento - orale, consistente in 9 pillole al giorno - gli effetti collaterali, presenti in alcuni casi, sono per lo più legati a disturbi gastrointestinali, come nausea, gonfiore e talvolta diarrea, e aumentata fotosensibilità della cute”, ha spiegato il Professor
Carlo Vancheri, Ordinario di Malattie Respiratorie dell’Università di Catania.
“Una prospettiva farmacologica potrebbe essere individuata dal
nintedanib (BIBF 1120)”, affermano gli esperti, “un anticorpo monoclonale che inibisce alcuni fattori di crescita che entrano nella patogenesi della malattia e che ha dimostrato in uno studio di fase 2 (studio sulla tossicità del farmaco) di rallentare la progressione della malattia. I risultati degli studi preregistrativi INPULSIS presentati nel corso del congresso ATS di San Diego nel Maggio 2014, hanno confermato il nintedanib come una possibile futura alternativa terapeutica per il trattamento dell’IPF. Il farmaco ad oggi non è ancora stato registrato da parte della autorità regolatorie europee e americane. non è attualmente registrato e commercializzato nell’Unione Europea”.
28 giugno 2014
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