Presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria di Sassari, nella notte tra il 12 e il 13 novembre, è stato eseguito in Sardegna il primo prelievo di cuore con procedura a ‘cuore fermo’ controllato, grazie alle volontà espresse in vita da un paziente di 59 anni deceduto presso il reparto di Terapia Intensiva.
"La particolarità dell’intervento – spiega a Quotidiano Sanità è il coordinatore del Centro Regionale Trapianti, il dottor Lorenzo D’Antonio - è consistita proprio nel prelievo, oltre che del fegato, anche del cuore, in un donatore in cui la morte è stata certificata dopo arresto cardiaco rilevato per 20 minuti con elettrocardiogramma così come richiesto dalla legge italiana. Il prelievo di un cuore da un donatore ‘a cuore fermo’ è una attività ad altissima complessità specialistica ed organizzativa, perché l’organo cardiaco resta fermo per tutto il tempo necessario ai fini dell’accertamento di morte e, successivamente, viene ‘riattivato’ ed irrorato per poter poi essere utilizzato, idoneo, in un trapianto”.
“È noto, infatti – prosegue il coordinatore del CRT -, che il prelievo di un organo a scopo di trapianto viene sempre eseguito su un cadavere. La legge italiana, emanata nel 1993, prevede che la morte di una persona (indipendentemente dalla possibilità di donazione) corrisponde alla cessazione irreversibile di tutte le funzioni cerebrali. Il decesso può essere accertato in due modi: con criteri neurologici, o con criteri cardiocircolatori. I criteri neurologici vengono utilizzati quando la morte avviene per un danno diretto all’encefalo, che può essere provocato da varie cause (traumatiche, vascolari, ischemiche, tumorali). In questi casi si va a documentare direttamente la cessazione delle funzioni cerebrali, con le modalità descritte nel Decreto Ministeriale del 2008, ed in queste situazioni il battito cardiaco viene mantenuto attraverso la somministrazione di farmaci e la ventilazione polmonare garantita con il respiratore automatico. I criteri cardiocircolatori si adottano invece quando la morte avviene per arresto cardiaco, per cui l’accertamento avviene mediante il riscontro dell’assenza completa di battito cardiaco e di circolo per 20 minuti, avendosi in tal modo la conferma dell’avvenuta perdita irreversibile di tutte le funzioni cerebrali. In questi casi, però, il cuore è ovviamente fermo durante l’accertamento, per cui, al termine di tale procedura, viene fatto ripartire grazie a tecniche di circolazione extracorporea, e, subito dopo il prelievo, inserito in una macchina di perfusione ai fini della verifica, a quel momento, dell’idoneità al trapianto. Tale procedura, fino a qualche tempo fa, non era mai stata effettuata nel nostro Paese per il cuore, proprio perché un organo complesso ed uno tra i più sensibili alla mancanza di ossigeno durante il periodo di arresto della circolazione sanguigna. Oggi invece le tecniche di riperfusione più all’avanguardia consentono di recuperare le funzionalità del cuore anche dopo i 20 minuti di arresto previsti per legge, rendendo quindi l’organo idoneo al trapianto”.
“La riuscita di una tecnica così complessa ed articolata è dovuta, oltre che alle competenze specialistiche di ogni singolo attore della rete, anche e soprattutto alla massima integrazione clinica, tecnica e culturale delle diverse professionalità coinvolte nel processo di donazione e di prelievo, nell’ambito di una attività che viene condivisa e coordinata dal Centro Regionale Trapianti unitamente al Centro Nazionale Trapianti ed alla intera rete nazionale di donazione e trapianto”.
“Riguardo al prelievo avvenuto a Sassari, il coordinamento locale dell’AOU, in sinergia con la centrale operativa regionale e con quella nazionale ha quindi avviato il percorso di accertamento di morte cardiaca ed il successivo processo donativo che ha consentito il prelievo del cuore e del fegato (oltre che delle cornee) ed il successivo loro trapianto. L’attività che è stata svolta nel corso di questa donazione è il risultato di un complesso processo clinico-chirurgico ad alta complessità, in quanto vi partecipano numerosi operatori e specialisti diversi, tutti impegnati in modo sinergico al raggiungimento del medesimo obiettivo, ovvero la cura delle gravi insufficienze d’organo attraverso il trapianto, che, lo ricordiamo, può aver luogo solo in presenza di una donazione. Per cui si tratta davvero di un sistema assai articolato e specialistico, presidiato dal Coordinamento Locale, medico ed infermieristico e, tramite la Centrale Operativa Regionale, dal Centro Regionale Trapianti”.
“Continuiamo sulla strada dell’impegno e della voglia di migliorarci sempre e continuamente, la Regione Sardegna è fortemente impegnata sul fronte della donazione e del trapianto di organi. I risultati fino ad oggi raggiunti indicano che la Sardegna è la seconda regione in Italia per tasso di segnalazione di potenziali donatori (ad oggi il 73.7 per milione di abitanti), risultato raggiunto grazie al lavoro del nostro sistema regionale di procurement, organizzata in rete e che ha come punti di riferimento i coordinatori locali di ogni singolo presidio ospedaliero coordinati dal Centro Regionale. Anche questo prelievo che ha avuto luogo a Sassari e che ha visto, nell’ambito di una donazione a cuore fermo, per la prima volta nella nostra Regione, il prelievo del cuore, è il risultato di un impegno massimale di tutta la nostra Rete, a partire dalla Terapia Intensiva, la Cardiologia, l’Equipe Cardiochirurgica ed i perfusionisti, la Chirurgia, l’Urologia, i Laboratori, l’Anatomia Patologica, il Centro Trasfusionale, attraverso tutto il personale medico, infermieristico e tecnico: un esempio di grande lavoro di equipe, e di alta specificità che onora l’impegno di tutta l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Sassari nel campo della donazione di organi, che, lo ricordiamo, rientra nei Livelli Essenziali di Assistenza del nostro Paese. Un ringraziamento particolare alla Dott.ssa Paola Murgia, Coordinatrice Locale dell’AOU di Sassari e alla Dott.ssa Stefania Milia, così come al Dott. Leonardo Bianciardi, Direttore della Terapia Intensiva, ma anche tutti i singoli professionisti che hanno partecipato attivamente al processo”.
“L’attività di donazione a cuore fermo consentirà un ulteriore incremento di organi destinati al trapianto, rappresentando così una risorsa preziosa per i nostri pazienti in lista di attesa” conclude D’Antonio.
Elisabetta Caredda