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Tumori al seno. Businco in affanno sulle liste di attesa. Doria: “Necessaria una riorganizzazione degli interventi”

di Elisabetta Caredda

Per l’intervento di un tumore al seno le pazienti oggi devono attendere, in media, circa 70 giorni dalla diagnosi istologica. In aumento le richieste di mobilità extraregionale. Doria: “La collaborazione tra il chirurgo senologo ed il chirurgo plastico deve andare di pari passo. Là dove l’intervento di ricostruzione del seno è programmato in tempi successivi all’asportazione del carcinoma, le prestazioni devono poter essere eseguite sfruttando le diverse sale operatorie di Arnas Brotzu, e lasciando libera quella dedicata agli interventi delle neoplasie mammarie”.

05 GIU - L’Ospedale Oncologico ‘A.Businco’, facente parte dell’Arnas Brotzu, noto a Cagliari per essere tra le strutture di chirurgia senologica più all’avanguardia e punto di riferimento delle donne nell’isola, è oggi in affanno: per l’intervento di un tumore al seno le pazienti oggi devono attendere, in media, circa 70 giorni dalla diagnosi istologica. A fronte dei 30 giorni previsti dal protocollo ministeriale. In aumento le richieste di mobilità extraregionale.

A seguito della preoccupante situazione denunciata di recente dalle pazienti e sollevata dalla capogruppo dei Riformatori in Consiglio regionale, Annalisa Mele, componente della commissione Salute, l’assessore regionale alla Sanità convoca lunedì scorso la direttrice generale Agnese Foddis e il direttore sanitario Raimondo Pinna, dell'Arnas Brotzu, ed il primario della Struttura complessa di Chirurgia senologica del Businco Carlo Cabula, per approfondire sulle cause che hanno determinato, negli anni a seguire, la riduzione del volume di tumori trattati e l’allungamento delle liste di attesa, così da poter trovare idonee soluzioni.

“Durante l’incontro che ho tenuto con i vertici dell’Arnas Brotzu ed il primario della Struttura di Chirurgia senologica del Businco – spiega l’assessore Carlo Doria a Quotidiano Sanità -, dove il gravoso problema è venuto alla luce, ho potuto riscontrare che oltre alla oramai nota carenza di anestesisti ed infermieri, sono venute ad essere meno anche le ore di sala operatoria dedicate ai soli interventi di tumori al seno. Infatti fino ad oggi la sala operatoria della chirurgia senologica veniva usata impropriamente anche per altri trattamenti chirurgici oncologici (es. asportazione di melanomi, biopsie linfonodali, etc.) e non, come ad esempio la rimozione di espansori e ricostruzioni mammarie in pazienti operate in precedenza che necessitano di percorsi dedicati e che non sottraggano spazi operatori alla chirurgia senologica oncologica. Per la carenza di medici specialisti e infermieri mi sono attivato per cercare di reclutare personale anche proveniente dall’estero, sulla disponibilità della sala operatoria e delle ore di intervento che il chirurgo oncologo deve poter dedicare alle neoplasie mammarie, indiscutibilmente questo problema necessita di una rivisitazione della programmazione e dell’organizzazione degli interventi che attualmente vengono svolti al Businco, e che devono poter essere pensati in collaborazione con tutti gli specialisti che hanno ruolo determinante nel contribuire a seguire la paziente. Esattamente come avviene nei maggiori ospedali italiani di oncologia, dove poi diverse pazienti hanno chiesto la mobilità extra regionale”.

“Ricordo – prosegue il professore – che l’ospedale Businco è anche sede della Breast Unit per il trattamento multidiscplinare e integrato del tumore della mammella, e come tale deve poter funzionare al meglio. Ora, prendiamo gli interventi delle ricostruzioni al seno, sui quali in questi ultimi giorni mi si sono ‘infilate’ parole in bocca, per erronea interpretazione di stampa, facendo aprire un’accesa discussione, che io però non ho mai detto. Vorrei qui chiarire bene la questione. La ricostruzione della mammella, in particolar modo negli ultimi anni, è riconosciuta appieno nella cura del tumore al seno. Tant’è che è a carico del Servizio sanitario nazionale. Nei casi in cui purtroppo la mastectomia totale non può essere evitata, o nei casi di chirurgia conservativa (quadrantectomia), è garantita alla donna la ricostruzione del seno perché possa, di pari passo ai tempi di cura e guarigione auspicata, risentire il meno possibile del disagio anche estetico conseguente all’asportazione del carcinoma aggressivo”.

“Perché ciò sia possibile – sottolinea l’assessore -, la collaborazione tra il chirurgo senologo ed il chirurgo plastico deve andare di pari passo. La ricostruzione, nella maggior parte dei casi, si è visto che sempre più oggi può essere eseguita in contemporanea alla mastectomia. Altresì, vi sono numerosi casi di pazienti dove questa concomitanza, asportazione tumore-ricostruzione, in un unico intervento non può essere svolta. Un intervento per una patologia oncologica prevede l’analisi e la valutazione di diversi fattori complessivi che portano poi alla decisione che assicuri al meglio di debellare il tumore nel modo più efficace possibile; valutazione che dovrebbe essere in genere frutto di un’interazione di lavoro di équipe che coinvolge medici chirurghi senologi e plastici, radioterapisti e oncologi, infermiere specializzate e psicologi. Ogni caso dunque è a se stante, ogni paziente può aver esigenza di una propria tempistica. E ciò può dipendere, tra i vari fattori, anche alle cure complementari alla chirurgia di asportazione del tumore alle quali il paziente viene sottoposto. Prima di tutto va quindi risolto il problema oncologico, e là dove non sia possibile in contemporanea, per via di fattori legati alla fragilità della paziente e relative cure, la ricostruzione del seno può essere allora consigliata anche a distanza di mesi o anche di anni (differita)”.

“In questo caso – evidenzia Doria -, ossia, nei casi in cui la ricostruzione è preferibile sia eseguita in tempi successivi all’intervento di asportazione della neoplasia, fondamentale è allora pensare ad una riorganizzazione delle sale operatorie che possa coinvolgere anche le altre sale operatorie della stessa azienda Arnas, in collaborazione con gli altri professionisti che si occupano prevalentemente di chirurgia plastica e oncoplastica. Ciò per permettere di concentrare l’attività oncologica del Businco a garantire con più efficenza la tempistica dell’urgenza alle pazienti che nella mammela vivono con una carcinoma aggressivo. E nello stesso tempo, a garantire alle donne che devono proseguire col percorso di ricostruzione del seno, l’opportunità medesima di poterla svolgere nei tempi programmati”.

“Le liste di attesa – conclude il professore -, se è vero che si vuol parlare di Businco ancora come sede di Breast Unit, devono essere abbattute. Pensare ad una riorganizzare delle prestazioni sfruttando le diverse sale operatorie che fanno parte tutte della medesima azienda, Arnas Brotzu, finalizzando gli interventi in maniera efficace ed efficiente per tutte le pazienti, sia per quelle che si trovano ad attendere l’asportazione del tumore, sia per quelle che hanno necessità di effettuare la ricostruzione in un secondo tempo, non significa sospendere o ritardare il percorso di cura. Semmai il contrario, ossia assicurare un percorso di cura adeguato ad ogni singolo caso. Abbiamo il dovere di portare a termine la cura di un paziente, quanto quello di salvargli in primis la vita di fronte un male che purtroppo ‘cammina’ aggressivamente dentro l’organismo e che va fermato il prima possibile”.

Elisabetta Caredda

05 giugno 2023
© Riproduzione riservata

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