Conferenza Regioni. Sul tavolo legge di stabilità, riforma costituzionale e convenzione farmacie
di Marzia Caposio
Seduta straordinaria dell'organismo che raccoglie i presidenti delle Regioni e Pa. Una riunione "calda" quella di domani. Con tre temi altrettanto scottanti. Su tutti certamente quello della stabilità. Le Regioni dovranno decidere dove e come tagliare i 4 miliardi a loro carico. Per l'intesa col Governo c'è tempo fino al 31 gennaio. E Rossi dice: "Dovremmo essere noi a scegliere, non il Governo".
14 GEN - Domani riunione straordinaria della Conferenza dei presidenti di Regioni e Pa. Tre i temi: iniziative da assumere sulla legge di stabilità 2015; preparazione dell’incontro sulle riforme costituzionali con il Ministro
Maria Elena Boschi; informativa del Presidente del Comitato di settore Regioni-Sanità sull’atto di indirizzo per il rinnovo della convenzione con le farmacie.
Tre questioni calde, ma certamente la più attuale e controversa è la prima. Le Regioni dovranno infatti decidere come e dove recuperare i 4 miliardi di euro annui richiesti dalla legge di Stabilità nel quadro della riduzione della spesa pubblica. Non sarà una passeggiata, visto l’ostruzionismo delle Regioni a questa misura, osteggiata fino alla fine dell’iter parlamentare della stabilità.
Le Regioni hanno sempre denunciato che tagliare 4 miliardi dai loro bilanci, di cui una grossa fetta è destinata alla sanità, si tradurrà in automatico in un taglio di prestazioni e servizi sanitari. Tant’è che all’epoca della discussione della legge in Parlamento erano state già ventilate ipotesi di ritocchi alla spesa farmaceutica e ai beni e servizi, per un totale di circa 1,5 miliardi annui, con contestuale riduzione del fondo sanitario.
Poi, come si sa, quell’ipotesi non è andata avanti e il Fsn è rimasto sui valori stabiliti dal Patto per la Salute. Ma come è noto per la sanità il rischio di tagli non è finito. Nella stabilità c’è infatti una clausola di salvaguardia che prevede che in caso di mancata intesa entro il 31 gennaio 2015 tra Governo e Regioni su dove e come operare i risparmi di 4 miliardi, sarà lo stesso Governo a prendere in mano le forbici con la possibilità, anch’essa contemplata dalla legge, di ridurre d’ufficio il fondo sanitario.
Che faranno le Regioni? Non è detto che domani esca un orientamento definitivo. Ma è certo che qualche segnale è atteso per capire su quale binario decideranno di muoversi i Governatori. Rottura completa con il Governo, lasciando all’Esecutivo l’onere dei tagli? Ricerca di una mediazione, mettendo nel calderone della discussione anche i nuovi Lea e i nuovi ticket ambedue allo studio del ministro
Lorenzin? Oppure si rilanceranno ipotesi di tagli come quelle formulate nei mesi scorsi su farmaceutica e beni e servizi? Domani si dovrebbe avere una prima idea su tutto ciò. Per adesso non resta che lo scarno ordine del giorno della riunione diramato oggi dal presidente
Chiamparino.
Anche se una voce chiara su quale direzione prendere si è sentita. E' quella di Enrico Rossi, presidente della Toscana, che l'altro ieri ha scitto una lettera a Chiamparino proprio in vista della Conferenza di giovedì. L'abbiamo raggiunto in serata in treno. "Penso che le Regioni debbano scegliere loro dove e come tagliare e non lasciare questa manovra al Governo", ci ha detto Rossi al telefono. Ma come? "Lo devono fare tenendo conto ognuna dei propri bilanci, rivedendo tutte le spese, non solo quelle sanitarie, quindi anche incidendo percentualmente in maniera difforme rispetto al peso proporzionale che ogni voce di spesa ha in bilancio". Come a dire che se è vero che la sanità incide per oltre il 70% delle spese correnti non è detto che i tagli sanitari debbano essere di quelle proporzioni.
Ma non basta. Per Rossi le Regioni devono accompagnare queste misure anche a progetti di ristrutturazione dei loro servizi, compresi quelli sanitari. "La mia riforma delle Asl con il loro riaccorpamento da 12 a 3 va in questo senso, per esempio, per razionalizzare spesa e organizzazione". E poi, ammicca il presidente toscano, "anche Roma potrebbe fare qualcosa", per esempio intervenendo sulla compartecipazione "con pesi realmente legati alle possibilità economiche delle persone". Che tradotto vuol dire che chi ha di più può dare di più anche per finanziare la sanità per far sì, dice Rossi, che "l'universalità del Ssn si riesca ancora a garantirla".
Marzia Caposio
14 gennaio 2015
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