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Consiglio di Stato. Regione non può ostacolare attività della sanità privata "non accreditata"


La Regione non può bloccare l’apertura di un nuovo reparto di una clinica privata se essa rispetta i requisiti organizzativi per l'autorizzazione e se non ha chiesto l'accreditamento col Ssn. È quanto ha stabilito il Consiglio di Stato accogliendo le richieste di una casa di cura romana. LA SENTENZA.

06 FEB - Gli obiettivi di contenimento della spesa sanitaria, seppur legittimi, non possono ostacolare la libera l'iniziativa del privato che non domanda soldi pubblici. È quanto si evince dalla sentenza 550/13, pubblicata dalla terza sezione del Consiglio di stato che ha accolto le istanze di una casa di cura che, previa autorizzazione, voleva offrire i suoi servizi a pagamento, senza dunque un incremento degli operatori che operano in regime di convenzione con la Regione e senza dunque far ricorso in alcun modo all’accreditamento. 
 
Il caso.
Con la sentenza n. 1769 del 2011 il T.A.R. per il Lazio, sez. III, riconosceva l’illegittimità del silenzio inadempimento della Regione Lazio in ordine ad istanza avanzata dalla casa di cura Villa Silvana s.p.a. per il rilascio di un’autorizzazione per l’apertura di un nucleo Alzheimer con venti posti letto (su cui era intervenuto parere favorevole della A.S.L. competente) nonché per l’utilizzo anche ambulatoriale dei servizi di diagnosi e cura già operanti nella struttura.
Ma il Commissario ad acta, nominato per provvedere in luogo della Regione restata inadempiente, si pronunciava in senso negativo affermando in particolare che:
- per i servizi di diagnosi e cura sussisteva la sufficienza delle strutture provvisoriamente accreditate a corrispondere al fabbisogno regionale;
- per i 20 posti letto per la patologia Alzheimer in base a delibera del DCA n. 103 del 2010 erano sospesi gli adempimenti relativi alla verifica di compatibilità con il fabbisogno di assistenza.
 
L’azienda presentava ulteriore ricorso ma con sentenza n. 6661 del 2012 il T.A.R. lo respingeva. Ma in appello, i giudici del Consiglio di Stato hanno dato ragione alla casa di cura in quanto “l’art. 8 ter del d.lgs. n. 502 del 1992 non subordina il rilascio del titolo autorizzatorio all’esistenza di uno strumento pianificatorio generale, ma ad una valutazione dell’idoneità della nuova struttura a soddisfare il fabbisogno complessivo di assistenza, prendendo in considerazione le strutture presenti in ambito regionale, secondo i parametri dell’ accessibilità ai servizi ed avuto riguardo alle aree di insediamento prioritario di nuovi presidi. A detta valutazione può, quindi, accedersi in relazione alla singola fattispecie, tanto più che l’ Azienda sanitaria territoriale aveva già espresso parere favorevole in ordine alle richieste avanzate dalla casa di cura Villa Elena”.
 
Inoltre, la tesi della casa di cura è passata anche grazie al riferimento fornito in merito ad alcune segnalazioni dell'Antitrust in cui si rileva come “una politica di contenimento dell’offerta sanitaria possa tradursi in una posizione di privilegio degli operatori del settore già presenti nel mercato, che possono incrementare la loro offerta a discapito dei nuovi entranti, assorbendo la potenzialità della domanda, sottolineando, inoltre, l’irrilevanza di criteri di contenimento della spesa sanitaria, non versandosi a fronte di soggetti che operino in accreditamento. D’altra parte, le valutazioni inerenti all’indispensabile contenimento della spesa pubblica ed alla sua razionalizzazione hanno la loro sede propria nei procedimenti di accreditamento, di fissazione dei “tetti di spesa” e di stipulazione dei contratti con i soggetti accreditati; procedimenti distinti e susseguenti (sia logicamente che cronologicamente) rispetto a quello relativo al rilascio della pura e semplice autorizzazione, che è quella di cui si discute.
Ora, entro un mese il commissario ad acta dovrà chiudere il procedimento.
 
L.F.

06 febbraio 2013
© Riproduzione riservata

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