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Fiaso: “Crescono le donne direttore generale di Asl e ospedali ma sono ancora il 22%”


In un anno la percentuale è aumentata del 3,8% ma indubbiamente sono ancora poche quelle al vertice. Più numerose le direttrici amministrative (37,9%) e sanitarie (32,6%). “Esiste ancora un forte gap di genere nel top management da recuperare, ma i segnali di crescita degli ultimi anni rappresentano un indicatore positivo. Quando abbiamo iniziato il monitoraggio, nel 2008, le Dg donne costituivano solo l’8,5% del totale nelle aziende sanitarie e ospedaliere”.

08 MAR - Due direttori generali su dieci sono donne. La presenza femminile ai vertici delle direzioni generali delle aziende sanitarie e ospedaliere italiane, sia pur ancora molto bassa, registra un aumento percentuale del 3,8% rispetto allo scorso anno. È quanto emerge dall’analisi condotta dalla Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere sul management femminile nelle direzioni strategiche della sanità.
 
Il trend positivo di crescita di donne manager è stato graduale ma continuo negli ultimi quattro anni passando dal 14,4% del 2018 al 22% registrato dalla Fiaso alla data del 28 febbraio 2022.
È più accentuata la presenza di direttrici amministrative pari al 37,9% del totale che fa registrare un incremento del 2,7% rispetto al 2021. Quasi immutata, invece, la presenza femminile nei ruoli apicali delle direzioni sanitarie che si attesta al 32,6% subendo una minima variazione dello 0,01% in più rispetto allo scorso anno.
 
Sono oltre quattro su dieci, infine, le donne che occupano il ruolo di direttore sociosanitario: un lieve decremento che passa da una presenza del 47,6% del 2021 al 44,4% del 2022.
A livello regionale in termini assoluti al vertice della classifica dei direttori generali di sesso femminile si conferma il Lazio con 10 Dg su 19, seguito da Emilia-Romagna con 6 Dg su 14, Lombardia con 6 Dg su 40, Sardegna con 5 Dg su 13, Veneto con 4 Dg su 13 e Piemonte con 4 Dg su 19.
 
In termini percentuali la classifica cambia. Il primato va sempre al Lazio (52,6%), seguito da Marche (50%), Emilia-Romagna (42,9%), Sardegna (38,5%), Toscana (37,5%) e Veneto (30,8%).
Tre le regioni in cui nessuna donna ricopre un ruolo di vertice nelle aziende sanitarie o ospedaliere (Abruzzo, Umbria e Valle d’Aosta) oltre alla Provincia autonoma di Bolzano e la Provincia autonoma di Trento.
 
“La stragrande maggioranza del personale del servizio sanitario nazionale, oltre il 60%, è donna, eppure pochissime ricoprono incarichi dirigenziali. Esiste ancora un forte gap di genere nel top management da recuperare, ma i segnali di crescita degli ultimi anni rappresentano un indicatore positivo. Quando abbiamo iniziato il monitoraggio, nel 2008, le Dg donne costituivano solo l’8,5% del totale nelle aziende sanitarie e ospedaliere; adesso la percentuale è salita al 22%. È una questione sia di cultura sia di opportunità: Fiaso ha nominato un gruppo di lavoro composto da direttrici generali con il compito di elaborare proposte per colmare l’attuale divario di genere”, commenta il presidente di Fiaso, Giovanni Migliore.
 
Il gruppo di lavoro Fiaso sul gender gap è costituito da Eva Colombo, Dg Asl Vercelli; Mara Azzi, Dg Asst Mantova; Monica Calamai, Dg Ausl Ferrara; Sabrina Pulvirenti, Dg Asm Matera.
“In una società in cui la cura della casa, dei figli e degli anziani grava ancora in modo prevalente sulle figure femminili, ricoprire ruoli di notevole impegno lavorativo e di studio può essere molto faticoso. Certamente c'è ancora molta strada da fare nella cultura della famiglia prima che si possa parlare di vera parità di genere”, dichiara Eva Colombo, Dg Asl Vercelli e coordinatrice del gruppo di lavoro Fiaso sul gender gap.
 
“Le cause della scarsa presenza di donne nei ruoli di vertice della sanità sono molteplici. Ci sono naturalmente motivazioni storiche: in Italia un compiuto riconoscimento del ruolo femminile è stato conseguito più tardi che in altri Stati. Poi motivazioni culturali: è ancora la componente femminile quella principalmente impegnata in ruoli di cura e caregiving, come testimoniato dal fatto che le donne, anche nella Pubblica Amministrazione, utilizzano molto di più il part time e l’aspettativa. La sanità inoltre, per anni è stata considerata un terreno maschile, soprattutto a livello dirigenziale – dichiara Monica Calamai, direttrice generale Ausl Ferrara e coordinatrice Community Donne Protagoniste in Sanità - Fortunatamente, negli ultimi anni, c’è una maggiore attenzione alla parità di genere, testimoniata per esempio dall’ultima normativa nazionale, Legge 162/2021, che introduce un inedito sistema di certificazione delle pari opportunità sul lavoro per le aziende pubbliche, con conseguente premialità per le aziende virtuose e inasprimento di sanzioni e controlli: un altro strumento di stimolo alla lotta per ridurre il divario di genere in relazione all’opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità. Tutte questioni ancora molto pronunciate e su cui bisogna intensificare l’impegno per raggiungere un’effettiva parità di trattamento. Nella selezione della dirigenza, inoltre, il Dl Reclutamento 80/2021 introduce ulteriori aspetti incoraggianti, laddove va a riconoscere anche le attitudini personali e i risultati di carriera.
Per sviluppare appieno il valore aggiunto che le donne possono dare al management sanitario, credo sia importante sviluppare anche modalità per trasmettere le esperienze delle manager esperte alle giovani generazioni di donne che operano nel Sistema Sanitario Nazionale, per esempio incentivando un programma di mentorship, ovvero un generoso e mutuo scambio di conoscenze, competenze ed esperienze, tra mentor e mentee, come già autorevoli donne nella storia ci hanno insegnato: ne citerò una per tutte, Rita Levi Montalcini”.
 
“La scarsa presenza di donne in posizioni apicali non riguarda solo il settore sanitario: normalmente ci sono più uomini ai vertici perché hanno avuto maggiori chance e più tempo da dedicare al lavoro, ma le cose stanno cambiando. Le donne devono credere di più in se stesse per sentirsi pronte e libere di affrontare ruoli di grande responsabilità. È un percorso di crescita che va costruito dal momento in cui una donna viene assunta in una pubblica amministrazione o in una azienda e che deve procedere di pari passo con le opportunità che devono essere date. Serve fiducia non tanto e non solo nelle competenze, ma anche nelle caratteristiche del genere: è sbagliato riscoprire un ruolo apicale imitando un modello maschile. Bisogna, invece, apprezzare la femminilità che rappresenta un valore aggiunto: presentarsi con trasparenza, sincerità, competenza e capacità di ascolto che sono piccoli ingredienti che fanno la differenza”, conclude Mara Azzi, Dg Asst Mantova.

08 marzo 2022
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