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Liste d’attesa e Medicina Generale: la strumentazione diagnostica da sola non basta

di Roberto Bellacicco

02 NOV - Gentile direttore,
la notizia dello stanziamento di 235 milioni di euro per dotare gli studi di assistenza primaria di macchinari diagnostici ha aperto un interessante dibattito.
Chiariamoci subito: la notizia non può che essere accolta positivamente da chiunque sia a favore della sanità pubblica ma è altrettanto importante chiarire che il solo stanziamento dei fondi per la diagnostica, in assenza di ulteriori misure normative, organizzative, contrattuali e formative, non servirà ad abbattere le liste d’attesa né potrà aiutare i MMG.
 
Misure organizzative: un MMG massimalista gestisce una media di 60 accessi al giorno di sole visite ambulatoriali multidisciplinari. A queste vanno aggiunte le visite domiciliari (programmate e a richiesta) e l’attività distrettuale. La tipica organizzazione dell’ambulatorio a mattine e pomeriggi alterni serve proprio a questo. L’attività burocratica è in vertiginoso aumento per la scarsa capacità della categoria di opporsi con efficacia al fenomeno delle prescrizioni indotte. Come si concilia un carico di lavoro già pesante e di difficile gestione anche per un MMG esperto con ulteriore carico di lavoro in assenza di correttivi organizzativi? La risposta potrebbe risiedere nell'associazionismo complesso (Supergruppo/AFT/CPT/Case della Salute) in cui uno o più MMG organizza un ambulatorio delle cronicità dedicato (BPCO, Ipertensione, Diabete, Ecografia etc.) per tutti i pazienti afferenti all'associazionismo. Queste forme organizzative non sono ancora diffuse in maniera omogenea in tutte le regioni e ci vorranno diversi anni prima che diventino il modello per tutti.
 
Misure contrattuali: non è chiaro il ruolo contrattuale delle prestazioni diagnostiche. Rientreranno nell'attività convenzionale? Saranno inquadrate come Prestazioni di Impegno Professionale? Dovranno essere a carico del paziente? Le importanti spese che un MMG, che è un libero professionista privo di tutte le tutele che hanno i dipendenti ospedalieri, deve affrontare per gestire il suo studio non gli consentono allo stato attuale di poter fare investimenti in termini di tempo e di formazione per offrire ulteriori prestazioni diagnostiche. Se vogliamo davvero spostare la diagnostica di I livello in assistenza primaria bisogna offrire soluzioni sostenibili da entrambe le parti.
 
Misure normative: la diagnostica di I livello sarà utile soltanto se si consentirà al MMG di fare il suo dovere ovvero diagnosi e terapia limitando la normativa Aifa che rappresenta spesso un ostacolo all'accesso alle cure. A cosa serve fare una spirometria ed interpretarla se il MMG non può prescrivere un LABA/LAMA o una Triplice LABA/LAMA/ICS e non può assegnare l’esenzione 057? Come può un MMG abbattere le liste d’attesa se pur facendo controllo glicemico, ecg, fundus oculi ed ecodoppler dei vasi non può poi prescrivere i “nuovi” (per modo di dire) antidiabetici come gli incretino-mimetici?
 
Misure formative: il ricambio generazionale in corso richiede di implementare ed uniformare l’offerta formativa dei CFSMG italiani in una ottica aderente alle nuove richieste assistenziali. Per poter effettuare prestazioni diagnostiche è indispensabile formare i medici e farlo bene. E’ possibile chiedere a tutte le scuole di formazione in MG italiane di effettuare corsi di ecg, spirometria ed ecografia con attività clinica guidata da medici esperti? La sfida della diagnostica di I livello in assistenza primaria è destinata a fallire in assenza di un rapido aggiornamento del CFSMG che inverta il preoccupante trend caratterizzato dall’elevato tasso di tentativi di fuga dalla medicina generale (medici in formazione MG che hanno provato il concorso SSM) superiore al 40% su base nazionale per il 2019.
 
Misure culturali: nel 2019 l’Italia non ha ancora provveduto a riconoscere la Medicina Generale come specialità ed è accompagnata in questa black list da soli 3 paesi su 28 appartenenti all’UE, con l’Inghilterra che sta provvedendo al riconoscimento in queste settimane. Il riconoscimento di specialità al CFSMG è stato chiesto praticamente da tutti, dalla Fnomceo, dall’Enpam, dalla SIMG e dal segretario Scotti nell’ultimo congresso Fimmg ma richiede un passaggio parlamentare e oggi non sappiamo quanto i parlamentari siano sensibili e sensibilizzati sul tema. Fatto sta che gli altri paesi vanno avanti e noi restiamo fermi. Il riconoscimento del titolo di specialista in medicina generale e l’adozione del core curriculum nazionale è fondamentale per incentivare la formazione e per fornire una copertura culturale e medico legale ai MMG che si apprestano ad effettuare prestazioni strumentali e quindi, sebbene correttamente formati, esposti all'accusa di imperizia in qualità di medici generici.
 
Insomma c’è ancora tanto da fare. Ma nessuno può davvero pensare che il problema delle liste d’attesa si possa risolvere di botto con un titolo di giornale.
 
Roberto Bellacicco
Medico in formazione in Medicina Generale
Taranto
 


02 novembre 2019
© Riproduzione riservata

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