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Nola non è un caso isolato

12 GEN - Gentile Direttore,
finalmente leggo su Quotidiano Sanità una difesa unanime dei medici verso i colleghi dell'ospedale di Nola. Vorrei però sottolineare che non è un problema solo del Sud Italia quello che è accaduto a Nola. E' la conseguenza di anni di tagli, a danno soprattutto di ospedali piccoli ma efficienti, naturale filtro per non sovraccaricare i grossi ospedali di casistiche risolvibili in periferia ma non di certo a domicilio.
 
Dico questo con la sicurezza di chi ha fatto il medico di famiglia per 34 anni a Perugia, limitando al massimo i ricoveri, lavorando con coscienza e passione, risolvendo a domicilio tantissimo ma non negando a nessuno il diritto ad un iter diagnostico precoce o ad un'emergenza dignitosa soltanto per non sforare parametri economici. Ho preferito ricevere multe e avere la fama di una un po' noiosa nel seguire troppo da vicino i Pazienti.
 
Purtroppo i problemi di sovraffollamento dei grandi ospedali sono iniziati con la chiusura indiscriminata di piccoli, ottimi ospedali, contro cui ci siamo inutilmente opposti, io allora da giovane medico ma anche i miei colleghi più anziani e più esperti.
 
A distanza di tanti anni cosa abbiamo risparmiato? Nulla, se ancora parliamo di spesa sanitaria elevatissima.
E' migliorata l'assistenza? Assolutamente no. Abbiamo soltanto sovraccaricato gli ospedali più grandi, a scapito della qualità.
 
Forse chi faceva i conti pensava che tagliando i posti letto si sarebbero tagliate le malattie?
Abbiamo solo voluto imitare il modello inglese. Ma qualcuno si è mai fatto curare in Gran Bretagna, non da cittadino di strato sociale elevato, ma da semplice lavoratore?
 
Sinceramente quando leggo di ricoveri inutili, esami di laboratorio inutili, mi dico che forse a volte può essere vero ma per lo più sono frasi buttate là in una o un'altra regione, da uno o un altro manager che dopo tre anni ci saluta lasciandoci forse qualche aggiustamento di bilancio ma certamente tanti problemi in più.
 
Nei tanti cambi di governo abbiamo una grande fortuna, un Ministro della Salute che non è cambiato, che ha, come tutti, pregi, difetti e limiti ma che da sempre è apparsa come persona lavoratrice, con a cuore la salute pubblica, che è poi anche la sua, perché amo ripetere sempre che nell'urgenza deve funzionare il pubblico, altrimenti si muore con il portafogli pieno e seduti su qualsiasi poltrona.
 
Partiamo da Nola per fare sentire forte la voce dei medici, uniti finalmente. Soprattutto governati da un Ministero e non da tante teste regionali.
Sono una persona che non ha nulla da perdere e neanche da temere per cui con chiarezza mi posso permettere di chiedere chiarezza e pretendere una risposta:
 
Possiamo ancora sopportare una sanità parcellizzata tra regioni, dove neanche la politica vaccinale, che dovrebbe essere mondiale, è nazionale?
Possiamo sopportare che si metta in dubbio il dovere di un medico di curare chiunque abbia bisogno?
Possiamo pensare che un'azienda spenda miliardi in apparecchiature diagnostiche e poi dica a me medico se è troppo fare un'ecografia o una TAC? Negli anni trenta mio nonno scriveva “con la radiologia siamo passati dalla medicina dei segni indiretti a quella delle evidenze” ed io adesso dovrei tornare indietro?
 
Deve dire l'OCSE se si fanno troppi parti cesarei o avremmo il diritto di sentire la voce almeno della SIGO, cioè il parere inequivocabile della scienza?
 
In un articolo che ho scritto di recente mi sono autodefinita Medico di strada. Solo sulla strada, tra la gente si vedono e risolvono i problemi. Dalla strada chiedo al Presidente De Luca di scusarsi con i colleghi di Nola ma di farlo per strada, non dietro allo schermo TV.
 
 
Dott. Paola Virginia Gigliotti
Medico libero professionista del 118
San Candido, Alto Adige

12 gennaio 2017
© Riproduzione riservata

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