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A Torino si vive di più che nel resto del Piemonte, ma restano disuguaglianze sociali ed economiche

Presentati i primi dati dell’analisi epidemiologica del territorio in vista della nuova Asl unica. Per Saitta “confermano la necessità di politiche sanitarie ma anche di politiche economiche”. L’analisi completa sarà presentata a gennaio.

15 DIC - “La salute dei torinesi è nel complesso migliore di quella di chi abita nel resto del Piemonte e il confronto è positivo anche considerando la media delle altre città italiane, in particolare quelle meridionali. Restano però delle disuguaglianze che seguono le differenze sociali ed economiche”. Lo dicono i risultati dello “Studio longitudinale torinese” realizzato dal Servizio di epidemiologia della Regione Piemonte su un periodo che va dal 1972 al 2011 e presentati in vista dell’accorpamento delle Asl To1 e To2 per creare una Asl Unica. La ricerca – che sarà presentata a gennaio nella sua completezza – viene anticipata oggi pomeriggio dall’epidemiologo Giuseppe Costa, responsabile del servizio dell’Asl To3, alle Commissioni Sanità del Consiglio regionale e del Comune di Torino oltre che ai presidenti delle Circoscrizioni cittadine.

Dall’analisi emerge che i torinesi hanno guadagnato otto anni di vita dal 1970 ad oggi, grazie all’adozione di stili di vita più sani e ai progressi della sanità. Rispetto ad allora, la speranza media di vita di un uomo è passata da 72 a 80 anni e mezzo, mentre quella delle donne è salita da 78 a circa 86.

Ma il dato, evidenzia la Regione in una nota, “è contrastante: in 40 anni si è ridotta la differenza nell’aspettativa di vita fra donne laureate e meno istruite, che è scesa da 5 a 3 anni e mezzo, mentre assistiamo a un aumento - da 4 a 5 anni - del gap per quanto riguarda gli uomini. Va comunque considerato che la diversità dei tassi di mortalità fra le persone con diversi livelli di istruzione è decisamente più contenuta rispetto a quella registrata in parecchi stati europei, inclusi i paesi scandinavi”.

“Come avevo garantito durante l’esame della delibera che ha creato la nuova Asl unica per la città di Torino - commenta l’assessore alla sanità Antonio Saitta -  siamo nella condizione di esaminare  alcuni dati epidemiologici per verificare lo stato di salute della popolazione del capoluogo”. “Questi dati – aggiunge - confermano la necessità di politiche sanitarie ma anche di politiche economiche. Le disuguaglianze non si riducono solo con l’offerta sanitaria: è noto infatti che all’incirca il 70% del contributo alla longevità è dato dalle condizioni socio-economiche, dagli stili di vita e dal miglioramento delle condizioni ambientali”.

Secondo i primi dati illustrati nella nota regionale, l’allungamento della vita media a Torino è dovuto a diversi fattori. “Ha inciso in particolare il cambiamento degli stili di vita: la mortalità causata dall’abuso di alcool è pressoché dimezzata, quella legata al fumo è diminuita del 40 per cento. A questi miglioramenti si aggiunge la riduzione del 60 per cento della mortalità per le malattie ‘evitabili’, attraverso cure più tempestive, diagnosi precoci, presa in carico di pazienti cronici. Progressi significativi si sono verificati, ad esempio, per quanto riguarda la cura del diabete, la più frequente delle malattie croniche con 40mila torinesi colpiti, ambito nel quale l’assistenza sanitaria è riuscita a limitare le disparità esistenti”.

Discorso analogo per gli scompensi cardiaci, che rappresentano la principale causa di ospedalizzazione: “Dal 2000 in avanti la mortalità intra ospedaliera si è ridotta dal 10 al 7 per cento, mentre è rimasta stabile negli altri casi. Più in generale, dal 1995 al 2012, l’assistenza territoriale ha fatto registrare sensibili passi in avanti, tanto che il tasso dei ricoveri per patologie croniche, considerati ‘evitabili’, si è ridotto del 28 per cento fra gli uomini e del 22 per cento fra le donne”. Miglioramenti anche per l’assistenza ospedaliera, come già rilevato dal programma nazionale esiti dell’Agenas. “Valga per tutti il tasso di mortalità correlata al parto, che è calato in 40 anni dal 53,4 al 3,7 su 100.000”.

“Questa analisi è unica nel suo genere in Italia e ci aiuterà a rafforzare il nostro intervento su tutte le politiche che hanno impatto sulla salute - spiega l’assessore Saitta -. Non si può non essere soddisfatti dei miglioramenti che ci sono stati negli ultimi decenni, ma sappiamo bene che la domanda di salute è ormai cambiata profondamente. I sistemi sanitari nazionali e regionali si devono confrontare con fenomeni come l’invecchiamento della popolazione, il calo demografico, l’immigrazione, l’insorgenza di nuove malattie, il costo elevato dei farmaci innovativi: situazioni complesse da affrontare e gestire con un approccio nuovo rispetto al recente passato, recuperando l’ottica dell’ascolto e promuovendo stili di vita corretti”.

15 dicembre 2016
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