Il regime autocratico delle sanità regionali: il caso delle Marche
01 SET -
Gentile Direttore,
ho provato a chiedermi quali siano le regole del gioco alla base del rapporto che c’è tra governanti e governati - e quindi chi decide e come - nel mondo della sanità delle Marche. L’obiettivo è quello di stabilire se il potere politico gestisce in questa Regione la sanità in un regime democratico, consentendo una partecipazione informata e consapevole ai processi decisionali e prevedendo forme di verifica degli stessi, o in un regime autarchico, in cui non vi è partecipazione e in cui chi detiene il potere decide da solo e risponde solo a se stesso.
Va premesso che la nuova Giunta di centro-destra insediatasi nelle Marche lo scorso ottobre agisce in sostanziale continuità di regime con quella di centro-sinistra che governava prima. E quindi il tema non riguarda nelle Marche “una” Giunta, ma “le” Giunte. Per questa analisi ho preso spunto dal
Masterplan di Edilizia sanitaria e Ospedaliera, oggetto di una delibera regionale di fine luglio 2021. Con questo atto è stato approvato un piano di interventi strutturali in assenza di un piano di riordino degli ospedali.
Il Masterplan:
1. non rispetta le indicazioni del DM 70 in base al quale andrebbe ridotto di almeno tre il numero di ospedali di primo livello nelle Marche (cosa che la precedente Giunta aveva deciso di fare prevedendo tre nuovi ospedali che ne avrebbero “assorbiti” sei attuali di primi livello);
2. non tiene conto delle effettive disponibilità di personale, personale che già oggi è in forte sofferenza in tutti gli ospedali della Regione;
3. non tiene conto della debolezza attuale dei servizi territoriali distrettuali e di prevenzione che con questo piano ospedaliero risulteranno ancor più penalizzati;
4. non presenta alcun dato a supporto delle scelte fatte;
5. va contro le indicazioni del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Un piano di edilizia sanitaria con questi limiti e con queste implicazioni avrebbe dovuto prevedere forme importanti di partecipazione e di confronto. Cosa che non è minimamente avvenuta e che ci porta a ragionare su quali siano nelle Marche le verifiche cui il potere politico regionale viene sottoposto quando si occupa di sanità, notoriamente la parte più consistente del proprio bilancio.
Prendiamo in esame quattro possibili livelli di verifica: quello politico-istituzionale a livello regionale, quello tecnico da parte delle Direzioni dei Servizi regionali e delle Aziende, quello ministeriale a livello centrale e quello sociale da parte dell’opinione pubblica.
A livello politico istituzionale regionale la Giunta delle Marche risponde in teoria a tanti, ma non risponde di fatto a nessuno. Esiste una Commissione Consiliare (la
IV) che si occupa di sanità e sociale, ma il suo lavoro è assolutamente inefficace anche perché poco competente. Non risponde al
Comitato per la valutazione e il controllo delle politiche(che tanto suona bene come dicitura quanto è fantomatico come attività). Non risponde alle istituzioni come l’Università che non ha e non cerca un ruolo di interlocutore critico, dipendendo troppe cose che la interessano dalla “benevolenza” della Regione. Non risponde ai Comitati di Tutela che operano per conto dei cittadini con cui il confronto non è voluto. Non risponde alle forze sociali, tra cui il Sindacato, con cui il confronto viene evitato.
In teoria ci potrebbe essere un ruolo di interlocuzione critica nei confronti della politica per i vertici tecnici della Regione (Servizio Salute ed Agenzia Regionale Sanitaria). Ma questa interlocuzione non esiste in quanto nelle Marche le Direzioni tecniche Regionali hanno solo il ruolo di tradurre in atti delle decisioni della politica, tanto è vero che la nomina degli incaricati è svincolata dal curriculum e sia il Servizio Sanità che la Agenzia possono essere diretti con requisiti insufficienti per le Direzioni Aziendali. Quanto alle Direzioni Aziendali, il rapporto fiduciale con la politica che li nomina e li verifica non lascia spazio a critiche “di sostanza”. In sintesi: i vertici tecnici della sanità a livello regionale non possono e non vogliono porsi come interlocutori critici e quelli a livello aziendale vorrebbero anche (almeno in alcuni casi) ma non possono.
Sulla mancanza di verifiche da parte del livello centrale
ho scritto già qui su QS non troppo tempo fa per tornarci. Sia che si parli delle verifiche di sistema da parte del
Comitato LEA che di verifiche su singoli punti come nel caso del
Tavolo verifica DM 70 , le verifiche da parte del livello centrale sono inefficaci e intempestive.
Per quanto riguarda, infine, il livello sociale, la stampa e le televisioni locali (TG 3 in particolare) sono governativi per definizione e i cittadini riescono a sollevare solo questioni puramente locali (per lo più chiusura o ridimensionamento di ospedali) o contingenti (lunghezza delle liste di attesa, intasamento dei Servizi di Pronto Soccorso, ritardi del Sistema di Emergenza Territoriale).
Questa analisi empirica mi porta a sostenere che il regime con cui il potere politico gestisce la sanità regionale nelle Marche (e con ogni probabilità anche in altre Regioni) è autocratico elettivo. E’ un regime in cui chi viene eletto ritiene di non dover rispondere a nessuno essendo per qualunque decisione sufficiente la coerenza col programma elettorale. La mia definizione di autocrazia elettiva è da dilettante e quindi per un suo approfondimento rimando a chi questo tema lo ha trattato con grande serietà come il
Prof. Michelangelo Bovero.
Gli effetti della autocrazia elettiva sulla qualità dei servizi erogati dalle sanità regionali sono potenzialmente molto negativi vista lo scollamento tra i problemi (che non si analizzano), le regole (che non si rispettano) e le decisioni (che non si motivano). Nelle Marche questo rischio ha già determinato conseguenze documentate da tutti i più comuni strumenti di valutazione comparativa delle performance regionali, compreso quello della griglia LEA.
Claudio Maria Maffei
Coordinatore scientifico Chronic-On
01 settembre 2021
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