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Strane “sinergie” nelle Marche: i servizi territoriali inglobati nell’azienda ospedaliera

30 MAR - Gentile Direttore,
le Marche sono sempre più un laboratorio di politica sanitaria da guardare con attenzione. Molti atti della nuova Giunta di centro-destra che governa dall’ottobre 2020 sono ispirati da un forte spirito di autonomia rispetto alle indicazioni normative nazionali. Questo vale in particolare per la programmazione ospedaliera su cui la attuale maggioranza ha costruito il proprio consenso elettorale.
 
Se, come dice Agatha Christie, che se ne intende, tre indizi fanno una prova, è intenzione della Giunta incorporare una delle Aree Vaste (quella della Provincia di Pesaro-Urbino) della Azienda Sanitaria Unica Regionale (ASUR) delle Marche all’interno della Azienda Ospedaliera Marche Nord.
 
Questo vorrebbe dire affidare ad una Azienda Ospedaliera i servizi territoriali (Distretti e Dipartimenti di Prevenzione) e ospedalieri di  un territorio di circa 350.000 abitanti. Di questa intenzione sono testimonianza (ecco gli indizi) le continue dichiarazioni alla stampa al riguardo dell’Assessore alla Sanità Filippo Saltamartini, fatte il 29 novembre 2021 e di recente il  25 febbraio e ieri 29 marzo. L’interesse di questa notizia va al di là dei confini regionali perché espressione di una pretesa di autonomia da parte di una Regione che può aprire una vera e propria breccia nel rapporto Stato-Regioni nel governo della sanità.
 
Lascio a chi ha una specifica competenza quali sono nel dettaglio gli ambiti di autonomia riconosciuti alle Regioni dalla modifica del Titolo V della Costituzione, oggetto tra l’altro proprio un anno fa di un convegno promosso da Agenas.
 
Una cosa è certa: una Azienda Ospedaliera che incorpora quella che è di fatto una Azienda Sanitaria Locale provinciale in natura non esiste. Il contrario (una Azienda Ospedaliera che confluisce in una ASL) è invece un processo fisiologico piuttosto comune.
 
Infatti, dal 31/12/1995 al 30/06/2020 le Azienda Ospedaliere sono passate da 81 a 43 (fonte: Rapporto OASI 2021). Rimane difficile capire come possa essere solo immaginata una soluzione istituzionale di questo tipo al problema di una Azienda Ospedaliera (Marche Nord) che non ha i requisiti per essere Azienda Ospedaliera ai sensi del DM 70/2015 che prevede tra i requisiti la presenza di un DEA di II livello e delle relative discipline (chirurgia vascolare, chirurgia toracica, chirurgia plastica, chirurgia maxillo-facciale, ecc.).
 
In maniera incoerente da un parte la Regione Marche ha previsto nel suo programma di edilizia sanitaria di mantenere distinti i due attuale presidi di Marche Nord prevedendo per entrambi una classificazione di ospedali di primo livello (il che impedisce definitivamente uno status di Azienda Ospedaliera) e dall’altra sta ipotizzando la confluenza di un ampio territorio all’interno di questa (non) Azienda Ospedaliera.
 
Le motivazioni di questa sorta di dissociazione sono solo politiche e  cioè il desiderio di non compromettere la immagine di Azienda Ospedaliera dell’Ospedale di Pesaro, espressione di una comunità locale di grande vivacità imprenditoriale e culturale come testimoniato dal recentissimo riconoscimento di Capitale Italiana della Cultura 2024.
 
Questo trapianto di territorio all’interno di una Azienda Ospedaliera è stato preparato con un trattamento soppressivo di qualunque forma di confronto. Lo si è ripetutamente proposto come scelta possibile, quasi naturale.
 
Del resto si è ormai consolidata nelle Marche l’abitudine di presentare le scelte sotto forma di Comunicati Stampa e interventi sui media locali in assenza di documenti e atti che le supportino. Adesso se la ipotesi della sperimentazione andrà avanti si tratta di capire a chi toccherà provocarne il rigetto. Perché ovviamente questo ci dovrà essere.
 
La  mia ipotesi è che chi governa una Regione non possa farsi propaganda con scelte che vanno esplicitamente contro le norme lasciando la responsabilità di bloccarle agli organi centrali. Credo che un comportamento di questo tipo vada contro il principio di leale collaborazione che dovrebbe ispirare assieme a quello di sussidiarietà il rapporto Stato-Regioni secondo l’articolo 120 della Costituzionee che come tale vada al più presto stigmatizzato.
 
Claudio Maria Maffei

30 marzo 2022
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