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Lombardia. La vera sfida è la coesione pubblico privato nel rispetto della Costituzione

24 MAG - Gentile Direttore,
dall’analisi del combinato disposto degli art. 32, 42, 97 e 117 della Costituzione possiamo dire che non ci sia un vincolo volto a stabilire un modello di sanità completamento pubblico, ma non possiamo nemmeno ritenere, come previsto dalla vigente legislazione lombarda, che pubblico e privato concorrano nel “quasi mercato” della salute. Analogamente che per il sistema pensionistico, da tempo si è affiancato al sistema pubblico un’assistenza privata sanitaria che è frutto degli accordi tra sindacati dei lavoratori e associazioni imprenditoriali. Una parte sempre più consistente di popolazione, ed in particolare coloro che lavorano, possono quindi contare su di un duplice sistema di accesso alle cure.

I disservizi che hanno caratterizzato la sanità pubblica e i conseguenti tagli alla sanità degli anni ’90 hanno incrementato sempre più il ricorso alle forme di welfare aziendale. Progressivamente, quindi, le strutture private hanno acquisito, e stanno acquisendo, ampie fette di mercato sostituendo la potestà statale con quella del mercato. In questo contesto lo Stato, che già ha perso potere a favore delle Regioni non governa più il sistema sanitario.

In Lombardia dove la metà circa degli interventi ospedalieri e ambulatoriali è appannaggio delle strutture private contrattualizzate, si può dire che non solo il governo della spesa ma anche quello tecnico politico è sfuggito alla potestà pubblica e si è frantumato in logiche di mercato. L’approccio non deve essere quello di contrapposizione pubblico – privato ma quello di pianificazione e programmazione delle risorse per garantire un sistema di cura della salute efficacie ed efficiente in cui prevalgano le logiche di mercato.

Sono a questo punto impliciti i richiami alla funzione sociale a cui la proprietà degli ospedali privati devono adempiere e il principio di buon andamento che implica che la spesa pubblica deve essere gestita in modo razionale. Il legislatore del 1999 ha modificato l’assetto liberista del D. Lgs 502 del 1992 dando rilievo alla programmazione dell’offerta per assicurare controllo e contenimento della spesa, sacrificando in parte la libertà di scelta dell’utente, riconosciuta solo entro gli ambiti delle prestazioni oggetto di programmazione. In tal senso il Consiglio di Stato, ha osservato che "le specifiche e primarie esigenze della domanda sanitaria e un oculato regime di spesa (...) senza un’adeguata fase programmatoria preceduta da un’analisi del fabbisogno, non possono essere adeguatamente soddisfatte, a valle, dalla sola fase della contrattualizzazione”. Per la Corte Costituzionale occorre “garantire l’effettiva programmabilità e la reale copertura finanziaria dei servizi, la quale deve riguardare non solo la quantità ma anche la qualità e la tempistica delle prestazioni costituzionalmente necessarie”.

Una delle finalità della riforma del 1999 era infatti quella di contenere il sovradimensionamento produttivo dell’offerta circoscrivendo a monte il numero di aziende private per l’erogazione di servizi sanitari. Se pensiamo poi che l’attività degli ospedali privati in Lombardia è avvenuta solo dopo una delibera della Giunta regionale di specifica autorizzazione, è evidente l’implicita violazione della Costituzione in quanto ogni cittadino ha diritto alle cure indipendentemente dal costo e pertanto il SSN non può rifiutare le cure come hanno fatto gli ospedali privati che hanno prima atteso l’ingaggio da parte di Regione. Si aggiunga a ciò il primato del diritto comunitario per cui gli Stati membri non possono applicare una norma nazionale contraria al diritto europeo.

I Trattati comunitari prescrivono la libera circolazione delle persone, delle merci e dei servizi e come tale anche quella dei servizi sanitari con anche il diritto di stabilimento. A tal fine le norme comunitarie stabiliscono rigidamente che le risorse pubbliche devono essere spese secondo criteri di trasparenza e partecipazione competitiva dei diversi soggetti economici a tutela di tutti gli operatori economici comunitari. Se è, pertanto, inevitabile avere una presenza di strutture private nel mercato, è anche fatto obbligo alle Regioni di programmare le modalità di intervento tramite un oculato uso delle risorse pubbliche, dove i LEA siano erogati tramite le strutture regionali o dalle strutture private che impiegate sotto la direzione e il coordinamento regionale e non in concorrenza con le strutture pubbliche. In tale contesto per non contrastare il diritto comunitario la contrattualizzazione deve essere preceduta da una fase selettiva dei diversi operatori economici interessati.

Se, come pare, la Regione Lombardia vuole continuare sulla strada della equiparazione tra soggetti erogatori pubblici e privati senza nessuna programmazione e selezione dell’attività privata ingaggiata, una bocciatura della norma per contrasto alla disciplina costituzionale e comunitaria è da mettere in conto.

Marco Fumagalli
Consigliere regionale del M5S Lombardia


24 maggio 2021
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