Coronavirus. Intervista a Giuseppe Maestri, il farmacista di Codogno nominato Cavaliere da Mattarella: “Un riconoscimento che condivido con tutti i farmacisti. Abbiamo fatto tutti il nostro dovere”
“Per alcuni giorni sentivi solo il suono dell’ambulanza, ogni 5 minuti”. “La sera tornavo a Piacenza, da mia moglie e dai miei figli, preoccupato di poterli infettare”. “Le persone erano preoccupate e avevano tante domande da porci”. “I miei collaboratori sono stati eccezionali”. Queste alcune delle frasi estrapolate da questa intervista con Giuseppe Maestri, socio titolare della farmacia di Codogno, prima zona rossa nell’emergenza covid. L’importanza del ruolo svolto da Maestri nell'emergenza è stato riconosciuto anche dal Quirinale, che lo ha nominato Cavaliere al merito della Repubblica. Ma lui precisa: “Ho fatto solo il mio dovere, come tanti altri farmacisti in Italia. E' un riconoscimento che condivido con loro”.
04 GIU -
Giuseppe Maestri viene da Piacenza ed è socio titolare di una farmacia nel piccolo centro lombardo di Codogno, 16 mila abitanti circa, luogo simbolo della tragedia che ha rappresentato in Italia il coronavirus. È a Codogno, infatti, che è stato identificato il paziente n. 1, Matteo. Ed è Codogno la prima area dove si è propagato il contagio. La prima zona rossa d’Italia. La prima città con il coprifuoco e le forze dell’ordine a presidiare i confini per evitare che qualcuno entrasse o uscisse dalla città. Qualcuno tranne coloro che a Codogno andavano per garantire i servizi essenziali. Come Giuseppe Maestri, appunto. Che ogni mattina da Piacenza raggiungeva, a Codogno, la sua farmacia, rimasta l'unico riferimento sanitario a disposizione dei cittadini quando l’ospedale è stato isolato a causa del virus e man mano che tanti ambulatori di medicina generale chiudevano perché i medici si ammalavano e morivano, o riducevano gli accessi per evitare il propagarsi dei contagi.
Il lavoro svolto da Maestri in questi mesi è stato così importante che il presidente della Repubblica,
Sergio Mattarella, ha deciso di nominarlo Cavaliere al merito della Repubblica, insieme a tanti altri “eroi” dell’emergenza che ha travolto il nostro Paese.
In questa intervista il Dott. Maestri ci racconta come sono stati quei giorni: le preoccupazioni, le difficoltà, la voglia di aiutare gli altri.
Dottor Maestri, come è stato ritrovarsi da un giorno all’altro nel mezzo di una drammatica epidemia?
La prima sensazione è stata di sconcerto. Codogno è un piccolo paese. Nessuno aveva messo in conto che, se il coronavirus fosse mai arrivato in Italia, il primo paziente e il primo focolaio si sarebbero registrati qui. Temevamo di non essere pronti a gestire una tale emergenza. Invece, fin da subito, le autorità locali e nazionali hanno messo in campo una serie di misure, con la collaborazione di noi farmacisti e dei medici. C’è stato un buon coordinamento e questo ha permesso di fronteggiare la situazione e tenerla, per quanto possibile, sotto controllo, anche se ormai i contagi si erano già enormemente diffusi.
Quali misure avete attuato in farmacia?
Abbiamo chiuso la farmacia al pubblico e servito gli utenti tenendoli fuori dai locali, così da evitare assembramenti e tutelare loro, ma anche noi. Noi farmacisti ci siamo subito protetti con i pochi DPI che avevamo a disposizione: mascherine, guanti, visiere. In questo modo la paura che avevamo, ed era alta, si è un po’ placata.
Qualcuno di voi farmacisti ha contratto il virus?
No, fortunatamente nessuno. Ma per me è stata una preoccupazione importante, perché era forte il senso di responsabilità nei confronti dei miei collaboratori. Collaboratori che sono stati eccezionali. Non sono mancati un solo giorno, si sono sacrificati tantissimo. Ci tengo molto a ringraziarli.
Siete stati presi d’assalto?
Il lockdown è scattato subito, quindi la città era deserta e i cittadini hanno recepito immediatamente l'importanza di restare in casa. Inevitabilmente, però, la farmacia è diventata il punto di riferimento anche di chi non poteva più accedere all’ospedale o negli ambulatori dei medici di famiglia, perché l’ospedale era stato posto in isolamento e tanti medici, qui a Codogno, si sono ammalati e sono anche molti. Inoltre, per cercare di ridurre al minimo il rischio contagi, sono stati limitati gli accessi agli ambulatori attraverso, ad esempio, la prescrizione farmaceutica elettronica.
Ai cittadini abbiamo quindi fornito indicazioni su come proteggersi dal virus; abbiamo cercato di rassicurare i più angosciati, senza però lasciare mai intendere che si potesse abbassare la guardia. I primi giorni abbiamo anche dovuto tenere sotto controllo la forte richiesta di mascherine e disinfettanti, che ci venivano chieste in modo spasmodico. Qui i contagiati sono stati moltissimi, la situazione è stata inevitabilmente difficile anche dal punto di vista psicologico.
Da noi sono arrivate anche persone disperate perché non potevano essere ricoverate per covid negli ospedali in quanto i reparti erano pieni. A loro, che avevano sintomi lievi, era stato detto di curarsi a casa. Ci chiedevano aiuto, consigli, spiegazioni su come assumere i farmaci, su come misurare l’ossigeno nel sangue…
Insomma, avete dovuto fare anche i medici e gli psicologi…
Non ci siamo mai sostituiti ai medici, ma nell’ambito delle nostre competenze e possibilità abbiamo cercato di dare una risposta a tutti, anche mantenendo un continuo e stretto contatto telefonico con i medici. Il contesto chiedeva a tutti noi di reinventarci e noi lo abbiamo fatto per non lasciare solo nessuno.
La sera lei rientrava a Piacenza?
Sì, da mia moglie e dai miei figli. Ed ero preoccupato anche per loro. Cercavo di avere tutte le accortezze necessarie, ma il distanziamento in ambiente domestico non è una cosa semplice. Speravo di non avere contratto il virus e di non contagiarli.
Avete avuto problemi di approvvigionamento di farmaci?
No, perché Federfarma ci ha aiutato a gestire le cose molto bene. Le istituzioni di categoria ci sono state molto vicine. Abbiamo avuto contatti anche con l’Ordine dei Farmacisti. C’è stato un grande gioco di squadra e questo è stato fondamentale sia per garantire il servizio che per farci lavorare nelle condizioni più sicure possibili.
Il Quirinale lo ha nominato Cavaliere al Merito della Repubblica. Che ne dice?
Le confesso che sono rimasto sorpreso, perché non ho mai pensato di meritarlo. In fin dei conti ho fatto solo il mio dovere, come tutti gli altri miei colleghi farmacisti in tutta Italia, che sono sempre rimasti in prima linea e come me si sono sacrificati moltissimo in questa situazione.
Io ho fatto tutto quel che ho fatto con passione, e lo stesso hanno fatto sicuramente anche loro. Ci tengo a sottolinearlo, perché non mi sento l'eroe della situazione, piuttosto il rappresentante della categoria. Voglio condividere questo riconoscimento con tutti i miei colleghi italiani.
Il virus non è scomparso ma stiamo tutti tornando pian piano alla normalità. Che cosa pensa che resterà di questa esperienza?
A livello professionale spero che ci si sia finalmente resi conto di quanto importante sia la farmacia per il sistema e per i cittadini. Credo che il riconoscimento del Quirinale voglia dire anche questo.
C’è una immagine che le è rimasta impressa di questo periodo?
Per alcuni giorni sentivi solo il suono dell’ambulanza, ogni 5 minuti. Sono stati giorni molto cupi.
04 giugno 2020
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