L’allarme dei diabetologi. Ok all’automonitoraggio glicemia, ma attenti a cosa si compra
Le preoccupazioni della Società italiana in una lettera al ministro Lorenzin e al presidente della Lombardia Maroni. Sotto accusa le gare in corso per l’acquisto dei nuovi dispositivi per l’automonitoraggio domiciliare della glicemia in Lombardia e in altre Regioni: “Prevalgono logiche economiche che mettono a rischio i pazienti e che alla fine porteranno a maggiore spese per il Ssn”
01 DIC -
Gentilissima Ministro Lorenzin, Illustrissimo Presidente Maroni, Illustrissimi Assessori e Direttori Generali,
scrivo a nome del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Diabetologia per esprimere la crescente preoccupazione della comunità diabetologica nel vedere lo sviluppo che in molte regioni sta prendendo la vicenda dell’acquisizione del materiale per l’automonitoraggio domiciliare della glicemia nelle persone con diabete.
La preoccupazione per gli aspetti clinici si accompagna ad una preoccupazione per gli aspetti di carattere economico. Infatti, stiamo vedendo operare scelte o siamo al corrente di decisioni che, a nostro avviso, porteranno ad un aggravio di spesa e non ad un risparmio. Questo è per noi motivo di notevole disappunto perché ci stiamo adoperando per ottimizzare l’uso delle risorse al fine di liberarne per garantire l’accesso alla innovazione tecnologica.
La Società Italiana di Diabetologia
ha recentemente individuato e presentato almeno 8 aree di intervento, dall’appropriatezza nel monitoraggio domiciliare e alla riduzione del fabbisogno insulinico e allo spreco di ormone, dalla scelta oculata degli esami di laboratorio alla prevenzione del piede diabetico, dalla riduzione delle ipoglicemie all’accorciamento della durata delle degenze, che possono generare immediatamente risparmi annui di centinaia di milioni di euro.
I diabetologi hanno iniziato ad operare per conseguire questi risparmi e faticano a comprendere perché vengano adottate decisioni in certe regioni che, seppure finalizzate lodevolmente al risparmio, non porteranno in realtà a vantaggi economici, a fronte di indubbi svantaggi clinici. In taluni casi si può anzi prevedere un aggravio di spesa che andrebbe evitato in un momento come questo.
Non desideriamo rimarcare principi espressi in precedenti note sulla imprescindibilità dell’automonitoraggio glicemico domiciliare, un vero e proprio complemento dei farmaci per la cura della malattia, sulla necessità di accedere subito all’innovazione tecnologica senza essere bloccati per anni dall’esito di una gara, sull’importanza della personalizzazione nella scelta fra un ventaglio di strumenti/sistemi con caratteristiche diverse, sulla opportunità di rimborsare solo la dotazione di strisce più appropriata alle varie situazioni cliniche.
Desideriamo, invece, sottolineare come questi principi, largamente condivisi dai diabetologi e ripresi dalle linee guida nazionali (vedi Standard Italiani di Cura del Diabete) non trovano riscontro in alcune decisioni assunte a livello regionale. Facciamo riferimento alla decisione di pochi mesi fa della Regione Piemonte di acquisire un unico strumento per gran parte dei pazienti e ai quali verrà quindi sostituito lo strumento in uso senza una motivazione clinica.
Facciamo riferimento anche alla decisione più recente della Regione Lombardia di indire una gara il cui capitolato denota una evidente mancanza di conoscenza di alcuni aspetti clinici propri del diabete: non esistono infatti pazienti né con tipo 2 né con tipo 1 in cui le ipoglicemie rappresentano il problema principale e altri nei quali invece il problema sono solo le iperglicemie: in realtà in tutti i pazienti dovrebbero essere evitate sia le une che le altre; non esistono pazienti a basso rischio ipoglicemico e per i quali non è richiesto un compenso metabolico stringente, anzi sono proprio questi i pazienti, di nuova diagnosi o con malattia di più breve durata, in cui il trattamento dovrebbe mirare ad obiettivi più ambiziosi per prevenire il danno d’organo, come raccomandato da tutte le linee guida.
Non è neppure appropriato che per tutti i pazienti la dotazione sia di 1000 strisce in un biennio o triennio perché la gran parte di loro dovrebbe misurare la glicemia in un anno poche decine di volte mentre altri dovrebbero misurare 2000-3000 volte all’anno. Non va poi dimenticato che questa gara prevede l’acquisizione di strumenti con requisiti minimi, adatti solo al 70-75% dei pazienti. Al resto di essi (bambini e adolescenti, pazienti in trattamento con microinfusore, soggetti con diabete tipo 1 o con diabete tipo 2 in terapia insulinica multi-iniettiva, ecc.) servono strumenti più tecnologici. In una percentuale di circa il 5% degli insulino-trattati (ma dovrebbero essere idealmente di più) servono strumenti in grado di fornire suggerimenti sul bolo di insulina da somministrare in funzione della quantità di carboidrati introdotti con il pasto.
Anche la possibilità di una gestione informatica dei dati con la generazione di indicatori utili per gli aggiustamenti della terapia da parte del paziente o del diabetologo dovrebbe essere un requisito previsto per molti strumenti perché questi indicatori sono già impiegati da una percentuale di pazienti rilevante e in continua crescita.
E’ poi importante sottolineare che la sostituzione dello strumento in uso per supposti vantaggi economici e non clinici è contrario al principio della continuità terapeutica, annulla il principio della personalizzazione della cura, comporta la perdita di preziose informazioni storiche sull’andamento delle glicemie nel singolo paziente (informazioni che lui e il team diabetologico condividono per ottimizzare la terapia), espone il paziente ad un rischio clinico, genera un aggravio di spesa e quindi un vero e proprio danno erariale.
L’aggravio di spesa è legato a due fenomeni:
1) costo degli eventi avversi legati alla sostituzione dello strumento con inevitabile comparsa di episodi di ipoglicemia e iperglicemia e verosimile perdita, più o meno prolungata, dell’aderenza al programma di monitoraggio e cura in un numero non piccolo di pazienti (immaginiamo il disagio e il rifiuto soprattutto negli anziani). Come già scritto, la stima molto prudente di 1 evento avverso ogni 1000 glucometri sostituiti genera una spesa di circa 300 mila euro ogni 100 mila glucometri sostituiti.
2) costo per l’istruzione all’uso del nuovo glucometro, operazione che richiede non meno di 15 minuti. La sostituzione di 100 mila strumenti richiede non meno di 25 mila ore di lavoro. Se lo fa un medico il costo lordo è di circa 60 euro per ora; se lo fa un infermiere è di circa 30 euro per ora. Nel primo caso la spesa è 1.500.000 euro ogni 100 mila strumenti, nel secondo caso è la metà ma si tratta pur sempre di 750.000 euro. In Piemonte è stata pianificata la sostituzione di circa 120 mila strumenti e in Lombardia di circa 370.000.
Si tratta di milioni di euro spesi senza un motivo clinico e senza un reale vantaggio economico. Da notare che destinare decine di migliaia di ore di lavoro di medici e/o infermieri alla sostituzione degli strumenti e all’istruzione al loro uso impedirebbe a questi professionisti di svolgere le normali attività, con la impossibilità di poter eseguire decine e decine di migliaia di visite specialistiche e/o di attività infermieristiche. In altre parole, i pazienti perderebbero la possibilità di essere curati al meglio, a meno che non si pensi di ingaggiare temporaneamente figure professionali, esperte nell’educare persone con diabete, solo per la sostituzione dei glucometri. Un’ipotesi assai improbabile.
In sintesi, chiediamo rispettosamente di considerare queste nostre riflessioni. Hanno una valenza non solo clinica ma anche di ordine economico. Siamo tutti consapevoli che le risorse debbano essere usate nella maniera più appropriata e siamo molto motivati a partecipare alla razionalizzazione della spesa nel rispetto dei bisogni delle persone con diabete ma fatichiamo a comprendere come alcune Regioni operino scelte clinicamente ed economicamente così infelici. Speriamo vivamente che certe decisioni possano essere riconsiderate.
Restiamo a disposizione e inviamo i più cordiali saluti.
Enzo Bonora, a nome del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Diabetologia
01 dicembre 2015
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