Aumenta il numero delle specie animali sensibili al SARS-CoV-2
di Giovanni Di Guardo
09 SET -
Gentile Direttore,
è di poche settimane fa la segnalazione relativa alla presenza di anticorpi anti-SARS-CoV-2 in un'elevata percentuale (40%) di "cervi a coda bianca" popolanti la regione nord-orientale degli USA. Ciò desta preoccupazione per una serie di motivi, primo fra tutti l'avvenuta esposizione al virus della succitata popolazione di cervidi, ai quali lo stesso sarebbe stato trasmesso, con ogni probabilità, da uno o più individui SARS-CoV-2-infetti.
In secundis, la propagazione dell'infezione ad un così ingente numero di esemplari suggerisce che il virus si sarebbe trasmesso all'interno della specie, il cui comportamento gregario ne avrebbe favorito la diffusione. Numerose sono, altresì, le specie animali domestiche e selvatiche già dichiarate suscettibili nei confronti dell'infezione (naturale e/o sperimentale) da SARS-CoV-2.
Fra queste si annoverano gatto, cane, criceto, furetto, leone, tigre, leopardo delle nevi, puma, gorilla, lontra e visone: elenco tutt'altro che esaustivo, ma che già di suo denota la notevole "plasticità" del virus, presumibilmente originatosi da uno o più "serbatoi" animali e capace d'infettare specie filogeneticamente assai distanti fra loro. Un discorso a parte in tale ambito lo merita il visone, in cui SARS-CoV-2, una volta acquisito dall'uomo, sarebbe evoluto in una temibile "variante" (cluster 5) per esser quindi "restituito" all'uomo in forma mutata, come è stato dimostrato un anno fa in numerosi allevamenti di visoni olandesi e danesi.
La comprovata capacità d'infettare in condizioni naturali un crescente numero di specie animali domestiche e selvatiche andrebbe pertanto considerata ai fini sia della loro salute e conservazione sia del potenziale sviluppo di nuove varianti di SARS-CoV-2, nella sana ottica della "salute unica" di uomo, animali ed ambiente.
Giovanni Di Guardo
Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria all'Università di Teramo
09 settembre 2021
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