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La “scorciatoia pericolosa” delle cooperative per coprire la carenza di medici in Pronto soccorso

di Salvatore Manca

09 GIU - Gentile Direttore,
ormai il tema è tristemente noto: si stima che in Italia manchi circa il 30% di medici d’urgenza rispetto alle reali necessità. Col tentativo di risolvere il problema, con maggiore frequenza, si ricorre all’utilizzo di medici delle cooperative, affidando loro la copertura completa, o in parte, dei turni di Pronto Soccorso.Ai management delle ASL o delle aziende ospedaliere, questa appare come la soluzione più rapida per ovviare ad un problema immediato, ma è una scelta non scevra di criticità organizzative e di sicurezza del paziente.
 
Le cooperative sono società economiche di intermediazione, di fornitura di servizi. Non diverse dalle agenzie cui rivolgersi per usufruire di badanti e/o baby sitter e assicurano la copertura ad ore del turno, senza troppo badare al tipo di professionista disponibile. Il proliferare in tutta Italia di queste cooperative è sinonimo dell’alta richiesta e le tariffe pare non siano regolate da appalti o contratti nazionali ma orientati dalla “richiesta di mercato”. La domanda verosimilmente causa una corsa al rialzo delle tariffe che si accettano a causa della difficoltà nel reperimento di un numero di medici sufficiente.
Sapere che il turno sarà coperto può tranquillizzare il management aziendale rispetto a un compito svolto sulla carta, ma certamente non il Direttore dell’unità operativa di PS, che del servizio ha la responsabilità diretta.
 
Ogni struttura ha un’organizzazione propria, diversa dalle altre: specialità e consulenti, laboratorio analisi e radiologia, DEA, modalità di trasferimento, sistemi informatici, procedure e protocolli molto altro. Anche solo le modalità di stoccaggio di quanto utile a svolgere il turno sono da conoscere. La domanda è semplice, come trasferire tutto questo sapere di procedure, tecniche, modalità, ruoli a chi viene a fare un turno ad ore una tantum (magari una volta sola) in un determinato Pronto Soccorso? Va sottolineato che con questa modalità è del tutto esclusa la possibilità di predisporre un percorso formativo anche elementare perché, per definizione, si tratta di copertura alla mancanza personale e non di affiancamento, ossia si garantisce la copertura del turno, senza le dovute attenzioni.
 
Come anticipato altra problematica è la totale non conoscenza dello stato di riposo del professionista preposto. Non è dato sapere da quali e quanti turni lavorativi il medico della cooperativa è reduce. Capita inoltre che spesso i medici risiedano anche a distanza dal luogo al quale vengono assegnati, non è escluso il rischio che i professionisti possano arrivare dopo aver percorso viaggi massacranti.
Sulle responsabilità il Primario ospedaliero è coinvolto penalmente in vigilando ed in eligendo, dei suoi collaboratori, quindi di fatto rischia di essere ”corresponsabile” dell’utilizzo di quel medico in quel PS, con quelle modalità, anche se non le ha scelte.
Se un medico della cooperativa dovesse incorrere in un errore, magari anche solo dovuto alla stanchezza o alla scarsa conoscenza dei percorsi e delle procedure interne o perché no, per preparazione specialistica inadeguata per il ruolo, chi risponderebbe? Il management aziendale o il Direttore della struttura? La risposta dovrebbe essere ovvia!
 
L’emergenza- urgenza è una specialità! Non si improvvisa. Per poter ben espletare l’attività medica nei Pronto Soccorso è necessaria la specializzazione in medicina di emergenza-urgenza o una disciplina equipollente - secondo il Ministero - ma raramente nella realtà delle cooperative ciò succede. Molto pericoloso è il concetto che chiunque possa lavorare nei Pronto Soccorso. Oggi i Pronto Soccorso sono evoluti e sono diventati particolarissimi luoghi di degenza e cura che abbisognano di una formazione continua e complessa. La scorciatoia che qualunque medico vada bene è uno sbaglio clamoroso e ci porta indietro di decine di anni. Quale paziente vorrebbe stare in sala operatoria con un neo laureato? Chi vorrebbe essere operato al femore da un oculista? Andreste da un ortopedico a farvi cavare un dente? Per le stesse ragioni non si capisce perché un politraumatizzato o un infartuato o un arresto cardiaco possano essere considerati gestibili da un medico non specialista in urgenza non esperto in quella disciplina.
 
È una strada molto pericolosa, costosa e inefficace e spiace constatare il silenzio assordante delle organizzazioni sindacali, della politica, degli organismi di tutela dei cittadini, che in pochissime occasioni hanno analizzato il problema, come se ciò non riguardasse tutti in prima persona.
Non dobbiamo mai dimenticare che tutti noi, senza alcuna esclusione di ceto sociale, età, condizione economica, professione, provenienza, siamo potenziali pazienti di Pronto Soccorso e nel momento della necessità abbiamo diritto a essere assistiti e curati in strutture adeguate da medici e infermieri formati con il giusto mix di competenze.
 
Più che con le cooperative occorre lavorare per costruire il futuro.
 
Salvatore Manca
Presidente Nazionale Società italiana medicina Emergenza Urgenza (Simeu)

09 giugno 2021
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