La trappola della “dipendenza”
di Roberto Pieralli
26 APR -
Gentile Direttore,
in queste settimane torna, come ciclicamente accade, la tematica del “meglio convenzionato o meglio dipendente”, con il tipico dibattito che avviene spesso nella solo parziale consapevolezza dei pro e dei contro e delle conseguenti implicazioni.
Nella quotidianità assistiamo al continuo rullio tra medici convenzionati, o meglio tra questi, medici di medicina generale, che vorrebbero la dipendenza, e vediamo poi in specularità i dipendenti che vorrebbero la convenzione. Spesso tuttavia, escono dalla discussione sia i medici specialisti ambulatoriali ed i pediatri di libera scelta, nessuno si chiede il motivo del perché tra i convenzionati questi due settori siano meno “rumorosi” di altri ?
Nell’ultimo decennio abbiamo ben visto come, per quanto l’erba del vicino appaia sempre come la più verde, nella realtà questo sia un bias, una distorsione cognitiva e percettiva, dovuta al fatto che si osserva il tema da un angolo estremamente limitato e con preconcetti ed aspettative che spesso non tengono conto di molti altri ragionamenti.
Ho l’onore e la fortuna di lavorare in quella fetta di servizio sanitario, l’emergenza sanitaria territoriale, che si sdraia e crea il ponte tra i due paradigmi organizzativi: ospedale con la sua struttura di lavoro subordinato e il territorio con la sua forma di incarico parasubordinata convenzionale. Proprio in quest’ area sono molte le commistioni contrattuali e le problematiche connesse.
Ascolto e leggo ogni giorno i colleghi di altre regioni e altre province rispetto la mia, che desidererebbero l’inquadramento alla dipendenza, esperienza che nel passato è stata percorsa, e che pur tuttavia anche dove operata ha visto in pochi anni un numero considerevole di colleghi fare dietro front e rientrare nell’area convenzionale dopo alcuni anni di sofferto lavoro subordinato.
Tutti i lavori, tutti i contratti, tutti i posti di lavoro hanno dei “problemi” o delle caratteristiche di pro e di contro che li contraddistinguono. Ma quale sarebbe la soluzione? La fuga verso altri contratti o altri luoghi con altri problemi e caratteristiche o piuttosto il soffermarsi sul migliorare il lavoro che si ama e sull’impegno diretto, personale e di categoria, sul modificare quando non va nel proprio contratto?
Personalmente non condivido chi genericamente e con certezza quasi granitica scrive spesso gravi imprecisioni rispetto “i convenzionati non hanno la malattia”, o “non ci sono le tutele”, che spesso esistono e non sono conosciute o comprese, ma che talvolta vanno certamente riviste, integrate e migliorate in maniera ragionata e realistica. Chi liberamente protesta, ma come proposta pensa solo alla trasmigrazione in un altro contenitore del quale non conosce bene i problemi ma del quale spesso di vedono solo i luccichi e si ode i canti delle sirene, rischia di ripetere quanto avvenuto nel passato, in un ciclo futile che invece andrebbe portato fuori da quella spirale.
Guarda caso, troppo spesso dove più si sentono i problemi di “contratti” e di “tutele” vi sono anche i minori tassi di sindacalizzazione. Guarda caso dove vi sono questi problemi mancano livelli contrattuali decentrati e a livello nazionale, vi sono convenzioni da rivedere in maniera importante nella struttura normativa di tutele e prerogative.
Questo è un tema di grande responsabilità non solo sindacale, ma di tutti quei medici che fino ad oggi hanno pensato “qualcuno ci penserà”, una responsabilità di coloro che non hanno nemmeno fatto la fatica di delegare un’organizzazione sindacale a rappresentarli, o, se lo hanno fatto, evidentemente avrebbero dovuto meglio valutare la vision e la solidità dei rispettivi rappresentanti ad ogni livello rispetto il proprio settore di lavoro.
Non entrerò ora sul tema “meglio convenzione o meglio dipendenza”, la mia opinione è arcinota: il contratto di lavoro ha un valore importante ma limitato quando parliamo di “Professionisti” con la P maiuscola. Il contratto è solo un aspetto amministrativo, le stesse tutele per malattia, per infortunio, per gravidanza, 104, si possono negoziare tanto per la dipendenza tanto per la convenzione, il punto è che servono sindacati consapevoli ed orientati a questi aspetti sui rispettivi tavoli.
Quando le tutele essenziali sono garantite, allora quel che differisce realmente, e che rimane nel fondo del setaccio, è la subordinazione o non subordinazione del medico.
Non credo ci sarà alcuno a farmi cambiare idea rispetto al fatto che il vero motivo sottostante alla tanto decantata dipendenza che alcuni manager vorrebbero per tutti, risieda proprio nel poter disporre di personale medico con una autonomia professionale che potremmo definire “contingentata”, con la possibilità di un disciplinare anche solo per aver esternato le problematiche vissute nel proprio ambiente.
Per questo motivo sono molto convinto che per quanto più complesso sul piano manageriale, doversi confrontare con Professionisti su un piano paritetico anziché subordinato, porti a tutto il sistema a un estremo arricchimento e miglioramento piuttosto che a un rallentamento peggiorativo o più spesso, non nascondiamoci, una “seccatura” al manager di turno.
Un recente piccolo assaggio di questo lo stiamo proprio vivendo ora nell’ Azienda dove opero, azienda nella quale, oggi, proprio per i meccanismi di cui sopra il personale convenzionato dell’emergenza, avendo avuto coesione e capacità di creare un ambiente funzionale, è in grado di andare a supportare altre aree in attuale difficoltà, gestite proprio dal quel modello subordinato….
Dott. Roberto Pieralli
Medico di Emergenza Sanitaria Territoriale
Presidente SNAMI Bologna
26 aprile 2021
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