Alla sanità i “veti” dei medici fanno solo male
di Maurizio Guccione
25 MAR -
Gentile Direttore,
è difficile in un momento così delicato trattenere la rabbia nei confronti di chi – da troppi decenni – ha blindato la sanità avendo una visione sempre più anacronistica del concetto di salute. La realtà medico-centrica del sistema, ha fatto sì che le altre professioni sanitarie faticassero non poco nella conquista delle variegate competenze, avanzando il diritto a essere riconosciute facenti parte di un sistema complesso di professionalità il cui obiettivo è la presa in carico del cittadino malato in tutta la sua interezza.
Così chi più (le professioni tecnico sanitarie) chi meno (quella infermieristica) hanno dovuto intraprendere percorsi a ostacoli, dove l'ostacolo è stato rappresentato dalla parte politica per molti lustri condizionata dalla categoria dei medici che hanno esercitato ogni sorta di veto.
Questa visione della salute, lo stiamo vedendo da oltre un anno, ha messo in evidenza effetti piuttosto gravi. Intanto ha marcato che la politica sanitaria, fautrice dei tagli agli investimenti nella sanità, ha penalizzato in primis i medici stessi; ha agito, in secondo luogo, senza una visione d'insieme premiando solo da pochissimo tempo le professionalità sanitarie (per esempio la transizione da Collegi a Ordini) ma non consentendo, nei fatti, di poter realizzare quel cambio di passo necessario.
A dirlo non sono io ma gli eventi: la pandemia ha cristallizzato un modello di sanità inadeguato, iniquo tra nord e sud e in affanno costante: perché in affanno lo era già prima del Covid.
La politica dei tagli ha determinato questa situazione, badando solo all'aspetto legato al risparmio o, come dicono con far di maniera, alla razionalizzazione.
Naturalmente il Covid-19 non era previsto, ma quando non si assume da troppo tempo ecco che il conto lo pagano i cittadini, con servizi ridotti all'osso. Inutile, quindi, parlare di eroismo (pratica peraltro ipocrita) quando la politica nazionale e regionale ha avallato sistemi sanitari fondati sul mero risparmio: dei beni materiali e delle cosiddette, sempre ipocritamente, risorse umane.
Anche la difficoltà a reperire vaccinatori è frutto di un concetto di sanità anacronistico. Se in altri Paese a fare un'iniezione intramuscolo è addetto personale sanitario ma non medici, significa che in Italia, anche un atto semplice come un'iniezione, è stato inscritto nella sfera vigile dove la presenza di un medico (alcuni rientrati volontariamente e meritoriamente dalla pensione), è fondamentale.
Sbloccare questa pratica prima dell'arrivo (sperato) di grandi quantità di dosi vaccinali, sarebbe un fatto che renderebbe più spedita la campagna di vaccinazione.
L'imposizione da parte della classe medica ben spalleggiata dal sistema politico, oggi, sta mostrando ogni sua sfaccettatura negativa, andando a contribuire a un'inefficienza frutto, appunto, di tagli sconsiderati e di quel ferreo monopolio oggi sempre più scricchiolante.
Bene sta facendo la Fnopi a
ridisegnare il futuro della figura dell'infermiere.
Mi sento di suggerire anche alle altre categorie lo stesso impegno nel portare avanti una visione moderna e rispondente alla realtà delle tante e belle professioni sanitarie: afferire a un Ordine senza essere in possesso dei mezzi che tributano all'iscritto una reale autonomia, rischia di far apparire gli Ordini come dei gusci vuoti.
Credo che sarebbe un peccato, così come sono convinto che il momento giusto per imbastire una vera e propria riforma sia esattamente questo.
Maurizio Guccione
Tsrm e Giornalista
25 marzo 2021
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