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Leopardi e il vaccino Covid

di Palma Sgreccia

11 GEN - Gentile Direttore,
Giacomo Leopardi ne’ La ginestra (1836) invita gli uomini ad unirsi contro le minacce della natura matrigna in una social catena, combattendo le ingiustizie sociali per dare origine ad un onesto e retto conversar cittadino, in un clima di giustizia e pietade e di vero amore. La lirica di Leopardi è una critica ai facili ottimismi del  secol superbo e sciocco, intento a celebrare dell’umana gente, le magnifiche sorti e progressive, è un richiamo allo sguardo lucido sulla realtà, ad un atteggiamento che pone nella conoscenza razionale della realtà la vera grandezza e dignità dell’uomo.
 
In questo tempo di pandemia da Covid-19, l’appello alla social catena è costante, sia per ricordare il necessario sostegno economico alle categorie più colpite, sia per convincere i dubbiosi a vaccinarsi al fine di tutelare la salute che è un bene comune. Resta da capire quanto questo appello avvenga in un onesto e retto conversar cittadino.
 
Spesso sembra che ai dubbi sul vaccino si risponda con una logica essenzialmente religiosa: si chiede di riporre fede nel vaccino, ma poco tempo e spazio viene dedicato all’analisi del suo funzionamento, più che spiegazioni vengono presentati testimoni che si vaccinano in diretta, la forza della testimonianza prevale su quella dell’argomentazione. Vaccinarsi diventa una questione di fede e di militanza.
 
Soprattutto se sarà dimostrato che il vaccino impedirà il contagio può essere necessario renderlo obbligatorio, non senza però un retto conversar cittadino in cui lo scetticismo sanitario possa avere risposte chiare ed oneste, in cui il dubbio non sia visto come una forma di terrorismo.
 
Il retto conversar cittadino è un dialogo che tiene presenti le paure personali e collettive, per la propria salute e per il futuro. Se al medico alcuni preferiscono il mago è perché quest’ultimo dedica più tempo all’ascolto della paura, così se alla scienza e alla democrazia alcuni preferiscono i neo-sciamani e i leader populisti è perché c’è chi sa manipolare bisogni e paure.
 
La paura fa preferire le posizioni fragili, ma rassicuranti, non a caso Leopardi sceglie questo incipit per La ginestra:  “E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce” (Giovanni, III, 19).
La “social catena” si costruisce in un “onesto e retto conversar cittadino” in cui i dubbi – secondo lo spirito della modernità – sono oggetto di analisi e risposte.
 
Nell’ottica dell’onesto conversar cittadino è interessante esaminare la posizione espressa nell’articolo pubblicato nel MORALIA BLOG del 23 dicembre 2020, dal titolo No vax, no party. Sull’obbligatorietà del vaccino anti-COVID, a firma di due teologi, Giovanni Del Missier, Roberto Massaro, che propongono il concetto di diniego responsabile.
 
Così si esprimono: “Nonostante ogni sforzo di persuasione, una parte di popolazione non vorrà sottoporsi alla vaccinazione. A nostro avviso, tale scelta va rispettata in nome del principio di autonomia, ma non si può non tenere conto delle ricadute che essa ha sui diritti di terzi. […] Per questo ci appare ragionevole pretendere che quanti non sono immunizzati per propria insindacabile volontà partecipino alle spese sanitarie nel caso in cui si ammalino, almeno per una percentuale significativa dei costi (50-70%). Infatti se l’autonomia individuale pesa sulla collettività ciò costituisce una violazione della giustizia e non si può fare appello alla tolleranza civile delle proprie opinioni.
 
Potremmo chiamare questo secondo aspetto diniego responsabile: chi decide di agire in modo difforme alla norma può farlo a patto di assumersi i costi del ricovero e delle cure qualora eventualmente contraesse il coronavirus senza pesare economicamente sulla comunità”.
Quella individuata è una posizione intermedia: per i due autori, la libertà ha un prezzo e cercano di trovare il modo di applicarlo in modo lieve, senza coercizione forte. Il problema è che quella strada ha implicazioni più generali che paiono ancora più problematiche dell’obbligo coercitivo. Infatti, ci si può domandare che cosa succederebbe se tale criterio fosse applicato anche in altre situazioni sia di vita sociale sia, soprattutto, di gestione della salute.
 
Circa le prime basti pensare a chi non mette la cintura di sicurezza in auto, una misura “limitante” che alcuni pretendevano dover essere lasciata alla scelta personale con gli eventuali costi sanitari. Circa l’altra, che dire degli obesi, dei fumatori, di coloro che non accettano stili di vita salutari, dovrebbero poi “responsabilmente” assumersi l’onere economico delle cure? Come valutare le situazioni in cui il nesso causa-effetto non è così chiaro? Con l’aumentare del controllo sulla nostra salute la malattia sarà solo una responsabilità del malato? Ancora, la malattia tornerà ad essere, arcaicamente, sempre una colpa  del malato-peccatore?
 
Sono domande che portano fuori dalla questione dei vaccini, ma da porre all’onesto conversar cittadino, sempre in vista della social catena, nella guerra comune contro l’empia natura.
 
Palma Sgreccia
Docente di Filosofia morale e Bioetica
Master in “Bioetica, Pluralismo e Consulenza etica” dell’Università di Torino

11 gennaio 2021
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