Maggiore rischio di morte nel post operatorio per i pazienti Covid
di F.Pata, G.Gallo, S.Di Saverio
09 GIU -
Gentile Direttore,
è stato recentemente pubblicato su
The Lancet uno studio osservazionale su scala mondiale che rivela come i pazienti COVID-19 sottoposti a chirurgia abbiano un rischio fortemente aumentato di mortalità postoperatoria. I ricercatori hanno riscontrato che, tra i pazienti infettati dal coronavirus SARS-CoV-2 che sono stati sottoposti a intervento chirurgico, i tassi di mortalità si approssimano a quelli dei pazienti più critici, ricoverati nelle terapie intensive dopo aver contratto il virus nella comunità.
I ricercatori hanno esaminato i dati di 1.128 pazienti da 235 ospedali in 24 nazioni, prevalentemente dall’Europa, sebbene abbiano contribuito anche ospedali dall’Africa, dall’Asia e dal Nord America.
Il gruppo internazionale di ricercatori,
COVIDSurg, coordinato dall’ Unità di ricerca sulla Chirurgia Globale (NIHR) dell’Università di Birmingham, Regno Unito, ha rilevato che i pazienti con infezione da coronavirus presentano degli outcome postoperatori peggiori di quanto ci si aspetterebbe da pazienti con caratteristiche simili, ma non infetti.
Nello studio, la mortalità totale postoperatoria a 30 giorni è risultata del 23.8%. Un tasso di mortalità elevato in maniera sproporzionata in tutti i sottogruppi, inclusa la chirurgia programmata (18,9%), la chirurgia d’emergenza (25,6%), gli interventi di chirurgia minore come l’appendicectomia o gli interventi per ernia (16.3%) e la chirurgia maggiore come la chirurgia dell’anca o la chirurgia per cancro del colon (26.9%).
Lo studio ha identificato che la mortalità è stata più alta negli uomini (28,4%) rispetto alle donne (18,2%) e in pazienti con età pari o superiore ai 70 anni (33,7%) rispetto ai pazienti al di sotto dei 70 (13,9%). In aggiunta all’età e al sesso, fattori di rischio di mortalità nel postoperatorio includevano preesistenti problemi di salute, l’essere sottoposti a chirurgia oncologica o a chirurgia maggiore, e gli interventi in urgenza.
I sottoscritti
Francesco Pata [chirurgo presso l’ospedale Nicola Giannettasio di Corigliano-Rossano (CS), Direttore dott. Guglielmo Guzzo]
Gaetano Gallo [assegnista di ricerca in Chirurgia, Università degli Studi “Magna Graecia di Catanzaro”, direttore Prof. Giuseppe Sammarco] e
Salomone Di Saverio [Direttore f.f. della Chirurgia I dell’Ospedale di Varese, Professore Aggregato di Chirurgia, presso il dipartimento di Chirurgia dell’Università dell’Insubria di Varese, diretto dal Prof.
Giulio Carcano] hanno coordinato lo studio in Italia e partecipato al gruppo di scrittura.
L’Italia ha dato un contributo importante: è stata la seconda nazione per numero di pazienti reclutati nello studio, grazie al contributo entusiasta di decine di ricercatori e chirurghi da 44 ospedali, che si sono impegnati, nonostante la condizioni critiche della pandemia e che sono stati riconosciuti come coautori.
Per pazienti sottoposti a chirurgia minore o elettiva ci saremmo normalmente aspettati una mortalità al di sotto dell’1%, ma il nostro studio suggerisce che nei pazienti affetti dal SARS-CoV-2 questi tassi di mortalità sono molto più alti, sia nella chirurgia minore (16.3%) che nella chirurgia programmata (18.9%). Questi tassi di mortalità, infatti, sono più alti anche dei tassi riportati per pazienti ad alto rischio prima della pandemia; per esempio, nel 2019 lo studio britannico sulla laparotomia in emergenza (NELA) riportava una mortalità a 30 gg del 16,9 % pazienti ad alto rischio, e un precedente studio in 58 nazioni riportava una mortalità a 30 giorni del 14,9% in pazienti che andavano incontro a chirurgia d’urgenza a rischio elevato.
I pazienti sottoposti a chirurgia sono un gruppo vulnerabile al rischio di esposizione al SARS-CoV-2. Essi sono particolarmente suscettibili alle complicanze polmonari, dovute alla risposta infiammatoria e immunosoppressiva della chirurgia e della ventilazione meccanica. Lo studio ha rilevato che complessivamente, nei primi 30 giorni dopo la chirurgia, il 51% dei pazienti ha sviluppato una polmonite, una sindrome da distress respiratorio o ha avuto necessità di un supporto respiratorio non previsto. Questo potrebbe spiegare la mortalità elevata, dal momento che la maggior parte (81,7%) dei pazienti deceduti ha avuto delle complicanze polmonari.
A livello globale si è calcolato che 28.4 milioni di interventi chirurgici programmati saranno cancellati a causa dell’interruzione dei servizi dovuto al COVID-19. I nostri dati suggeriscono che è stata una decisione corretta quella di posporre gli interventi nel momento in cui i pazienti erano esposti al rischio di essere infettati dal coronavirus in ospedale. C’è adesso un urgente bisogno di investimenti, da parte del governo e degli organismi preposti, per rendere prioritaria la sicurezza dei pazienti nel momento in cui gli interventi chirurgici verranno riattivati. Questo include la fornitura di adeguati sistemi di protezione individuale (DPI), la creazione di percorsi rapidi per la diagnosi preoperatoria di infezione da SARS-CoV-2, e la considerazione del ruolo di centri chirurgici dedicati COVID-free.
Francesco Pata
Dirigente Medico, UO Chirurgia Generale, Spoke Corigliano-Rossano (Cs)
Gaetano Gallo
Consiglio direttivo Società Italiana di Chirurgia Colorettale (SICCR), Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro
Salomone Di Saverio
Professore Aggregato di Chirurgia Generale, Università degli Studi dell’Insubria, Varese.
Direttore f.f. Chirurgia I, Ospedale di Circolo Fondazione Macchi, Varese
09 giugno 2020
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Lettere al direttore