I rischi legati alle Strutture Sanitarie ai tempi del Covid-19 e il ruolo degli Assicuratori
di Attilio Steffano e Mario Vatta
19 MAG -
Gentile Direttore,
ogni situazione di emergenza pone chiunque debba prendere decisioni, di fronte a scelte non sempre alternative e non ancora corroborate da analogie risolutive precedenti, nell’elevato rischio che l’originalità degli eventi permetta soluzioni più sperimentali che competenti. Mai come in queste condizioni la valutazione di rischi e delle loro conseguenze diventa strumento importante, per scegliere.
L’emergenza spesso perdona i risultati negativi poiché prevale come elemento esimente lo stato di necessità, frapponendo uno strato cuscinetto tra fatti e responsabilità.
La logica del rischio è elemento costitutivo delle professioni assicurative. Nella misura in cui esistano modelli previsionali attendibili ogni assicuratore può stabilirne il relativo prezzo e preventivare il limite di accettabilità delle perdite.
Ma questa volta no. Questa volta siamo testimoni, autori e partecipi, di una tempesta perfetta, che è stata in grado di concatenare, sotto una unica causa scatenante, una globalità di conseguenze senza esclusioni. Nell’essere votata alla più ampia inclusione, si sta purtroppo dimostrando una avversità totalmente democratica sul piano geo-economico, sociale e politico.
Il distanziamento sociale, al momento unica barriera immaginata per proteggerci dal contagio, impone che i numeri di chi produce, beni o servizi, siano inferiori rispetto alle abitudini passate, e che comunque siano contemporaneamente il risultato di una valutazione del prezzo del rischio che correremo.
Costretti a tentare comunque una ripresa produttiva dobbiamo mettere in conto il prezzo, in termini di vite perdute, che saremo disposti a pagare per non soccombere di anossia economica.
È un bilancio preventivo che nessuno vorrebbe né redigere e né portare all’approvazione di alcun consesso decisionale. Ma, seppur senza dichiararlo esplicitamente, è quello che chi guida ogni Paese è costretto o vuole fare.
Tutti conosciamo i settori che stanno resistendo alla crisi, e che anzi hanno aumentato i propri fatturati proprio grazie alle sue conseguenze.
L’ambito che in assoluto non ha risentito in termini di impegno produttivo è certamente quello della Sanità. Inizialmente stressata al limite dello sfaldamento organizzativo, è riuscita a reggere la poderosità dell’urto che rischiava di travolgerla.
La Sanità deve ora rimappare la propria geografia dei rischi, ripristinando le attività sospese durante l’iniziale virulenza del fenomeno, convivendo con la sua auspicabile residualità, ma necessariamente pronta a ogni eventuale impeto di nuove insorgenze.
Contrariamente ad altri settori, l’ottica assicurativa non registra una diminuzione dei sinistri per la coatta immobilità nazionale.
Come invece succede per il quasi totale blocco del traffico automobilistico, per l’occupazione continuativa delle nostre abitazioni che allontana l’eventualità dei furti, per il fermo della maggioranza delle attività che contrae i cosiddetti “rischi dinamici”.
Né tantomeno prospetta futuri rischi derivanti dalla riapertura di siti produttivi, che dopo un prolungato stato di fermo li espongono a frequenti accidentalità degli impianti, e né si possono prevedere futuri tentativi di scaricare sugli assicuratori i danni da mancata ripresa attraverso fatti avversi di dubbia genuinità.
Le fabbriche della salute, le Strutture Sanitarie, sono diventate i soggetti principali delle altalenanti fasi della emergenza.
Con tutte le impreparazioni che l’imprevisto necessariamente comporta, adattatesi poi alla frequentazione del contagio, anche in assenza di alcun protocollo, regola certa e competenze collaudate.
Lo sforzo straordinario di tutti gli operatori sanitari è stato posto in atto malgrado le inevitabili, ma spesso anche evitabili, carenze organizzative, logistiche e di protezione individuale.
Martellanti campagne mediatiche hanno acceso i riflettori molto più spesso sulle carenze che sui meriti, sulle responsabilità e sui presunti colpevoli.
I decisori all’interno del nostro sistema Paese, benché coadiuvati da folte schiere consulenziali, sono inevitabilmente incorsi in incertezze, contraddizioni e imperfezioni comunicative.
Ma si sa, il nuovo, la scoperta dell’ignoto, la sperimentazione, la necessità di prevedere senza disporre di modelli attendibili, portano a queste conseguenze.
Sono oltre 30.000 le vittime, (delle quali una parte purtroppo consistente nelle RSA) che possono indurre chi invece è rimasto a rimpiangerle a rivendicare diritti e risarcimenti.
L’Inail dichiara che i contagi sul lavoro denunciati al 4 maggio 2020 sono oltre 37mila, confermando la maggiore esposizione al rischio del personale sanitario e socio-assistenziale, il 73,2% delle denunce e quasi il 40% dei casi mortali riguardano infatti questo settore.
Le strutture Sanitarie saranno temibilmente esposte ai rischi di chiamata in causa, sia penale che civile, e principalmente in queste aree di immaginabile eventualità:
• chiamata in causa per presunte carenze organizzative
• chiamata in causa per presunte colpe degli operatori sanitari
• chiamata in causa per le presunte colpe dei decessi nelle RSA
• chiamata in causa per contagi subiti dagli operatori sanitari
• chiamata in causa per cancellazione o allungamento delle liste di attesa per mancati interventi riferibili ad altre patologie
Ferma restando la oggettiva difficoltà di dimostrare una rigorosa ricostruzione del nesso di causa, rimane comunque elevato il rischio di una, come molti già la definiscono, nuova “pandemia giudiziaria”.
Prioritario quindi individuare strumenti di protezione per le già sufficientemente compromesse economie delle Strutture Sanitarie, spesso prive di coperture assicurative perché indotte alla gestione autonoma degli eventi avversi, e certamente non in grado di sopportare autonomamente il peso di azioni legali antagoniste.
Sapranno gli assicuratori confermare il proprio ruolo sociale seppure nel rispetto dei necessari margini di redditività imprenditoriale?
Se da un lato i contratti assicurativi stipulati precedentemente dalle strutture a copertura dei Rischi di Responsabilità Sanitaria manterranno, con il dovuto riguardo alle rispettive previsioni contrattuali, l’efficacia delle garanzie anche per danni conseguenti al Covid-19, dall’altro avremo un futuro quasi certamente compromesso da quanto sin qui accaduto.
Quando il prevedibile può essere ragionevolmente previsto il concetto di rischio assicurabile si snatura, sino a svuotarsi della possibilità di essere coperto. A qualsiasi prezzo.
Il mercato quindi si rannicchierà all’interno di nuove esclusioni di garanzia e senza alcuna ulteriore possibilità dialettica.
Diventerà pertanto essenziale costruire una alleanza professionale nella gestione del rischio, restituendo ad assicurati e assicuratori quella compartecipazione consapevole in una indispensabile mutualità, realmente in grado di livellare i reciproci interessi.
All’interno della quale rischio e polizze non saranno più due fattori di altalenante sbilanciamento a favore di una delle parti.
Per sostenere una economia sanitaria che, oggi per domani, non può permettersi ulteriori sacrifici e sbavature nella propria capacità di servizio.
Attilio Steffano
Presidente di Assimedici
Broker di Assicurazione
Mario Vatta
Vice Presidente di Steffano Group
Broker di Assicurazione
19 maggio 2020
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