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Pubblicazione dati patrimoniali dei dirigenti pubblici. Anac non si rassegna

di Elisa Petrone

10 FEB - Gentile Direttore,
quella della pubblicazione dei dati patrimoniali sta diventando una situazione kafkiana. Anac, più volte bocciata pesantemente anche dalla Consulta sulle sue linee guida che vorrebbero imporre la pubblicazione indiscriminata dei patrimoni dei dirigenti pubblici, nei giorni scorsi con l’atto di segnalazione 1-2020 al Governo ha invitato il Legislatore a fare esattamente ciò che il Governo ha già fatto all’articolo 1, comma 7, lettera a) del milleproroghe (dl 162/2019). La norma affida infatti ad un regolamento delegato di delegificazione il compito di rivedere gli obblighi di pubblicità rispettando il criterio della “graduazione degli obblighi di pubblicazione dei dati di cui al comma 1, lettere a), b), c), ed e), dell'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, in relazione al rilievo esterno dell'incarico svolto, al livello di potere gestionale e decisionale esercitato correlato all'esercizio della funzione dirigenziale”.

E - con una strana coincidenza - sul Corriere della Sera - Gian Antonio Stella ha avviato nei giorni scorsi una campagna contro le disposizioni sui dati patrimoniali del milleproroghe. E’ seguito l’intervento del Presidente dell’ Anac sulle pagine del Corriere del 15 gennaio sul tema ed adesso l’atto di segnalazione che ritorna ancora sulla vicenda.

Davvero non comprendiamo esattamente cosa cerchi ancora l’ Anac pur a fronte delle pronunce dei tanti giudici – compresi gli Ermellini - che l’hanno messa spalle al muro.

L’ Anac addirittura si spinge a chiedere nell’atto di segnalazione 1.2020 di non sospendere la pubblicazione dei compensi dei dirigenti, quando la Consulta con la sentenza 20/2019 non ha mai sospeso tale pubblicazione
Ma allora cosa vuole Anac, a parte la ribalta e la rivalsa?

Come Fedir - sindacato che tutela quella dirigenza che deve dare puntuale applicazione ai dettati di Anac - riteniamo che gli sforzi prodotti dall’Autorità Anticorruzione dovrebbero piuttosto essere profusi in altre direzioni. Non si può infatti non sottolineare come Anac sia troppo concentrata ad adottare provvedimenti sanzionatori dei mancati adempimenti alle troppe ed inutili formalità richieste dalla norma ed imposte proprio da Anac con le sue linee guida invece di un auspicabile più concreto e sostanziale sostegno di tale dirigenza nella lotta alla corruzione.

Anac ha davvero supportato in questi anni i responsabili anticorruzione entrati in rotta di collisione con i vertici proprio per aver esercitato quelle funzioni di controllo che le leggi e le sue linee guide sanciscono?

Da anni segnaliamo – totalmente inascoltati - ad Anac che un’efficace e concreta prevenzione della corruzione non può prescindere dalla verifica di come ed a chi vengono attribuiti gli incarichi dirigenziali mentre quegli adempimenti formali servono a poco se non addirittura a favorirla, la corruzione.

Perché Anac non si occupa di verificare se le continue (anche ogni sei mesi) riorganizzazioni attuate da Sindaci, Presidenti di Regioni e Direttori Generali di ASL siano veramente utili ad una migliore gestione dei servizi alla cittadinanza piuttosto che a liberarsi del dirigente scomodo?
Perché Anac non si occupa di mettere il naso nei tantissimi incarichi revocati ai segretari comunali proprio perché attenti alla corretta attuazione della normativa anticorruzione, permettendone l’allontanamento dalle sedi senza profondere in questo nemmeno un millesimo degli sforzi che sta mettendo in campo sulla questione della pubblicazione dei dati patrimoniali?

Ci chiediamo da tempo se davvero Anac sia convinta che chi delinque, magari nascondendo introiti da corruzione nel pouf di casa, sia talmente ingenuo da inserire nella dichiarazione dei redditi la precisazione che i dati del proprio patrimonio, sempre che non siano stati accuratamente nascosti con l’intervento di banche e fiduciari, provengono da attività corruttive.

Anac, purtroppo abituata da scelte molto discutibili dei Governi precedenti a fare da “legislatore” mediante quella soft law talmente dannosa nel mondo degli appalti da indurre, con ritardo, ad eliminarla, continua a volersi ergere a legislatore e chiede di essere coinvolta nella redazione del regolamento pur se la Corte costituzionale è stata chiara sul fatto che la scelta di “indicare la soluzione più idonea a bilanciare i diritti antagonisti”, rientra “nella ampia discrezionalità del legislatore” e solo di questo.

Nell’auspicare che Anac comprenda quali siano i confini della propria azione e la diriga – viste anche le dimensioni rilevanti assunte dalla propria struttura - solo al contrasto serio della corruzione, questo sindacato ritiene di aver pari dignità di Anac a partecipare alla redazione del regolamento delegato cosicchè anche le parti sociali possano esprimere la posizione di chi sul campo deve fare i conti tutti i giorni con i dettami di Anac.


Elisa Petrone
Segretario Generale Fedirets e Fedir


10 febbraio 2020
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