Violenza contro i medici. Aspettiamo il morto per fare qualcosa?
di Mirka Cocconcelli
03 FEB -
Gentile Direttore,
in Italia tre aggressioni al giorno nei confronti del personale sanitario e 1.200 denunce nel 2019. Il fenomeno della violenza nei confronti del personale sanitario sta diventando un fenomeno sociale ed è rivolta particolarmente nei confronti dei sanitari che lavorano nelle urgenze - emergenze.
Le aggressioni riguardano sanitari che sono stati pervicacemente abbandonati in luoghi inadeguati, trasformati in facili bersagli preda dell'esagitato di turno. I nostri Pronto Soccorso somigliano sempre di più a bolge infernali in cui i sanitari sono le vere vittime sacrificali di una politica sorda alle esigenze della categoria, capaci solo di dispensare inutili e beffarde solidarietà di rito.
Politici di tutti gli schieramenti che vedono, sentono, parlano; peccato che vedano male, sentano poco e parlino troppo!
Chi lavora nell’emergenza-urgenza ormai svolge un'attività socio - sanitaria che non gli compete, accogliendo quotidianamente persone che nulla hanno a che fare con patologie urgenti. Ci si deve confrontare con casi sociali che al Pronto Soccorso non dovrebbero proprio arrivare. Il Pronto Soccorso non è “l'Opera Pia Bonomelli”, non svolge una funzione sociale, ma una funzione sanitaria!
A questo aggiungiamoci la carenza cronica di organici; reparti in cui di notte pochi medici ed infermieri devono barcamenarsi tra un numero crescente di pazienti sempre più critici ed allo stesso tempo oberati di incombenze burocratiche che nulla hanno a che vedere con la cura del paziente.
Io non mi chiedo chi sarà il prossimo sanitario ad essere aggredito, ma dove e quando si verificherà e se servirà il morto per risvegliare le coscienze sopite di una politica imbelle che confida solo nella buona sorte per evitare le aggressioni!
Gli innumerevoli episodi di violenza che colpiscono i sanitari sono deleteri anche nell'organizzazione del lavoro e causano assenteismo, insoddisfazione e riduzione dell'impegno lavorativo che si riverbera sulla qualità dell'assistenza ai pazienti.
Diciamocelo una buona volta: “Negli ospedali non si lavora serenamente!”
Continuano a costituirsi tavoli/osservatori sulla violenza assolutamente inutili, tutte chiacchiere sterili senza un costrutto mentre i miei colleghi continuano a essere aggrediti verbalmente e fisicamente.
Ripeto, aspettiamo il morto per adottare contromisure efficaci?
Le aggressioni non si contrastano con i giubbotti antiaggressione, né tantomeno equipaggiando l'equipe sanitarie dei Pronto Soccorso come se fossero truppe d'assalto!
Le nostre richieste sono puntuali e precise, ma costantemente disattese: “L'inasprimento delle pene nei confronti di chi aggredisce un sanitario, il riconoscimento dello status di Pubblico Ufficiale, la procedibilità d'ufficio contro gli aggressori e la costituzione di parte civile delle Aziende che vedono i propri lavoratori aggrediti”.
Il riconoscimento dello status di Pubblico Ufficiale avrebbe un forte valore simbolico: chi colpisce un sanitario deve sapere che sta colpendo un servitore dello Stato e che, come tale, lo Stato e le Aziende Sanitarie hanno l'obbligo di tutelarlo.
Attualmente le Direzioni ospedaliere non tutelano adeguatamente la sicurezza degli operatori e quotidianamente vengono lesi i valori di sicurezza, dignità e decoro delle professioni sanitarie.
In Italia vige, da 11 anni, il D.Lgs 81/2008 per la tutela della salute e sicurezza sul lavoro e l' INAIL, in una pubblicazione di ottobre 2018, riferisce: “
Tra gli obblighi del datore di lavoro non delegabili rientra la valutazione di tutti i rischi, dovendosi considerare non solo i rischi direttamente connessi agli aspetti produttivi, ma anche quelli derivanti da atti criminosi che possono avere impatto sulla salute fisica e psichica dei lavoratori, inclusi gli episodi di aggressioni”.
Il Ministro Speranza ed il Parlamento tutto devono adottare provvedimenti urgenti, hic et nunc, per proteggere i sanitari in servizio, a tutela dell'interesse dei singoli cittadini e della collettività, per non arrivare a quella emorragia di specialisti che affligge gli Ospedali pubblici, come dimostra la vicenda dell'ortopedico, Luigi Milandri, che il 31 dicembre 2019, a 50 anni suonati, dopo 11 anni di servizio, si è licenziato dall'ospedale di Faenza.
Il Dr. Milandri ha ribadito che la sua più grande delusione è stata che nessuno gli abbia chiesto perché, perché a quasi 50 anni con un bagaglio di esperienze da trasmettere ai più giovani avesse deciso di mollare.
Allego di seguito le parole del Dr. Milandri che segnalano efficacemente il disagio di una categoria e che dovrebbero innescare una seria riflessione nei politici che ci governano per evitare di trovarci con gli ospedali pieni di pazienti ma vuoti di sanitari: “
Io ho mollato perché nell’ospedale pubblico una crescente burocratizzazione del lavoro ha progressivamente allontanato il medico dal pz tenendolo inchiodato per ore al computer. Ho deciso di fare il medico per visitare, per stare in sala operatoria e non per compilare certificati, chiudere cartelle e compilare DRG, cartella elettronica, ecc,ecc,ecc…
Se penso ai Natali senza scartare i regali con i miei figli, alle corse di notte con la nebbia per urgenze dopo avere lavorato 12 ore, tornando a casa alle 2 o 3 di notte e la mattina alle 8 puntuale in sala operatoria perchè la reperibilità non contempla il riposo il giorno successivo. Ai pasti saltati, alla dilagante mancanza di rispetto da parte di un’utenza sempre più saccente ed arrogante. Tutto ciò è logorante. Molti potrebbero pensare che è remunerativo, non è così, gli stipendi dei medici in Italia sono tra i più bassi in Europa ed inadeguati al grado di competenze, stress e logoramento psico-fisico che tale professione comporta.
Ho scritto questo post perché avrei voluto gridare, con tutto il fiato che ho in corpo, queste cose a chi “governa” la sanità, ma non è possibile. Condividete questo post magari potrebbe arrivare a qualcuna di queste persone e innescare qualche riflessione”.
Meditate gente, meditate!
Dr.ssa Mirka Cocconcelli
Chirurgo ortopedico
Bologna
03 febbraio 2020
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Lettere al direttore