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Alcune considerazioni sulla Medicina d’iniziativa

di Emanuele Messina

22 SET - Gentile Direttore,
la Medicina Generale è contraddistinta da molteplici modalità lavorative tra loro collegate ed il principale schema lavorativo corrisponde alla cosiddetta Medicina di attesa che prevede la disponibilità della Medicina Generale ad accogliere e risolvere, perlomeno in parte, le richieste cliniche, relazionali od organizzativo-burocratiche presentate direttamente dai cittadini al proprio medico; è il paziente che decide se e quando rivolgersi al medico.
 
Si tratta della modalità di lavoro predominante nel setting della Medicina Generale ed è apprezzata dai pazienti che possono recarsi senza costi, in tempi ragionevolmente brevi, con la frequenza che ritengono opportuna presso il proprio Medico di famiglia. Capillarizzazione e diffusione del servizio associate a possibilità di assistenza ambulatoriale e domiciliare anche nelle zone più disagiate del paese rinforza l’apprezzamento dei pazienti per questo modello in cui, come detto sopra, la scelta di iniziare un contatto è decisa dal paziente.
 
Tralasciando le uscite poco felici di qualche politico che probabilmente la Medicina Generale non la ha mai vista che grazie a reddito alto e conoscenze legate al proprio status ben si guarda dall’utilizzare il sistema sanitario come tutti i restanti cittadini, sembra logico pensare che l’apprezzamento per il modello della Medicina di Attesa non si limiti ai soli cittadini ma si estenda ad amministratori e politici dal momento che i rinnovi degli Accordi Collettivi Nazionali che definiscono l’attività della Medicina Generale appaiono invariati da anni per la parte che riguarda gli obiettivi professionali.
 
Nella percezione del paziente, dei politici e degli amministratori sanitari e probabilmente anche di gran parte della Medicina Generale manca od è notevolmente sbiadita la visione di un modello in cui le patologie croniche vengono affrontate attivamente a livello di Cure Primarie.
 
La proposta della Fimmg Nazionale di finanziare micro-team a livello territoriale è decisamente utile, ma non sufficiente, come dimostrato dalle esperienze dei team che operano nelle varie realtà regionali. Per renderla più efficace dovranno essere stabiliti con chiarezza obiettivi di salute, modello organizzativo interno alle Cure Primarie, collegamenti con il secondo livello e sistemi di valutazione di processo e di risultato.
 
Se si intende proseguire sulla strada della Medicina di Iniziativa è necessario determinare:
- quali patologie croniche affrontare in maniera prioritaria,
- se affrontarle in maniera separata o secondo un criterio di rischio sanitario e sociale del singolo paziente.
- quali compiti saranno svolti dai Medicina di Medicina Generale con definizione precisa delle attività svolte negli ambulatori, anche al fine di omogeneizzare i processi.
- quali sono i livelli di collaborazione tra primo e secondo livello in maniera tale da individuare le condizioni che necessitano o meno di interventi specialistici
- quale personale non medico andrà attivato, con quali modalità contrattuali e con quali obiettivi
- come risolvere l’evidente aumento dell’impegno lavorativo dei Medici di Famiglia, dal momento che l’attuale medicina di attesa andrà comunque portata avanti.
- cosa fare della pletora di centri specialistici, se una parte importante delle attività verrà fatta dalle Cure Primarie,
- come riaffidare alla Medicina Generale terapie gestite con piano terapeutico dallo specialista a fine di ridurre quelle che in molti casi sembrano ormai più problematiche burocratiche
- come omogeneizzare modelli differenti come, ad esempio, quelli della Lombardia e della Toscana.
- come integrare nella Medicina di iniziativa le attività di prevenzione che nella proattività vedono il loro cardine operativo.
- come orientare la formazione complementare e permanente in modo da adeguarla agli obiettivi.
 
Ovviamente queste domande hanno un senso se si pensa di riaffidare veramente alle Cure Primarie (intese non come sola Medicina Generale) la gestionedelle patologie croniche e comunque di tutte o parte delle attività proattive come ad esempio le vaccinazioni. Altrimenti è meglio rimanere con l’attuale sistema per evitare di creare una organizzazione fragile i cui obiettivi si sovrappongono a quelli dei centri specialistici, creando un duplicato invece che una integrazione. 
 
Presenza o assenza di obiettivi cogenti, inseriti nell’Accordo Collettivo Nazionale e negli Accordi Regionali diventeranno la cartina di tornasole della volontà dei contraenti pubblici e dei sindacati di settore ad affidare la Medicina di Iniziativa alle Cure Primarie. Per ora la cartina di tornasole depone tutta per la medicina di attesa, il che può anche andare bene, l’importante è però avere il coraggio di ammetterlo.
 
Dr. Emanuele Messina
Medico Direttore del Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale della regione Toscana 

22 settembre 2019
© Riproduzione riservata

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