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Psicologi e Mmg. Una bella esperienza

di Antonio Antonaci

27 GIU - Gentile Direttore,
 
ho letto l'intervista al segretario nazionale generale della Fimmg, Silvestro Scotti, sindacato nel quale io milito da decenni. Le responsabilità che Silvestro Scotti ha, nella sua qualità di leader sindacale della medicina generale, sono enormi ed è comprensibile che si adoperi al massimo, per assicurare il meglio alla categoria ed a ciascuno di noi, medici di famiglia; tutti gli riconosciamo grande impegno e competenza in questo.
 
Sul tema dello psicologo nello studio del medico di famiglia, è apparsa, però,  dall'intervista, un'eccessiva rigidità nella sua presa di posizione così negativa e contraria; frutto, forse, della non conoscenza specifica. 
 
Io opero come medico di medicina generale convenzionata a Galatina in provincia di Lecce ed ho partecipato ad un progetto (della Asl Lecce), durato 18 mesi, che prevedeva l'affiancamento dello psicologo al medico di famiglia, nel suo studio.
 
Il progetto ha avuto risultati, documentatamente, rilevanti, per non dire eccellenti, in termini di salute, appropriatezza, gradimento da parte degli assistiti e dei medici che vi hanno partecipato.
 
Accanto alla straordinaria ed innovativa forma di assistenza integrata che si garantisce al cittadino, abbisognevole, oggi più che mai, di un sostegno di questo tipo, ho riscontrato una riduzione del mio carico di lavoro ed una gratificazione di tipo professionale, culturale ed umana senza pari, frutto dell'interazione constante con quest'altra figura di professionista.
Abbiamo offerto sostegno psicologico alle persone, si badi bene, non psicopatiche o con patologie mentali importanti; abbiamo realizzato, peraltro, proprio un'azione di prevenzione in tal senso.  Individuare, ai primi sintomi di un malessere interiore, di un disagio profondo, la causa del problema, che poteva essere di tipo sociale, affettivo, familiare, lavorativo, relazionale ecc., è stato il risultato più entusiasmante.
 
E ciò tempestivamente, nella più assoluta riservatezza e privacy (nessuno sa cosa vai a fare nello studio del medico curante) e con la compliance che si può ottenere solo in un rapporto di fiducia come quello con il proprio medico di famiglia.
 
Si pensi alle persone (chiunque di noi) che scoprono nel bel mezzo della loro vita attiva, di avere un cancro, che la stravolge, quella vita; ai familiari conviventi con: pazienti psichiatrici gravi o con M. di Alzheimer o con anziani portatori, per anni, di patologie invalidanti croniche e progressive; o ancora, ai genitori di bambini malati; agli uomini e donne che improvvisamente perdono il posto di lavoro; alle separazioni traumatiche e ai dissidi familiari; alle frustrazioni e difficoltà della vita, le più svariate. Tutto ciò porta, quotidianamente, la gente di fronte alla scrivania del medico di medicina generale; continuamente.  Questo, chi il medico di famiglia lo fa tutti i giorni, lo sa e lo vive.
 
Ne deriva, inevitabilmente, un allungamento spropositato dei tempi d'attesa per gli altri pazienti ed un carico di lavoro, con tutto lo stress collegato, che non deve essere addossato al medico di famiglia.
Va da se che, spesso, si giunge alla prescrizione, non sempre appropriata, di farmaci e diagnostica, con costi a carico del SSN e del paziente stesso.  
 
Il tutto, naturalmente, senza che il problema lamentato dall'assistito venga realmente risolto, poichè è chiaro che, da solo, il medico di medicina generale non può risolverlo e, sopratutto, che non è lui che può farsi carico di tutto; di tutti i bisogni, di tutte le richieste, di tutte le incombenze. Questo voglio dire, rivolgendomi ai miei colleghi.
 
Rivolgendomi alla mia ed alla loro coscienza dico, invece, che, se si può, nel nostro studio aiutare la gente (che ci ha accordato, con la scelta, la sua fiducia) a stare meglio ed a superare un momento difficile, semplicemente con il potere della parola, con il rispetto, il riconoscimento adeguato e la seria considerazione verso quel suo malessere, il nostro compito di medici sarà assolto nella maniera più nobile, produttiva, completa ed appassionante.
 
Per questi motivi, cioè nell'interesse dei miei assistiti e nel mio professionale, alla conclusione del progetto di cui sopra, ho voluto continuare, in proprio, l'esperienza dell'integrazione con lo psicologo; che, quindi, ancora oggi, opera nel mio studio.
 
Dal punto di vista prettamente contrattuale, infine, vorrei ricordare che nella mia regione, la Puglia, noi medici di medicina generale abbiamo, dal 2007, un Accordo Integrativo che già prevede la possibilità di assumere, grazie alle indennità erogate, oltre al collaboratore di studio, l'infermiere professionale (io li ho entrambi), il fisioterapista e persino l'ostetrica (che non so, questa si, a cosa serva); la figura dello psicologo fu anche proposta al tavolo della contrattazione regionale in quel lontano 2007, ma non fu recepita. E' evidente, però, che i tempi evolvono ed il medico di famiglia italiano vuole e deve restarne al passo. 
 
Antonio Antonaci

27 giugno 2019
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