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Il Ssn e la nave di Teseo

di Ivan Favarin

22 GIU - Gentile Direttore,
sono nato al tempo delle Mutue, e ricordo bene il giorno in cui mi arrivò la tessera della neonata USL (tra l’altro sbagliata: mi fecero più giovane di un anno). Poi le targhe sugli ambulatori cambiarono e si faceva strada la dicitura ASL, in mezzo a montagne di documenti ancora marcati USL/ULS/ULSS che dir si voglia. Cambiavano anche i numeri accanto alle targhette ASL. Qualcuno ricorda il numero della propria USL-ASL con affetto, come il civico della casa natale. Poi questi enti locali iniziarono a chiamarsi come le città cui facevano capo, sempre più simili per bacino d’utenza a quelle provincie che si volevano abolire, o addirittura grandi come regioni. 
 
Un’italia storicamente connotata da marcate differenze regionali a lungo andare non poteva non frammentare il SSN in tanti SSR. Già questo fa seriamente dubitare sulla valenza dell’aggettivo “nazionale” in merito al servizio sanitario.
 
Da qualche anno la crisi economica ha messo in scacco il SSN e ogni addetto ai lavori ha vissuto gli effetti spending review, chi più chi meno. L’utenza non ha certo gioito.
 
Ora, di quel SSN messo in cantiere nel 1978 (ma effettivamente varato dagli anni 80) sembra molto la nave di Teseo. La leggenda vuole che l’imbarcazione su cui viaggiava il mitico eroe fosse stata riparata man mano sostituendo le parti deteriorate, tanto che alla fine si trattava di un nuovo manufatto. Ma per tutti restava la nave di Teseo.
 
Molti autorevoli esponenti della sanità (e non) difendono a spada tratta il SSN, ma a volte si ha l’impressione che abbiano in mente un SSN che non è più tale, perché progressivamente smantellato e sostituito. Glorificano la nave di Teseo, che non è più la nave costruita oltre 40 anni fa. Chissà se se ne sono accorti.
 
D’altronde, solo da pochi anni gli assistiti stanno smettendo di chiamarci “la mutua”...e ho detto tutto! (citando un disarmato Peppino de Filippo).
 
Teseo e la sua nave (che speriamo non affondi come il Titanic, l’inaffondabile per antonomasia) arrivano dalla Grecia, nazione usata troppo spesso come pietra di paragone. Molti opinionisti, a corto di argomenti, finiscono puntualmente con una consolatoria reductio ad absurdum che suona: “Ma non possiamo fallire così! Non siamo mica la Grecia!”
 
Temo piuttosto che da qualche parte, nella patria di Teseo e di Euclide, ci sarà chi starà dicendo: “Non siamo mica l’Italia!”
 
Ivan Favarin
Infermiere

22 giugno 2019
© Riproduzione riservata

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