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Liste d’attesa. In Puglia codici di priorità rispettati solo per chi può spostarsi in altre città

di Antonio Chiodo (Snami Puglia)

01 MAR - Gentile Direttore,
con l’introduzione dei codici di priorità sulla ricetta, finalmente si è associata la malattia ai tempi di diagnosi e cura ovvero alla certezza di una tutela puntuale della salute del paziente. Purtroppo i codici di priorità certificano i tempi di esecuzione di una visita o di un esame, ma non la sede di espletamento delle prestazioni. Di conseguenza, al fine di evitare costosi trasferimenti di diversi chilometri dalla propria residenza, la priorità cronologica della prestazione diventa “merce” di un negoziato tra il paziente, o chi ne fa le veci, ed il personale del CUP.
 
Ed è proprio il personale del CUP che con una frase convincente (“se lo vuole fare nella sua città, deve rinunciare al codice di priorità”) sottomette la clinica, ovvero i giusti tempi di intervento sulla patologia, ad opportunità o necessità logistiche e finanziarie che tali sono per i meno abbienti o per gli “appiedati”, vale a dire per coloro che non dispongono di un mezzo di trasporto.

Ne consegue che il medico che ha obbligatoriamente e coscienziosamente applicato un codice di priorità, si vede riapparire nel proprio studio il paziente costretto ad implorare il rifacimento della ricetta rossa, ovvero digitale, senza alcun codice di priorità o con un’indicazione di tempi più lunghi rispetto a quelli suggeriti dal sospetto diagnostico o dall’acuzie.

Il medico, a fronte di una simile richiesta, viene posto in una condizione di serio rischio in quanto il peggiorare delle condizioni del paziente può avere conseguenze inimmaginabili sulla propria professione. Alla fine, seppur in conflitto con la propria coscienza professionale, egli è costretto “moralmente” a cedere.
 
Quanto sopra descritto accade purtroppo sempre più spesso in Puglia. Soprattutto nelle pronvince di Lecce e Brindisi.

Come risolvere questo problema nel rispetto dei codici di priorità ovvero delle leggi?

1) La trasparenza delle disponibilità prestazionali aziendali con la possibilità di prenotazioni “on line”. Questo dovrebbe valere anche per i posti letto nei reparti ospedalieri.

2) La disponibilità, da parte della ASL, di trasporto del paziente meno abbiente e critico.

3) Il rimborso delle spese sostenute presso il “privato” allorquando il “pubblico” non garantisce giusti tempi e agevole luogo delle prestazioni sanitarie (è quanto sentenziato dalla giurisprudenza per taluni casi).

4) Convenzionamenti con i soggetti privati a fronte di statistiche sfavorevoli ai tempi garantiti dalle ASL.

5) Formazione ed assunzione di personale sanitario ovvero rispetto delle piante organiche.

6) Allungamento dei tempi prestazionali nei distretti (territorio) e negli ospedali.

7) Educazione sanitaria al corretto utilizzo dei servizi da parte degli utenti che spesso richiedono prestazioni senza eseguirle.

8) Rispetto per la “volontà intellettuale” del medico proscrittore ovvero per il Medico delle cure Primarie (il cosiddetto “Medico di base”) che ha in carico il paziente ed in più il possesso della rischiosa “ricetta rossa” che rappresenta un documento pubblico carico di responsabilità amministrative, civili e penali.
 
Dott. Antonio Chiodo
Presidente Snami Puglia


01 marzo 2019
© Riproduzione riservata

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