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Legge e Codice etico. Se in contrasto, il medico scelga sempre il secondo

di Pietro Cavalli

04 GEN - Gentile Direttore,
pur non intendendo minimamente entrare nella polemica relativa alla vicenda dell’Ordine dei Medici di Bologna e della contestata radiazione dell’Assessore regionale alla sanità emiliana, penso sia opportuno presentare  due piccole osservazioni sul recente articolo di Antonio Panti, che sembra pronunciarsi a favore di un condivisibile metodo di lavoro tra rappresentanti medici, non medici e funzionari regionali, sino a spingersi a paventare il timore che “i politici pur distratti da mille vicende, potrebbero accorgersi che i medici ritengono che il loro Ordine conti più della Giunta Regionale o del Parlamento”.
 
E allora sì che comincerebbero i guai. Per i medici, naturalmente, quasi che non ne abbiano già abbastanza.
 
Il primo commento riguarda la definizione del modello  “see and treat” e in particolare di quale sia il ruolo dell’infermiere. Questa la definizione del sindacato infermieristico Nursind: “L’infermiere di “See and Treat” si configura come un infermiere esperto, adeguatamente formato, che opera nel rispetto di protocolli clinico-assistenziali condivisi tra medici ed infermieri.”
 
E ancora: “Gli stessi  infermieri accuratamente formati e in base alle loro competenze scientifiche sono in grado di gestire e dare una risposta a delle problematiche cliniche di natura minore e che quindi non richiedono accertamenti diagnostici e strumentali”.
 
Sempre lo stesso Nursind specifica che nel Modello Toscano…gli infermieri che lavorano negli ambulatori See & Treat hanno seguito un corso di formazione regionale di 180 ore per la certificazione delle competenze esperte ed operano in base a protocolli elaborati da un gruppo di professionisti (medici e infermieri) individuati dal Consiglio Sanitario Regionale, che ha proposto questa modalità di lavoro.
 
 
Cento ottanta ore equivalgono a quarantacinque  giornate di 4 ore, pari ad un impegno di mezza giornata per nove settimane, nove settimane e mezzo. E’ pur vero che ci sono medici, come chi scrive,
 che dopo 6 anni di università,  quattro/cinque di specializzazione (da moltiplicare per tre)  e parecchi decenni di attività ospedaliera a tempo pieno ancora non hanno acquisito grandi competenze nell’attività di Emergenza e Urgenza ed è altrettanto vero che la competenza  spesso non è per nulla correlabile ad un titolo di studio.
 
Nell’ammettere quindi la mia inadeguatezza ad affrontare l’argomento specifico, vorrei esprimere invece qualche perplessità sul suggerimento di anteporre gli aspetti normativi ed amministrativi legati alla professione medica a quelli previsti dal Codice etico professionale.
 
Sarei grato a chi mi chiarisse il motivo per cui le disposizioni previste da una normativa, da una Giunta Regionale, persino da un Parlamento debbano prevalere sul  codice etico.  La storia è piena di medici che si sono adeguati alle leggi ed ai regolamenti amministrativi (temporaneamente)  vigenti , anche se  in contrasto con il codice etico. Grazie a Dio sono stati più numerosi i medici che quel codice l’hanno sempre rispettato.
 
Pietro Cavalli
Medico

 

04 gennaio 2019
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