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Consenso informato e DAT: per i professionisti sanitari, legge e master ... ma i problemi restano

di Calogero Spada

17 DIC - Gentile Direttore,
in questi giorni tra TSRM ed Infermieri, sta prendendo piede un vivace e graditissimo dialogo, di autentico interesse sul tema del decreto 10 agosto 2018 sulla risonanza magnetica; confronto che dimostra una maturità professionale che spesso troppo facilmente, ed a completo beneficio dei soliti noti detrattori di rappresentanza medica, si spaccia per dilettante, o peggio ancora, per illegale.
 
La discussione parte dalla sussistenza di percorsi formativi specifici, sia in modalità ECM, sia in quella di master universitario, proprio sul “consenso informato, sulle procedure di acquisizione dello stesso e sulle  “disposizioni anticipate di trattamento” (DAT)”, e la possibilità che, come spesso accade per codesti percorsi post laurea non obbligatori, le prerogative discendenti dal possesso di tali titoli – destinati anche ai professionisti sanitari – possano essere invalidate dalle conseguenze sia di detto decreto ministeriale (per il quale a questo punto diventa più severo il giudizio negativo), sia delle posizioni di massima assunte dagli organismi rappresentativi nazionali delle professioni coinvolte (FNOPI e TSRM-PSTRP).
 
I quali, se da una parte si dimostrano ossequiosamente “attendisti” verso i “superiori” organi di governo di turno, dall’altra, senza attendere troppo, ipotizzano addirittura possibili scenari sanzionatori verso i propri iscritti, prima ancora di riflettere sul fatto che i doveri discendenti dal proprio ruolo e mandato vertono principalmente verso una tutela, e giammai verso una vessazione di oltre mezzo milione di  persone.
 
Dalla riflessione quindi si passa alla preoccupazione sulla possibilità che gli effetti di tali combinati disposizioni ministeriali e professionali possano anche estendersi dalla attività diagnostica di risonanza magnetica all’intera sfera professionale; ciò come “corollario” al decreto (non avente forza di legge) de quo.
 
Se non che il teorema impostato sembra però non soltanto non funzionare, ma arrivare anche a contraddire l’ipotesi stessa (cioè il contenuto del decreto), visto che, come già trattato in due articoli di codesta testata del 15/12/17 e del 17/01/18 la legge già dedicata a tale fattispecie, la n. 219/2017 statuisce che: “Nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero ed informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge”.
 
Disposizione che, certamente in equilibrio con il comma 2 dell’art. 32 Cost. , si riferisce alla totalità degli atti professionali sanitari, e ad un livello della informazione al paziente che va dallo stato generale di salute ad ogni singolo accertamento diagnostico o trattamento sanitario o singoli atti dello stesso.
 
A ciò va aggiunto che dal punto di vista giuridico tale consenso “libero ed informato” non rappresenta soltanto il prerequisito o la condizione di un trattamento sanitario, ma ne costituisce la vera e propria legittimazione giuridica, perciò qualsiasi intervento effettuato in assenza di tale consenso, può essere considerato come illecita “aggressione al corpo” e può pertanto impegnare indifferentemente la responsabilità civile e penale di ogni professionista sanitario.
 
La stessa norma infatti, conferma che “contribuiscono alla relazione di cura, in base alle rispettive competenze, gli esercenti una professione sanitaria che compongono l'equipe sanitaria”, certamente includendoli in quel nucleo di soggetti (parenti inclusi), coinvolti nell’incoativo processo riguardante la possibilità dell’intervento della volontà del paziente, che peraltro non si esaurisce nemmeno completamente (per il diritto di revoca in qualsiasi momento) in un singolo atto scritto.
 
Tali fondati ragionamenti ripropongono – sembra proprio ve ne sia necessità – l’attenzione su un decreto che non può risultare contestabile soltanto da una ditta costruttrice.
 
Gli interrogativi, che dunque sembra più che legittimo proporre, anche alla luce di un forzato silenzio stampa dei presidenti degli ordini provinciali che hanno rimesso il loro mandato, sono i seguenti:
Dr. Beux e Dr.ssa Mangiacavalli: coerentemente alle vostre posizioni ed in qualità di Presidenti Nazionali di amministrazioni pubbliche particolari (enti associativi che svolgono i loro compiti in regime di autogoverno), come mai – per l’ennesima volta – non avete avanzato alcun ricorso (ormai è tardi anche per quello straordinario al Presidente della Repubblica) contro tale decreto del ministro Grillo, che sulla base di tali pur parziali argomentazioni qui sintetizzate, sembra anche possa far addirittura sorgere questioni di costituzionalità?
 
Dovete concederlo: “criticare fortemente» è da iscritti all’ordine, non certo da Presidenti Nazionali, perché per questi ultimi è la conseguente e giammai differibile azione politica che risulta tassativa ed imperativa, soprattutto se quanto “formalmente comunicato” dal Ministero non riguarda “le motivazioni alla base della nostra avversione”.
Senza tale più che dovuta azione politica non serve proprio a nessuno “stare sul palco della celebrazione dei 40 anni del nostro SSN”, se poi si risulta vulnerabili a tali rischi professionali, cui codesto decreto di fatto espone. Anzi, sembra quasi una mera presa in giro.
Ministro dell’Istruzione Dr. Bussetti: che ne dice di mettere finalmente mano all’universo Italiano del “master's degree”? Senza apposita normativa regolamentare sulla obbligatorietà del possesso di dati titoli per l’esercizio di date competenze, non ci sarà mai una vera corrispondenza tra titoli di studio e titolarità professionali ed in questo attuale torbido mare sulle competenze continueranno da una parte a fare facile business troppe università e dall’altra a “pescare bene” soltanto abili opportunisti a “zero tituli” o con “monotitolo matrioska”…
Ministro della Salute Dr.ssa Grillo: premesso che è gradito un riferimento di maggior precisione sul “punto di ascolto delle istanze” del suo ministero; davvero non ha inteso ab incipit quali conflitti codesto decreto avrebbe sollevato?
 
Perché in tal caso sorgerebbero serie perplessità sulle sue competenze e della sua conoscenza dell’ambito che, oltre a dichiarare di voler “valorizzare e attualizzare sempre di più”, anche al livello di CSS (ma attenzione: le professioni sanitarie riunite in 4 classi sono 26 non una soltanto), ha accettato, con tanto di giuramento, governare.
 
Dr. Calogero Spada
Dottore Magistrale
Specialista TSRM in Neuroradiologia


17 dicembre 2018
© Riproduzione riservata

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