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Indennità di turno. Facciamo chiarezza sul nuovo contratto

di Stefano Simonetti

10 OTT - Gentile Direttore,
in tutte le aziende sanitarie sono in atto difficoltà interpretative riguardo ad una delle norme del recente contratto collettivo. Si tratta dell’art. 86, comma 3 del CCNL del 21.5.2018 che prevede una indennità di turno “….. purché vi sia una effettiva rotazione del personale nei tre turni, tale che nell’arco del mese si evidenzi un numero sostanzialmente equilibrato dei turni svolti di mattina, pomeriggio e notte ovverosia almeno pari al 20% in relazione al modello di turni adottato nell’Azienda o Ente”.

L’attuale art. 86, comma 3 riprende pedissequamente il precedente art. 44, comma 3 del 1995. Le due clausole contrattuali sono identiche con l’eccezione della locuzione “ovverosia almeno pari al 20%”; inoltre è stato soppresso il secondo capoverso del comma che lasciava margini discrezionali alla contrattazione integrativa aziendale. Per comprendere il contenuto della clausola attualmente vigente si può ricorrere prima all’interpretazione letterale e successivamente a quella storico-sistematico.

Riguardo al primo aspetto si deve evidenziare che il CCNL condiziona il diritto all’indennità allo svolgimento di turni “sostanzialmente equilibrato” e indica – attraverso la congiunzione esplicativa “ovverosia” – la percentuale minima perché sussista tale equilibrio. La clausola prevede poi una proposizione coordinata che connette lo svolgimento dei turni “al modello di turni adottato nell’azienda”. La precisazione contenuta all’inizio del periodo detta la cadenza del computo e cioè “nell’arco del mese”. Tale precisazione è del tutto indipendente dalla proposizione finale che fa riferimento al modello di articolazione.

A quest’ultimo proposito si deve ritenere che il riferimento sia alle lettere b) e c) dell’art. 27, comma 3. In ambedue i modelli organizzativi è significativo che non si faccia alcun riferimento allo “arco del mese” ma a calendari plurisettimanali o annuali o periodi di quattro mesi, a conferma del fatto che la previsione temporale del terzo comma dell’art. 86 costituisce una fattispecie autonoma non suscettibile di estensioni o trasformazioni. Tra l’altro, dal punto di vista organizzativo e gestionale, il modello di turni adottato nell’azienda deve essere stabile e consolidato proprio per garantire la corretta elaborazione mensile degli stipendi. Non a caso, dunque, nel contratto si fa riferimento ad un computo nell’arco del mese in modo da consentire la tempestiva liquidazione delle indennità spettanti.

Sul piano storico-sistematico occorre verificare le intenzioni delle parti che nel riproporre la identica clausola del 1995, hanno tuttavia inserito le parole “ovverosia almeno pari al 20%” con l’evidente obiettivo di conferire un contenuto oggettivo e omogeneo al numero sostanzialmente equilibrato di turni. Infatti, è noto che in più di venti anni di applicazione della norma in molte realtà aziendali risulta che l’indennità fosse percepita per tutto il mese a fronte anche di una sola notte effettuata. E che le parti abbiano inteso contingentare l’indennità e blindarne la titolarità resta confermato dalla soppressione del secondo periodo del vecchio comma 3 dell’art. 44, circostanza che elimina in sede di contrattazione integrativa ogni deroga o discrezionalità applicativa riguardo ai destinatari dell’indennità.

La ratio dell’indennità premia il disagio di avere una vita familiare e sociale fortemente condizionata dai turni h 24. Tale disagio plausibilmente non è stato più riscontrato nei confronti dei lavoratori che non svolgano almeno 4 notti al mese (20% di 22 giorni lavorativi). A titolo puramente indicativo, si ricorda che i lavori usuranti sono quelli che impongono almeno 78 notti l’anno, cioè 7 al mese (art. 1 del d.lgs. 67/2011).

In conclusione, non sembra esserci alcun dubbio che per avere diritto all’indennità occorre effettuare nel mese di riferimento (cioè nel mese precedente a quello di elaborazione della busta paga) almeno il 20% di notti. Quand’anche si elevasse il periodo di riferimento del computo (ad esempio, su quattro mesi) il vincolo non cambierebbe perché è del tutto evidente che il 20% di 88 giorni lavorativi è 18 notti cioè, guarda caso, 4 notti al mese. E’ solo il caso di segnalare che qualsiasi diversa modalità di calcolo comporterebbe la conseguenza che un infermiere che ruota con il cosiddetto “turnetto” ed effettua sei o sette turni di notte al mese percepirebbe 98 euro esattamente come un tecnico sanitario che svolge una o due notti al mese.

Stefano Simonetti
Gia negoziatore ARAN e direttore amministrativo di aziende sanitarie

10 ottobre 2018
© Riproduzione riservata

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