Le vacanze? Per noi medici sono ormai un incubo
di Giovanni Leoni (Omceo Venezia)
15 GIU -
Gentile Direttore,
in questi giorni un articolo sulla Pediatria di Padova che chiude un piano ha riportato l’attenzione sulla riduzione di attività di alcuni reparti per dare la possibilità di fruire della ferie per gli operatori dedicati, tra cui medici ed infermieri. Naturalmente tra i commenti a vario titolo c’è stato anche “la malattia non va in vacanza”.
Ritengo utile precisare che l’attività che viene ridotta appartiene alla sfera del rimandabile per situazione clinica a volte per volere dei pazienti. Operare le vene varicose in estate dopo che si è convissuto con loro per anni, sistemare una ernia inguinale di modeste dimensioni, decidere di togliere una colecisti con i calcoli ma silente, occuparsi di una cataratta, togliere un menisco, non sono procedure salvavita ma pratiche molto frequenti nella clinica.
Inoltre qualche paziente che, per particolari motivi di lavoro, ha dato la sua disponibilità per essere operato in periodi universalmente dedicati alle ferie, vista la mia purtroppo ormai lunga carriera, posso affermare che è stato pure accontentato. E cosi vale per tutti i miei colleghi.
L’intervento non comprende poi solo il momento chirurgico visto che le limitazioni delle comuni attività si estendono nel postoperatorio anche per alcune settimane. Chi poi non si mette in “ferie” ma ovviamente in malattia ha le limitazioni di mobilità di conseguenza.
Naturalmente urgenze e neoplasie non rientrano in questi ambiti e sono regolarmente trattate nei tempi adeguati e nel rispetto della storia biologica, come funzionano regolarmente i centri trapianti per esempio, autentico orgoglio nazionale, periodicamente celebrato, che però deve essere sostenuto da squadre di operatori sempre disponibili nelle 24 ore .
Tutto regolare? No.
Esiste una parte di colleghi che vincolano la loro attività in tutto od in parte all’urgenza/emergenza, le cui necessità, non vanno mai in vacanza, al più si spostano seguendo i flussi umani anche quelle dalle città alle località turistiche, ma il risultato è lo stesso.
Ma il personale che è già ridotto e con turni straordinari durante l’anno, e prova ne è il numero di pacchetti prestazionali aggiuntivi, cioè il lavoro extra pagato a parte dalla amministrazioni , per sopperire alla normale attività in carenza di personale in tutto il periodo dell’anno, deve comunque andare in ferie. E’ previsto, dal contratto, dalla logica, dai limiti fisici umani dell’individuo tipo, dalle rispettive famiglie di appartenenza. Forse non tutti sanno che la trattenuta del 5% sulla Libera Professione dei medici - Fondo Balduzzi - è un istituto contrattuale nazionale che serve a pagare le prestazioni aggiuntive fatte da altri medici sotto organico.
Quindi da una parte abbiamo il numero di giorni di ferie arretrate accumulate ed non ancora godute che le amministrazioni segnalano ai direttori dei vari reparti e la cui regolare fruizione viene messa talvolta anche negli obiettivi di budget.
Dall’altra parte la necessità di mantenere anzi magari un po' aumentare (ma solo di un pò …) il numero di prestazioni fornite all’utenza, del resto come si fa con le proteste per le liste di attesa?
Il tutto malgrado la diminuzione di personale dovuto a pensionamenti non sostituiti, dimissioni da ruolo pubblico per ingresso nel privato, assunzioni impossibili per mancanza di specialisti mai formati in numero congruo dalle università, maternità non sostituite, e altri luoghi comuni che molti conoscono a memoria ma che NON sono stati risolti, mi spiace signori ricordarlo, mi sto stufando pure io, ma su questo fronte non ci spostiamo .
Ed adesso arriva l’estate, che da un certo punto di vista, è decisamente peggio di Natale, ormai ragiono così.
E’ difficile pensare che se questa stagione, simbolo di vacanza e relax, per molti medici ospedalieri è diventata un incubo.
Ad organico in perenne affanno le assenze estive tramutano l’ordine di servizio dei reparti a volte in un continuo ulteriore stress per chi resta, le Direttive Europee saltano, immolate sull’altare di un week end in più con la famiglia , le reperibilità diventano continue anche per 15 giorni di fila pomeriggi, notti e domeniche, interrotte dalla guardia notturna , contando sulla cabala , sulla fortuna di non essere chiamati , perché di giorno si lavora lo stesso. Si formano invariabilmente due partiti nei reparti : gli “ortodossi” che preferiscono rischiare di meno e osservare più la turnazione con i relativi riposi, gli “indifferenti” al carico di reperibilità e guardie pur di poter andare via 2-3 settimane consecutive.
In fondo hanno le loro buone ragioni tutti e due i gruppi.
E’ mai possibile che dei professionisti della salute siano ridotti così? Ma queste situazioni le vivo solo io o sono comuni a molti altri?
Un gruppo di colleghi del Veneto ha scritto una lettera accorata in cui viene evidenziata una volta di più la carenza del ricambio degli organici nel loro reparti con uscite di scena di numerose unità fino a alla considerazione:
“Non si può andare in ferie, i recuperi ormai non sono quasi mai possibili e gli aggiornamenti sono per altri professionisti. (Siamo talmente abituati alla fatica e alla difficoltà che due colleghi si sono fratturati un paio di ossa ma hanno continuato a lavorare. Oramai ai cambi turni si trovano solo colleghi sfatti che si scusano per le mansioni che non sono riusciti a svolgere per l'enormità del carico di lavoro di quel turno e che restano da eseguire. Con uno sguardo comprensivo si inizia quindi un nuovo servizio ancora stanchi da quello precedente. Ci si siede davanti al primo paziente e si cerca di non far trapelare la stanchezza e la preoccupazione per un turno che sta iniziando e sembra infinito. Generalmente davanti alla stanchezza si guarda in avanti e si contano i giorni che mancano alla ferie. Quest'anno non è così. I conti non tornano, le ferie sono difficilmente compatibili ed i pazienti, meritano un medico che li ascolti e si metta al loro sevizio e non che cerchi solo di arrivare a fine turno”.
Nelle mie peregrinazioni tra i vari ospedali anche in altri reparti la situazione non è rosea sempre per pensionamenti, dimissioni e trasferimenti di medici senza possibilità di sostituzione.
Anche il Direttore Generale Area Sanità e Sociale Regione Veneto
Domenico Mantoan ha messo al primo posto per il mantenimento del SSN il ricambio dei medici ad un recente convegno a Venezia. Dal suo punto di osservazione la situazione deve essere drammatica. Il ripensamento della frequenza in specialità , limitato al primo biennio come in passato, con l’apertura degli ospedali qualificati alla pratica clinica, l’aumento adeguato degli assegni di studio per completare la formazione necessario dopo la laurea , sono situazioni di emergenza che da parte mia vorrei vedere risolte entro l’anno (!).
Sul fronte della Medicina del Territorio poi è sempre irrisolta, la copertura dei posti lasciati liberi dai colleghi in uscita per raggiunti limiti di età, visto che restano 50 i posti assegnati a livello nazionale a cui si aggiungono per il 2018 i 10 finanziati dalla Regione Veneto, a fini della partecipazione al necessario triennio formativo per i Medici di Medicina Generale.
OMCeO Venezia si rapporta come istituzione con la Regione Veneto, in quanto Ordine capoluogo di Regione, per la composizione della commissioni di esame: nel 2017 ci sono state 850 domande e 4 commissioni per 50 posti disponibili.
Appare necessario ppi stroncare sul nascere con una revisione dell’accesso una nuova situazione serpeggiante tra gli specializzandi che fa abbandonare anche dopo pochi mesi, i pur agognati corsi di specializzazione, in particolare per le discipline più dure, più pericolose, quelle che ormai vengono scelte per ultime, quelle che restano con i posti liberi fino all’ultimo scaglione di scelta e poi abbandonate una volta che si comprendono i ritmi, senza il fondamentale supporto di adeguati ideali.
Le motivazioni possono essere varie ma alla base c’è la necessitò di una diversa collocazione della classe medica nella società civile, l’affrancamento dalla schiavitù in cui è caduta, oppressa dal numero di prestazioni sempre maggiori nell’unità di tempo, a parità od aumento di richiesta con la diminuzione del personale operante.
La caduta della considerazione del medico si traduce nella sua riduzione a fornitore di prestazioni, ma le cure mediche sono una summa di conoscenza ed umanità , e lo stress che ne deriva deve essere ristorato o saranno gli stessi medici a non reggere il carico di lavoro che pure hanno sempre desiderato, fino a cadere in un incubo.
Da una parte il senso di responsabilità , dall’altra la resistenza personale, poi magari c’è anche la famiglia, gli esempi vicini di amici e conoscenti che hanno una vita normale facendo altre professioni, come 10/15 giorni di ferie a Natale, 3/4 settimane di ferie d’estate, realtà dimenticate per i dottori, in moltissimi casi mai vissute in tutta la loro vita lavorativa, solo perché hanno scelto una professione che si è rivelata matrigna.
Sembra che nessuno voglia aiutare i medici italiani ma si pretende che siano sempre perfetti nel momento del bisogno.
Dott. Giovanni Leoni
Presidente OMCeO Provincia di Venezia
15 giugno 2018
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