Medici di famiglia. Il nostro ruolo per la sostenibilità del Ssn
di Ornella Mancin
10 APR -
Gentile Direttore,
da medico di famiglia iscritta alla Fimmg ho seguito con interesse i passaggi che hanno portato alla sigla del nuovo accordo per la medicina generale, un accordo che arriva dopo quasi 10 anni di attese e continui rinvii. Dobbiamo quindi riconoscere al Segretario Scotti di aver ottenuto un risultato sicuramente importante in un momento di incertezza e instabilità politica, che sembrava rendere quasi impensabile l’intesa.
L’accordo siglato al di là del giusto riconoscimento economico con il rimborso degli arretrati, pone un punto fermo sul ruolo del Medico di famiglia che viene riconosciuto “come soggetto di riferimento per rispondere alle richieste di salute dei cittadini italiani garantendo la sostenibilità del SSN”, (
Scotti QS 29 marzo), un ruolo non scontato tenendo conto dei tentativi in atto di affidare ad altri soggetti , progetti di salute (vedi per esempio il piano cronicità in Lombardia che ha introdotto la figura del “gestore” ).
Il SSN nazionale poggia il suo essere sulla diffusione capillare nel territorio, dei medici di famiglia che possono raggiungere chiunque e prendersi carico dell’intero nucleo familiare ( con vantaggio sensibile nella individuazione delle patologie familiari, delle abitudini di vita e di eventuali stili scorretti) e sono in grado di essere “riferimento essenziale” per la salute del singolo che altrimenti può essere in balia di tanti “fornitori di salute” ognuno interessato a una singola malattia. Riconoscere al medico di famiglia questo ruolo è in fondo dare forza al nostro SSN. Bene quindi questo dichiarazione di principio che è condizione indispensabile per il nostro operare , ma certo non è sufficiente per rispondere alle esigenze di una società in cambiamento.
Nel territorio i medici sono sempre più anziani e demotivati, caricati di incombenze burocratiche , super controllati nell’uso dei farmaci e nelle richieste di prestazioni, spesso lasciati soli a gestire una cronicità in aumento senza gli strumenti adeguati. Giusto quindi facilitare l’ingresso dei giovani alla nostra professione e dare al medico di famiglia un ruolo attivo nella gestione della cronicità , nelle vaccinazioni e nel controllo delle liste di attesa. La medicina di famiglia deve contribuire attivamente nel territorio alla gestione dei processi di salute con competenza e professionalità, mantenendo inalterato quel rapporto interpersonale e di fiducia con il paziente che rende il nostro lavoro per certi versi unico.
Ma quello che ritengo il vero salto di qualità proposto dal segretario della FIMMG è il tentativo di ripensare al medico di famiglia come soggetto “dinamico” e “autonomo” , un medico che diventa artefice del suo agire “Il medico di famiglia alla Tersilli o chiuso nel suo studio a fare ricette non può essere il futuro. Il medico di famiglia deve aumentare la sua offerta e deve offrire più garanzie di risoluzione dei problemi di salute al cittadino”, (
intervista a Scotti Qs 9.04).
Questo segna sicuramente una svolta che va di pari passo con la linea tracciata dal Presidente Fnomceo Anelli:” Se i medici devono prioritariamente garantire gli obiettivi di salute , devono essere messi nella condizione di poter gestire le risorse per la loro definizione e la loro realizzazione, restando medici”.
E’ la sfida dell’autonomia contro una medicina amministrata che sta soffocando la nostra professione . Non sarà sicuramente facile ma se non vogliamo trasformarci in funzionari o impiegati , se vogliamo mantenere intatta la bellezza di una professione intellettuale, non c’è , a mio avviso , altra strada che quella dell’autonomia. Serve “un medico di famiglia dinamico che lavora in autonomia secondo obiettivi prefissati di salute e, soprattutto, senza pensare al suo paziente come a un numero di matricola ma assistendolo come persona nel corso dei vari bisogni di salute”.
E’ una bella sfida, una sfida che può portare a una rinascita della professione e a un recupero di autorevolezza del ruolo del medico, una sfida per la quale serve una visone organizzativa complessiva nuova che porti ad una maggiore integrazione tra ospedale e territorio , che porti “ il medico di famiglia fuori dallo studio nel luogo di vita del malato e in tutti i dipartimenti dove la sua presenza è considerata necessaria (Cavicchi “Quarta riforma”).
Questo nuovo accordo sembra avere il coraggio che questa sfida richiede e raccoglie in pieno le indicazioni di Anelli, “Serve una riforma del sistema capace di ridare fiducia agli operatori sanitari, riconoscendo loro maggiore responsabilità nei processi di gestione e autonomia nei processi di cura attraverso la definizione di un nuovo ruolo capace di garantire la salute dei cittadini e allo stesso tempo i farsi carico della sostenibilità economica del sistema”
Adesso tocca a noi medici di famiglia accogliere questa sfida e a non farci trovare impreparati al cambiamento .
Ornella Mancin
Medico di famiglia
Cavarzere (VE)
10 aprile 2018
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