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Veneto. Riordino residenzialità extraospedaliera: no a scorciatoie

di Guglielmo Frapporti (Fimmg Veneto)

14 FEB - Gentile Direttore,
la revisione delle convenzioni tra Ulss e Centri Servizi e la riforma delle IPAB in atto in Veneto devono essere occasione per riordinare anche l’assistenza sanitaria agli ospiti. Ma nell’ottica di Governance del settore per migliorare la qualità, e non di arida sanità amministrata. Occorre prendere atto che con l’invecchiamento della popolazione e la chiusura degli ospedali i Centri Servizi (CS, ex case di riposo) sono diventati un segmento nuovo del sistema delle cure. Che fa fronte alla carenza di ospedali di comunità, di hospices, di RSA riabilitative e alla fragilità del sistema domiciliare dell’ADI.

La riorganizzazione dell’assistenza medica nei Centri Servizi non può prescindere da un dialogo serio con i circa 550 medici che vi operano, quasi esclusivamente medici di famiglia, che da sempre garantiscono le cure sul territorio.
Gli ospiti dei 366 centri servizi del Veneto non sono più pensionati a riposo, ma sono quasi tutti ammalati cronici, il 50% circa con più di 85 anni, non autosufficienti con più patologie, spesso con demenza, malati terminali che fino a qualche anno fa erano curati negli ospedali.

È una domanda di cure sanitarie e una corrispondente offerta in rapida evoluzione, ma dai numeri incerti per le problematiche del monitoraggio regionale, dove a fronte di circa 37.000 posti autorizzabili, alcune migliaia in meno di accreditati, la Regione emette circa 25.000 impegnative per non autosufficienti di 1° e 2° livello.

Un quadro che fa emergere il dato allarmante degli ospiti fuori convenzione, circa il 20%, ma in certi centri servizi anche superiore al 40%. Sono spesso ammalati cronici che si sono riacutizzati, in dimissione precoce dagli ospedali, provenienti dai pronto soccorso o dal domicilio, dove la famiglia non regge più, che costano alle famiglie fino a 3.700€ al mese. Eppure sono dei malati, che hanno un diritto riconosciuto da LEA di cure sanitarie e assistenza, che non viene garantita nelle strutture previste dal Piano socio-sanitario regionale in vigore.

Il Veneto ha ben operato in passato. Tra i circa 210.000 posti letto nei CS disponibili in Italia per non autosufficienti circa il 13% sono in Veneto. Ci confrontiamo con le realtà più problematiche del meridione dove arrivano al 6,6% nel sud e al 4,6% nelle isole. Ma anche con alcune più virtuose del resto del Nord Est, della Toscana e dell’Emilia, oltre al caso specifico della Lombardia che offre il 31,6% dei posti complessivi per non autosufficienti (Dati AUSER- ISTAT del 2013).

Province come Padova o Verona hanno un numero di posti letto per non autosufficienti quasi pari a quello di una intera regione come la Sicilia con un numero di abitanti simile al Veneto.

Il Veneto deve trovare soluzioni originali nel panorama delle grandi differenze tra le Regioni anche per il livello di assistenza sanitaria nei CS e le modalità di erogazione. Solo in alcune Regioni, come in Veneto, l’assistenza medica è affidata ai medici di famiglia (6.703 in tutta l’Italia nella rilevazione AUSER del 2013). Ma indubbiamente le necessità di assistenza non possono più essere regolate da contratti che risalgono al 2004 quando nelle case di riposo erano ospitati perlopiù autosufficienti che si godevano la pensione.

Il Network Non Autosufficienza nel 2015 segnala anche una involuzione delle condizioni di lavoro per il personale di assistenza con l’aumento dei carichi di lavoro.

I medici veneti in particolare hanno un contratto di lavoro nei CS fermo al 2004, svalutato di circa il 20% per l’inflazione.

Il sistema della residenzialità extraospedaliera non può essere riordinato senza una visione coerente con l’assistenza sul territorio e in ospedale.

In Veneto le impegnative per non autosufficienti nei Centri Servizi nel 2015 erano 24.762, ma contemporaneamente venivano assistite a domicilio in ADI 107.977 non autosufficienti e18.779 (24,7%) di questi avevano avuto più di 8 accessi sanitari a domicilio in un mese (SER Veneto: relazione sociosanitaria 2016). Si trattava evidentemente di malati gravi o terminali, che avevano scelto o potuto essere curati a domicilio. Ma per altri era necessario un ambiente protetto.

In Veneto ci sono Hospices opera un medico di famiglia con specifica competenza che contemporaneamente vede gli oncologici terminali a domicilio e integra il nucleo di cure palliative territoriali a supporto dei medici di famiglia di quel territorio per la qualità delle cure palliative domiciliari.

Quando l’assessore al Sociale, Manuela Lanzarin, o l’assessore alla Salute, Luca Coletto, pensano alla riforma delle IPAB, alle funzioni dei CS, degli Hospices, degli Ospedali di Comunità, anche in rapporto all’ADI chiediamo come possa essere possibile promuovere questa integrazione e la continuità delle cure prescindendo dalla figura del medico di famiglia che conosce da anni il paziente, la sua famiglia, il suo modo di sentire.

Il riordino delle cure nelle residenze socio-sanitarie extraospedaliere non può limitarsi a procedure amministrative di rinnovo del sistema delle convenzioni tra regione e direzioni dei CS. Lo abbiamo evidenziato nelle proteste culminate negli scioperi del 2017. Ed ha avuto anche una vasta eco nei consigli comunali e nell’opinione pubblica.

L’accordo tra regione e sindacati della MG del dicembre scorso prevede un tavolo di confronto e dialogo per “integrare/migliorare” le delibere 1336, 1438 e 433 del 2017, in alcune parti contestate. Noi chiediamo che questo tavolo a tre, sia un tavolo di dialogo vero, non un paravento.

Fimmg, forte di un patrimonio di esperienze professionali dei medici di famiglia, è pronta a contribuire alla innovazione.

Nel nuovo scenario di cure, con l’autonomia affidata dalla Regione ai direttori dei CS, il medico non può essere ridotto a un prestatore d’opera tecnico. La responsabilità clinica di fronte al paziente e alla sua famiglia è del medico. La Regione e le Ulss devono garantire la qualità e le garanzie per l’assistenza medica.

Chiediamo una cabina di regia territoriale (di distretto o di Ulss) che metta insieme il coordinatore medico dell’Ulss, la rappresentanza delle direzioni dei CS e dei medici per monitorare i problemi di assistenza sanitaria, programmare percorsi di formazione e di cura su specifiche problematiche come la demenza, la terminalità, la palliazione, le infezioni, ma anche la telematica, il rapporto con le famiglie e il lavoro in equipe.

La figura medica più idonea alle cure di base nei Centri Servizi non può essere che un medico esperto del territorio, formato alla medicina generale/di famiglia, che per le sue caratteristiche utilizza un approccio olistico, bio-psico-sociale, con la proporzionalità e l’incrementalità delle cure, orientato alla famiglia e al contesto di vita.

Se qualcuno pensa di reclutare manodopera medica da utilizzare come prescrittore ed esecutore dentro logiche di puro controllo amministrativo troverà una forte opposizione da parte di Fimmg. Non è questo di cui hanno bisogno gli ospiti di questi centri servizi che per loro e nel vissuto delle loro famiglie sono quasi sempre l’ultima dimora.

Non c’è dubbio che c’è anche della strada da fare per la formazione specifica nel corso triennale e nei tirocini nei centri servizi. E c’è un po’ di strada da fare per definire modalità e procedure nella scelta del medico da incaricare e nelle modalità di verifica della qualità del servizio, che siano più flessibili e efficienti. Per trovare una sintesi virtuosa tra le giuste esigenze funzionali dei Centri Servizi, l’Ulss, la responsabilità clinica del medico e soprattutto il diritto del paziente ad una cura di qualità.

La Regione e l’Ulss, paganti e garanti delle cure mediche, non possono sottrarsi ad un obbligo di governare il sistema e garantirne la qualità, certamente in una visione nuova e originale in stretto  rapporto con il gestore dei CS, (a volte privato o comunque non subordinato), ma anche in un dialogo costruttivo con i medici di famiglia che, da professionisti, sono pronti a fare la loro parte in questa sfida nuova per il Ssr.

Guglielmo Frapporti
Vice segretario regionale Fimmg Veneto


14 febbraio 2018
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